mercoledì 19 febbraio 2014

AMMAZZATI


Veniamo al dunque, perché alla fine ti scocci anche dei tuoi stessi preamboli e pensi che come ti sei scocciata tu si sono scocciate anche le persone che probabilmente leggeranno questo pezzo.

Questi non sono tempi facili, è acclarato.
L'economia reale è un disastro perché specchio di una finanza fantasma che sta depredando qualunque cosa si possa depredare con la morsa di un debito illegittimo, truffaldino, che puzza di cadaveri.

Già i cadaveri. Perché di questo vi voglio parlare. La crisi indotta dalla spirale del debito massonico di enti privati sovranazionali a questo porta, alla morte. E' inutile che ci giriamo intorno.
La prima causa di morte è la MANCANZA di  informazione. L'imprenditore di turno ha la piccola impresa, è tritato da tasse, debiti, ha il fiato delle banche sul collo che gli ritirano il fido, pensa di non aver saputo gestire le cose, pensa di essere colpevole del fallimento. Questo imprenditore non lo sa che ci hanno tolto la sovranità monetaria e che il debito ammonta alla massa di moneta circolante più gli interessi che paghiamo.
Questo imprenditore non sa che non è affatto colpa di una sua cattiva gestione delle cose. Si sente colpevole, perisce di fronte alla brutalità dei fatti e pensa ''Che altro posso fare...perderò TUTTO. La faccio finita, così io non riesco ad andare avanti, infondo, non valgo niente, ho solo saputo rovinare la mia famiglia, sono un perdente''. E la fa finita. Punto. Finito.
Una corda intorno al collo et les jeux son faits.

Se l'imprenditore avesse saputo che non era colpa sua, ma colpa di altri che hanno un nome e un cognome, una residenza, un volto e che tutto ciò che sta capitando è generale, e soprattutto è voluto, di certo non avrebbe scelto quella via.

La seconda causa di morte è LA VERGOGNA.

Non so se altrove culturalmente è così, ma qui da noi c'è l'amara tendenza a non condividere le tristezze, i fallimenti, le sventure. Perché l'italiano è farfallone, è istrionico, l'italiano deve far vedere che è sempre tutto ok, ''altrimenti la gente cosa pensa..''
Questo imprenditore non  racconta di certo al suo vicino di casa che non è riuscito a pagare la bolletta della luce. Si vergogna.
Ecco, la vergogna. La gente sta morendo perché il debito toglie ogni cosa, la dignità, il coraggio, la gioia e ti fa vergognare per sua stessa natura. Ti fa sentire dentro che tu hai preso qualcosa che non stai riuscendo a restituire.

Non è così. Il debito nasce come strumento per togliere.
Basta prenderci in giro. Smettiamo di dare dolci interpretazioni al questo sistema marcio. Ora basta. Basta davvero. Il debito è fallimento in partenza. Il debito è IL CAPPIO.

La crisi attuale, con intere nazioni in ginocchio, è la più profonda espressione dell'economia del debito, del neoliberismo feroce che domina incontrastato e che noi tutti alimentiamo continuamente senza renderci conto che anche parlare di ciò che abbiamo letto sul web, con il nostro vicino di casa è un passetto avanti contro questo scempio.

Ecco, veniamo al web, la giungla. Ci trovi tutto e il contrario di tutto, ma insomma, sulla sovranità monetaria ci siamo vero? Ancora dubbi? Studiatevi un po' di Giacinto Auriti e quello basta, per chi ha noia a leggere ci sono disponibili su Youtube intere playlist di suoi video in cui spiega perfettamente il funzionamento della moneta. Quindi ora tocca a voi.

Il punto è che sull'onda dell'antieuropeismo spicciolo ora vedo tanti, forse troppi surfisti.
Si è partiti con l'economista di nicchia che diceva che l'euro era un suicidio, ora ben sei premi Nobel ci dicono che andando avanti così si va a finire al mattatoio.

