(…) Nella nostra
osservazione ed azione noi ci mettiamo soprattutto dal punto di vista
“cattolico”, cioè universale, sia nel tempo, attraverso i differenti momenti
storici - sia nello spazio, attraverso tutti i paesi. Noi sappiamo che nelle
contingenze momentanee e locali, c’è sempre, almeno nel fondo, la lotta secolare
e cosmopolita fra le due grandi forze organiche: da un lato, l’unica Chiesa di
Dio, Cattolica-Romana, dall’altro i suoi nemici interni ed esterni. Gli esterni
(le sètte giudeo-massoniche ed i loro alleati diretti) sono nelle mani del
Potere centrale della Sètta; gl’interni (modernisti, demoliberali, ecc.) gli
servono d’istrumento cosciente o incosciente per l’infiltrazione e la
decomposizione tra i cattolici (…). (Dal programma del Sodalitium Pianum di
mons. Umberto Benigni, http://www.sodalitium.biz/index.php?pid=34 )
"Genitore 1? Sono
la mamma". La sua rivolta contagia tutti
“Io sono la mamma
non il genitore uno. Capito sindaco #Pisapia?”. Il rifiuto a subire l'ultimo
attacco della rivoluzione «arancione» alla famiglia è diventato un virus
inarrestabile che contagia il web.
La ribellione via social
media all'arroganza di un Comune che per iscrivere i figli a scuola chiede la
rinuncia a chiamarsi padre e madre. Almeno sui moduli di un'amministrazione che
ha più a cuore la deroga che la norma. E che magari l'8 marzo festeggerà la
donna, dopo averle tolto il diritto a essere mamma.
E, invece, la difesa del
proprio essere mamma piace. A destra, ma anche a sinistra come dimostrano le
migliaia di «mi piace», le tantissime condivisioni e il dilagare nei blog che
hanno moltiplicato un gesto semplice e grande che ha sfondato la diga
dell'ipocrisia. Ancor più prezioso perché inaspettatamente trasversale in
giorni in cui le barriere dell'ideologia sono sempre più invalicabili e la
divisione dei campi è sempre più cattiva. Ma è bastato l'orgoglio di una mamma
per battere la politica che divide. «Non credevo proprio. Io ho fatto la mia
fotina, pensavo di raccogliere solo un po' di mi piace dei soliti amici», spiega La Bianchi che così
ha logato il suo profilo Facebook. «Cosa ho provato? Un grande fastidio. Prima
ho cancellato quel genitore 1, poi ho scritto mamma e fatto la foto». In
realtà lei è Barbara Bianchi, mamma poco più che quarantenne di due gemelli di
otto anni che dal web si è scoperto fa crescere da sola dopo il tramonto del
matrimonio. «Lo scriva pure». Sono cose delicate, non sempre è il caso di
raccontarle. «Non c'è problema, vivo questa situazione con orgoglio». Così come
con orgoglio ha reagito allo sfregio di essere definita burocraticamente
«genitore 1» anziché mamma. Quel ruolo così difficile, da interpretare con
fatica ogni giorno. Anzi ogni ora del giorno. Troppo per buttarlo via firmando
un modulo della scuola pensato da amministratore dissennati. E tutto perché?
Per lasciare aperto uno spiraglio alle coppie omosessuali che devono iscrivere
un figlio a scuola. Ci sarà posto anche per loro, ci mancherebbe. Ma magari
senza calpestare chi fa la mamma con grande gioia, ma anche con tanta fatica. E
lo stesso (ovviamente) deve valere per i papà, perché i pilastri della famiglia
sono due. E non facciamo finta di non capire che il disegno della sinistra è di
muovere passo dopo passo verso il matrimonio per le coppie omosessuali. Per poi
aprire alle adozioni dei bambini, disassando i cardini della famiglia. E i
cattolici del centrosinistra che dicono? Subiscono ipocriti, per conservare le
loro poltroncine. Ora forse anche loro rimarranno stupiti a scoprire che sono
in tanti a non pensarla così. «Io aspetto serenamente quel giorno e quella
firma per fare la mia piccola strage», promette un'altra mamma sotto la
«fotina» della Bianchi. «La signora Bianchi non ci sta - si legge su un blog -
e allora via con un tratto di penna e scrive la parola più bella del mondo:
mamma».
Germania: no
all'educazione sessuale a scuola? Vai in carcere
Due settimane fa
l'Europa ha scoperto con sconcerto che in un Paese democratico come la Germania
una madre è stata arrestata per non aver voluto portare i propri figli a
lezione di educazione sessuale statale e che altri 53 genitori erano stati
condannati per questo motivo.
Lunedì scorso, ha
riferito a ZENIT l'associazione “Profesionales por la Ética”, “Alliance Defense
Fund” (ADF), l'entità giuridica che difende i diritti delle famiglie tedesche
davanti al Tribunale Europeo dei Diritti Umani di Strasburgo, ha informato di
altri due casi di arresti di genitori a Salzkotten.
Si tratta di Eduard W.,
padre di otto figli, e di Artur W., padre di dieci figli e che tra due
settimane avrà l'undicesimo. Questi genitori non hanno voluto che i loro figli
partecipassero al programma scolastico di educazione sessuale perché non sono
d'accordo con l'educazione sessuale che si vuole imporre ai bambini in modo
obbligatorio e ritengono che i loro diritti umani e civili vengano in questo
modo violati.
Come ha reso noto Roger
Kiska, avvocato dell'ADF, il Tribunale Europeo dei Diritti Umani di Strasburgo
non ha accettato la richiesta di indicare misure urgenti per liberare la
signora Wiens, arrestata nei giorni scorsi, nonostante l'ingiustizia
dell'arresto (cfr. ZENIT, 8 marzo 2011). “Siamo convinti che quando il
Tribunale di Strasburgo deciderà sui casi di padri e madri che sono stati
arrestati solo per aver esercitato i propri diritti di genitori la giustizia
prevarrà”, ha affermato.
Nel frattempo, in Spagna
“Profesionales por la Ética” ha promosso una dichiarazione a favore della
signora Wiens, madre arrestata per gli stessi motivi sempre a Salzkotten, e
degli altri genitori tedeschi condannati. Nella dichiarazione, sottoscritta da
43 associazioni di Spagna, Irlanda, Italia, Belgio, Francia, Slovacchia,
Germania, Stati Uniti, Kenya, Filippine, Messico e Norvegia, si esortano le
autorità tedesche a rimettere in libertà i genitori arrestati per voler educare
i figli in base alle proprie convinzioni.
Si chiede anche alle
istituzioni europee di vegliare sui diritti fondamentali e la libertà di
educazione. La dichiarazione è stata inviata a varie istituzioni: alla
Cancelleria Federale Tedesca, al Governo federale tedesco, ai Ministeri della
Cultura e dell'Istruzione degli Stati tedeschi federati, alle istituzioni del
Consiglio d'Europa, ai rappresentanti dei Governi tedesco e spagnolo al
Consiglio d'Europa, al Parlamento Europeo, all'ambasciata tedesca in Spagna, ai
tribunali che hanno condannato i genitori tedeschi, ai genitori arrestati.
“Con questa azione – ha
spiegato Leonor Tamayo, responsabile del Settore Internazionale di
“Profesionales por la Ética” –, vogliamo informare l'opinione pubblica e
sostenere i genitori chiedendo alle autorità di impedire questo indebolimento
aggressivo dei diritti umani”.
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi un tuo commento: