mercoledì 5 marzo 2014

ALL'ATTACCO DELLA FAMIGLIA



(…) Nella nostra osservazione ed azione noi ci mettiamo soprattutto dal punto di vista “cattolico”, cioè universale, sia nel tempo, attraverso i differenti momenti storici - sia nello spazio, attraverso tutti i paesi. Noi sappiamo che nelle contingenze momentanee e locali, c’è sempre, almeno nel fondo, la lotta secolare e cosmopolita fra le due grandi forze organiche: da un lato, l’unica Chiesa di Dio, Cattolica-Romana, dall’altro i suoi nemici interni ed esterni. Gli esterni (le sètte giudeo-massoniche ed i loro alleati diretti) sono nelle mani del Potere centrale della Sètta; gl’interni (modernisti, demoliberali, ecc.) gli servono d’istrumento cosciente o incosciente per l’infiltrazione e la decomposizione tra i cattolici (…). (Dal programma del Sodalitium Pianum di mons. Umberto Benigni, http://www.sodalitium.biz/index.php?pid=34 )

"Genitore 1? Sono la mamma". La sua rivolta contagia tutti
 “Io sono la mamma non il genitore uno. Capito sindaco #Pisapia?”. Il rifiuto a subire l'ultimo attacco della rivoluzione «arancione» alla famiglia è diventato un virus inarrestabile che contagia il web.
La ribellione via social media all'arroganza di un Comune che per iscrivere i figli a scuola chiede la rinuncia a chiamarsi padre e madre. Almeno sui moduli di un'amministrazione che ha più a cuore la deroga che la norma. E che magari l'8 marzo festeggerà la donna, dopo averle tolto il diritto a essere mamma.
E, invece, la difesa del proprio essere mamma piace. A destra, ma anche a sinistra come dimostrano le migliaia di «mi piace», le tantissime condivisioni e il dilagare nei blog che hanno moltiplicato un gesto semplice e grande che ha sfondato la diga dell'ipocrisia. Ancor più prezioso perché inaspettatamente trasversale in giorni in cui le barriere dell'ideologia sono sempre più invalicabili e la divisione dei campi è sempre più cattiva. Ma è bastato l'orgoglio di una mamma per battere la politica che divide. «Non credevo proprio. Io ho fatto la mia fotina, pensavo di raccogliere solo un po' di “mi piace” dei soliti amici», spiega La Bianchi che così ha logato il suo profilo Facebook. «Cosa ho provato? Un grande fastidio. Prima ho cancellato quel “genitore 1”, poi ho scritto mamma e fatto la foto». In realtà lei è Barbara Bianchi, mamma poco più che quarantenne di due gemelli di otto anni che dal web si è scoperto fa crescere da sola dopo il tramonto del matrimonio. «Lo scriva pure». Sono cose delicate, non sempre è il caso di raccontarle. «Non c'è problema, vivo questa situazione con orgoglio». Così come con orgoglio ha reagito allo sfregio di essere definita burocraticamente «genitore 1» anziché mamma. Quel ruolo così difficile, da interpretare con fatica ogni giorno. Anzi ogni ora del giorno. Troppo per buttarlo via firmando un modulo della scuola pensato da amministratore dissennati. E tutto perché? Per lasciare aperto uno spiraglio alle coppie omosessuali che devono iscrivere un figlio a scuola. Ci sarà posto anche per loro, ci mancherebbe. Ma magari senza calpestare chi fa la mamma con grande gioia, ma anche con tanta fatica. E lo stesso (ovviamente) deve valere per i papà, perché i pilastri della famiglia sono due. E non facciamo finta di non capire che il disegno della sinistra è di muovere passo dopo passo verso il matrimonio per le coppie omosessuali. Per poi aprire alle adozioni dei bambini, disassando i cardini della famiglia. E i cattolici del centrosinistra che dicono? Subiscono ipocriti, per conservare le loro poltroncine. Ora forse anche loro rimarranno stupiti a scoprire che sono in tanti a non pensarla così. «Io aspetto serenamente quel giorno e quella firma per fare la mia piccola strage», promette un'altra mamma sotto la «fotina» della Bianchi. «La signora Bianchi non ci sta - si legge su un blog - e allora via con un tratto di penna e scrive la parola più bella del mondo: mamma».

Germania: no all'educazione sessuale a scuola? Vai in carcere
Due settimane fa l'Europa ha scoperto con sconcerto che in un Paese democratico come la Germania una madre è stata arrestata per non aver voluto portare i propri figli a lezione di educazione sessuale statale e che altri 53 genitori erano stati condannati per questo motivo.
Lunedì scorso, ha riferito a ZENIT l'associazione “Profesionales por la Ética”, “Alliance Defense Fund” (ADF), l'entità giuridica che difende i diritti delle famiglie tedesche davanti al Tribunale Europeo dei Diritti Umani di Strasburgo, ha informato di altri due casi di arresti di genitori a Salzkotten. 
Si tratta di Eduard W., padre di otto figli, e di Artur W., padre di dieci figli e che tra due settimane avrà l'undicesimo. Questi genitori non hanno voluto che i loro figli partecipassero al programma scolastico di educazione sessuale perché non sono d'accordo con l'educazione sessuale che si vuole imporre ai bambini in modo obbligatorio e ritengono che i loro diritti umani e civili vengano in questo modo violati.
Come ha reso noto Roger Kiska, avvocato dell'ADF, il Tribunale Europeo dei Diritti Umani di Strasburgo non ha accettato la richiesta di indicare misure urgenti per liberare la signora Wiens, arrestata nei giorni scorsi, nonostante l'ingiustizia dell'arresto (cfr. ZENIT, 8 marzo 2011).  “Siamo convinti che quando il Tribunale di Strasburgo deciderà sui casi di padri e madri che sono stati arrestati solo per aver esercitato i propri diritti di genitori la giustizia prevarrà”, ha affermato.
Nel frattempo, in Spagna “Profesionales por la Ética” ha promosso una dichiarazione a favore della signora Wiens, madre arrestata per gli stessi motivi sempre a Salzkotten, e degli altri genitori tedeschi condannati. Nella dichiarazione, sottoscritta da 43 associazioni di Spagna, Irlanda, Italia, Belgio, Francia, Slovacchia, Germania, Stati Uniti, Kenya, Filippine, Messico e Norvegia, si esortano le autorità tedesche a rimettere in libertà i genitori arrestati per voler educare i figli in base alle proprie convinzioni.
Si chiede anche alle istituzioni europee di vegliare sui diritti fondamentali e la libertà di educazione. La dichiarazione è stata inviata a varie istituzioni: alla Cancelleria Federale Tedesca, al Governo federale tedesco, ai Ministeri della Cultura e dell'Istruzione degli Stati tedeschi federati, alle istituzioni del Consiglio d'Europa, ai rappresentanti dei Governi tedesco e spagnolo al Consiglio d'Europa, al Parlamento Europeo, all'ambasciata tedesca in Spagna, ai tribunali che hanno condannato i genitori tedeschi, ai genitori arrestati.
“Con questa azione – ha spiegato Leonor Tamayo, responsabile del Settore Internazionale di “Profesionales por la Ética” –, vogliamo informare l'opinione pubblica e sostenere i genitori chiedendo alle autorità di impedire questo indebolimento aggressivo dei diritti umani”.






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