Poi ci sono i blogger. Partono con le migliori intenzioni, li vedi, fanno quasi tenerezza all'inizio, sono li che accumulano utenti sui loro profili Facebook, uno, due, cento, tremila, cinquemila utenti e aprono anche il doppio profilo per andare avanti a divulgare verità alle quali sono arrivati attraverso i sentieri più disparati. Ad un certo punto però, li vedi cadere come pere secche dal ramo...
Che tristezza, uno che comincia a parlare di alieni e di confederazioni galattiche che verranno a salvarci ( informati sul progetto Blue Beam, capra!), un altro che si perde nei meandri della new age (e studia! non dico tanto eh! Poco poco di massoneria, ci arrivi in un attimo a capire cos'è la new age, asino!), l'altro che fa il divo e poi tra una frase e l'altra fa il gesto massonico come segnale per dire ''Ehi sono qui, vorrei tanto far parte dei vostri...'' l'altro che parla di signoraggio e di sovranità monetaria e poi vende prodotti finanziari come prestiti e mutui (ahhhh! Orrore! Orrore! Curare il malato con il veleno! Inaccettabile...), l'altro che invece dice che l'imprenditore strozzato dalle banche può far controllare i suoi conti correnti e i suoi fidi e poi gli chiede un botto di soldi per fare la perizia (mammifacciailpiacerevà! Se uno ha difficoltà a pagare la rata di un mutuo ti pare che abbia 5 centesimi a riga di operazione a estratto conto da dare a te?! Ma come fate a proporre cose del genere? Ma avete un cuore? Una coscienza? Per quanto mi riguarda voi siete peggio di quelli che l'imprenditore lo stanno strozzando).


Ma veniamo agli aspetti praticissimi della vicenda: ho accennato prima a ''controllo dei conti correnti ecc.''
Parlavo della possibilità per chiunque abbia avuto rapporti con le banche di far controllare gli estratti conto e i contratti sottoscritti con le banche, perché c'è la fortissima possibilità che ci siano irregolarità gravi e che la banca, citata in giudizio, o in fase di mediazione, restituisca il maltolto.
Chi fa questi controlli, in genere sono associazioni dei consumatori o professionisti.
La perizia di un fido, o di un conto corrente che è in essere da dieci anni ad esempio, di certo comporta impegno e tempo e va remunerata, su questo non ci piove.
Ma bisogna anche comprendere che la maggior parte degli utenti che si rivolge a questi enti che dovrebbero aiutare a combattere il sistema malato delle banche usuraie, è gente che sta affondando, che non riesce più a fare nemmeno la spesa, che non ha più niente e sta prendendo l'unica cosa che gli resta, perché magari è già in essere una procedura di pignoramento della casa.

Vi spiego come funziona in generale il meccanismo:

Il disperato casualmente scopre che può far controllare il conto, il mutuo, il fido per rivalersi sulla banca e recuperare il maltolto e cerca in internet o si rivolge all'amico che lo ha fatto.

Trova seimila associazioni e professionisti con siti blasonati e slogan accattivanti ''Vi salviamo dai debiti!'', ''Mai più debiti!'' ''Fatti ridare gli interessi pagati'' ''Basta Equitalia!”
Il disperato li contatta, gli accenna la situazione e gli dicono '' Ti facciamo la PREANALISI GRATUITA, poi se rileviamo irregolarità o usura nel contratto, andiamo avanti, e faremo la vera e propria perizia, che ti costerà dai 600 ai 2500€(cifre X, a volte sono anche più alte), intenteremo causa alla banca e in genere prendiamo dal 20% al 25% su quello che lei recupera.''

E il disperato che non può permettersi di pagare tali cifre, si scoraggia e si tira indietro.
Altro caso di rinuncia: ci si sente rispondere ''Eh, ma lei ha un mutuo di SOLI ottantamila euro, non ne vale la pena...''
PER CHI NON NE VALE LA PENA? Per voi che dovete poi prendere il 25% sugli interessi pagati in tanti anni dal disperato, vero?!

Altro caso è quello di persone che trovano il professionista che fa direttamente la perizia a buon prezzo ma che poi ti dice ''Eh, ma le consigliamo di non andare avanti perché nonostante abbiamo rilevato usura, nel suo mutuo c'è  anche la clausola di salvaguardia -Il giudice Cacace, del Tribunale di Napoli, il 9 gennaio 2014 ha emesso una sentenza che pregiudica la possibilità di agire in giudizio la banca per usura se il mutuo contiene questa clausola assurda messa li dalle banche negli ultimi anni, e che dice in sostanza che io ti applico il tasso di mora alto, che sommato al tasso del mutuo fa usura, ma se mi scopri, diciamo che ti applico il tasso soglia'' (Vi rendete conto? Come quando uno va a trecento all'ora in auto ma rallenta se il vigile lo vede!)

Quindi abbiamo un problema serio, serissimo: non possiamo più delegare. Ora o ci smuoviamo noi, o siamo davvero fregati, non c'è più tempo.

Anche solo chiedere alla ''giustizia'' di intervenire sta diventando un modo per gli sciacalli di lucrare sulla disperazione della gente. E' davvero intollerabile.
Il sistema continua a darci le SUE soluzioni (che riassumo così: ''AMMAZZATI''). Del resto, cosa pretendevo da lobbies come avvocati, commercialisti ed economisti. Ingenua.


Le soluzioni dobbiamo trovarcele da noi. Siamo piccoli, indebitati ma non siamo soli. Siamo in tanti. Perchè non fare un'azione di massa contro le banche, invece di presentare singolarmente le denunce per usura ad esempio? La magistratura potrà ignorare una istanza, due, tre, dieci. Ma se gli arrivano sulla scrivania seimila richieste di controllo dei conti correnti, forse le cose le possiamo far cambiare sul serio.
Oltre al fatto che prenderebbero coscienza che la gente non è più ''disallineata''.Già solo per questo fatto gli si creerebbe non dico un problema, ma un fastidio. E di questi tempi, un fastidio ai succhiasangue è una bella soddisfazione.

Si tenga anche presente che l'euro deve crollare, che l'Europa come la conosciamo deve crollare, no, dico, i piani sono questi, andateveli a sentire Letta e Renzi che li sponsorizzano in ogni discorso...non lo affermo mica io. Googlate un po': Google> Commissione Europea> Stati uniti d'Europa.
Quindi oggi, la spinta antieuropeista è funzionale al fatto che la gente deve odiare le nazioni e anche l'Europa. Devono nascere gli Stati Uniti d'Europa, devono fare in modo che la gente chieda una soluzione all'attuale crisi e ci piazzeranno una nuova economia basata su una moneta unica mondiale che ''Vedrete, non avrete più problemi, e se poi sarà totalmente elettronica, sai che bellezza, appena uno rompe le scatole gli spegniamo il chip e via, non compra più nemmeno il pane'', che è il sogno dell'èlite. 

Quindi tutti questi ''santi'' informatori, economisti,  sul web che vanno addirittura a Bruxelles a dire che l'euro non va bene, che sta strozzando i popoli, altro non fanno che il gioco di questi spietati succhiasangue.

Lo so, sembra un incubo per come la sto prospettando, sembra non ci sia soluzione invece c'è, ed è l'unione di tutti coloro che hanno capito il progetto degli sciacalli. Si deve contestare il loro progetto, non l'attuale situazione. Si deve contestare l'idea di Stati confederati e di moneta elettronica, si deve contestare il DEBITO. Si deve informare in modo capillare la gente. Altro che blog, altro che pagina Facebook, bisogna intervenire sul proprio territorio e qualunque cosa va bene, banchetti davanti alle zone industriali e artigianali delle nostre città per informare gli imprenditori, banchetti davanti le scuole, volantinaggio, megafoni, adesivi sulle auto, qualunque cosa vi venga in mente va bene e a questo punto, lasciatemelo dire, potrebbe salvare una vita.

A voi, cari professionisti e associazioni del settore ''antibanche'' dico una cosa: rendetevi conto che il 90% delle persone che ha bisogno d'aiuto, ormai non ha più nemmeno da mangiare. Non è forse il caso di mettere da parte <<l'introito>> per fare semplicemente DEL BENE? No eh? Proprio non ce la fate a lavorare per meno di certe cifre. Capisco...
Vorrà dire che ad un certo punto, cercheremo di fare a meno delle vostre ''illuminate competenze'' e a restare a frigo vuoto, poi alla fine del giro sarete voi. Così vedrete che bello sentirsi dire dai propri cuccioli ''Papà ho fame''.

Al di la degli auguri, concludo sperando che qualcuno accolga il mio appello. Cercate professionisti onesti (lo so che l'allunaggio è una frottola, stavo scherzando) cercate la verità, sempre e quando la trovate, non tenetevela per voi, ma fate casino, fate rumore, aiutate, siate solidali e...siate forti. Teniamo duro e divulghiamo. Continuamente ed instancabilmente. E quando possibile restiamo uniti. A volte anche un solo ''Ti capisco, so cosa stai passando, vieni, ti faccio leggere questa cosa...così capisci perché stai fallendo'' può aiutare davvero.

Chiara Lyn per Elia Menta e i lettori del blog.


IL GRATTACIELO, OVVERO LA FOLLIA MODERNA



Il grattacielo è la metafora e l'espressione architettonica degli errori non solo del capitalismo, ma di tutta la Modernità.
Credere che la moltiplicazione endemica di questa tipologia di  edifici prima inedita, cominciata alla fine dell' '800, sia dovuta solo ad esigenze commerciali e alla disponibilità di nuove tecnologie costruttive, è riduttivo. Vediamo perché.
Nella storia umana, il grattacielo non è il primo esempio di costruzione che raggiunge altezze elevate. Il campanile del duomo di Cremona supera i 112 metri. Diverse cattedrali gotiche del nord Europa toccano i 150. Tuttavia, sia le cattedrali in se stesse che il connubio chiesa-campanile presentavano nell'insieme proporzioni assolutamente armoniche, dettate da considerazioni artistiche e non commerciali. Il loro slancio verso l'alto rappresentava la ricerca di Dio; chiesa e campanile simboleggiavano, tra l'altro, il dualismo donna/uomo, mondo interiore/esteriore.
Al contrario, l'unica preoccupazione del grattacielo è quella di raggiungere l'altezza più elevata possibile, sia per scopi commerciali (affinché contenga più uffici o più appartamenti possibile) che simbolici (mostrare il potere della corporation che l'ha commissionato). Qualora esista la pretesa di dare un contenuto "estetico", questo avviene sperimentando le forme più strampalate, secondo l'idea tipica della modernità per cui la bellezza sta nel nuovo, nell'inusitato, nel trasgressivo.
Sia a livello pratico che simbolico, quindi, il grattacielo è l'espressione dell'ideologia capitalistica e moderna in genere: il primato dell'economia su tutto il resto, la disumanizzazione del mondo. Crescere sempre di più, sviluppare, innovare, accumulare denaro, sfruttare risorse e persone, competere, dominare, mostrare il proprio potere, staccarsi dalla natura, ignorare i bisogni più fondamentali dell'essere umano.
Il grattacielo ignora le esigenze estetiche (al pari delle altre costruzioni moderne) per perseguire il desiderio di massimizzare i profitti; in più porta l'uomo a separarsi fisicamente dal suolo, a guardare la Terra dall'alto, quasi fosse cosa a parte e distaccata dalla natura (come infatti l'uomo moderno crede di essere) negando agli abitanti delle torri residenziali la possibilità di un giardino o di un orto, di una vita orizzontale come sarebbe loro naturale, di fatto alienandoli dal mondo naturale e ammassandoli in scatole di cemento e acciaio.
Esso è presenza costante e opprimente nelle città non solo statunitensi (suo luogo natale) ma di tutto il mondo cosiddetto "sviluppato". Dubai conta 277 edifici più alti di 100 metri. New York ne ha 564. Tokyo 633. Hong Kong, che per ora sembra detenerne il primato, addirittura 856. La loro ombra riduce la luce nei centri cittadini; la loro presenza mastodontica ricorda all'uomo della strada che egli non è nessuno.
Costruire un grattacielo più alto degli altri ha il significato di entrare a pieno titolo nel novero dei grandi e dei potenti. Quale evidente simbolo fallico, altro non rappresenta che la puerile gara all'attributo maschile più macho. Tanta è la levatura intellettuale del mondo moderno.
Se l'ambizione a costruire qualcosa di grandioso è connaturata all'uomo, in passato e in tutte le culture questa prendeva forma in opere che esprimevano al massimo grado l'arte e l'essenza dell'uomo. I meravigliosi templi di ogni religione sono lì a ricordarcelo. Se  anche l'ostentazione della ricchezza e del potere è antica come il mondo, nelle società pre-moderne anch'essa prendeva la forma di manifestazione artistica di massima bellezza. Non era il numero di stanze o l'estensione del giardino, ma l'arte che vi era espressa, a rendere gloriose le regge e le dimore nobiliari di un tempo.
Oggi invece, morta l'arte per decomposizione in mille preferenze e presunzioni individuali, l'unico modo per costruire qualcosa di grande e per dimostrare di essere ricchi e potenti è sfoggiare la quantità: i metri quadrati, le tonnellate di acciaio, l'elevazione dal suolo -antenna compresa, si capisce.
Il grattacielo, quindi, come concentrato di errori teorici e pratici della Modernità:
-il mito della crescita quantitativa infinita, con la predazione di risorse e persone;
-l'uomo al servizio dell'economia anziché il contrario, il che si traduce nella prevalenza delle esigenze commerciali su quelle estetiche e di rapporto con la natura;
-la competizione sfrenata all'accumulo di ricchezza, sfoggiata tramite la gara all'attributo più macho;
-la concentrazione di persone e lavoro nelle aree urbane, dovuta all'industrializzazione moderna che aliena l'uomo dal suo ambiente;
-la gara alla forma più strana, secondo l'idea moderna che bisogna continuamente cambiare, inventare, trasgredire.
Gli Stati Uniti d'America sono stati il primo paese ad essere fondato sui princìpi della Modernità. Non è un caso che lì sia nato il grattacielo, diventato presto non solo l'icona di città come New York e Chicago, ma il simbolo dell'intera civiltà americana. Né è un caso che, per colpire al cuore l'americano medio, si sia scelto di abbattere le torri del World Trade Center.
Dagli USA il grattacielo è stato esportato in tutto il pianeta, ed è diventato il simbolo, più che appropriato, del modello di sviluppo del mondo globalizzato. E' difficile immaginare il mondo moderno, finanziarizzato, abbruttito, mercificato, disumanizzato, senza il grattacielo. Ed è impossibile immaginare un mondo a misura d'uomo, ragionevole, rinaturato, con il grattacielo. Credo proprio che, se l'umanità prima o poi tornerà al buon senso e riscoprirà se stessa, per quei monumenti alla follia non ci sarà più spazio. Lo spero davvero.

Mandragola


lunedì 17 febbraio 2014

RENZI CI CONFISCHERA' I DEPOSITI


È chiaro il motivo della fretta con cui è stato rovesciato Letta e messo al suo posto Renzi senza passare per il voto popolare: l’ennesimo colpetto di Stato condotto con febbrile accelerazione. C’è bisogno di un «giovane» per applicare l’amarissima medicina ideata dai geni eurocratici. È così che ci verrà gabellata la confisca: contribuirete alla tanto attesa ripresa! Se ne avete, spendetene adesso un po’, anche in spese pazze. Sempre meglio che darli al Fisco.

«I risparmi dei 500 milioni di cittadini dell’Unione Europea saranno usati per finanziare investimenti a lungo termine per stimolare l’economia e contribuire a riempire il vuoto lasciato dalle banche dall’inizio della crisi finanziaria». Così si legge in un documento riservato della Commissione Europea, che però la Reuters ha potuto leggere.

Tradotto dalla lingua di legno, significa questo: la confisca dei risparmi depositati in banca. Ossia la «cura» usata per Cipro a danno dei depositanti, estesa all’Europa. Ma non alla Germania, ovviamente: soltanto a quella parte dell’Europa dove i privati hanno tanti soldi da parte, eppure non li investono nelle loro economie reali (perché le banche preferiscono mettere i soldi in titoli di Stato senza rischio); Paesi che, inoltre, nonostante questo tesoro in cassa, sono in stato di indebitamento astronomico. 

Indovinate a quali paesi si alluda. 

Naturalmente, non è una novità. Da tempo Angela Merkel ripete che gli italiani, in banca e in case, hanno più patrimonio dei suoi tedeschi. Eugenio Scalfari deve aver avuto più di qualche sentore di quel che si prepara, perché giusto qualche giorno fa – atteggiandosi a profeta o a manovratore – ha proposto «un’imposta patrimoniale sui beni immobili e anche mobili. Ma si dovrebbe applicare non solo ai ricchi ma anche agli agiati; per intendersi, non solo a chi ha redditi al di sopra della soglia di mezzo milione l'anno ma a partire dalla soglia di 70 mila euro e cioè alla ricchezza patrimoniale della quale questi redditi sono il segnale. È possibile socialmente ed anche economicamente e politicamente tassare uno strato di questo genere senza provocare una fuga spettacolare di capitali ... ».


Senza?
Sarà, ma nelle zone alte della finanza USA ci si prepara da giorni ad un’inondazione di capitali sul mercato azionario americano, in fuga e in cerca di un porto sicuro di fronte alla «bank deposit confiscation in Europe». Che Matteo Renzi farà proprio questo, e su indicazioni di poteri forti vari, ormai lo dicono in molti.

Soprattutto, il prelievo sui patrimoni è la proposta-chiave per il risanamento d’Italia ideata da Davide Serra, il finanziere del fondo Algebris, suggeritore economico – o manovratore – di Renzi. Ha scritto: «Il primo problema è il debito sbilanciato: troppo debito pubblico, poco privato e poco delle aziende. Questo blocca la crescita».

Serra propone anche l’abolizione del contante e il ricalcolo di tutte le pensioni in essere, oggi calcolate col grasso sistema retributivo, per rimetterle al magrissimo sistema contributivo (1). Per dare poi tutti i soldi in più ricavati così alle imprese. In qualche modo, una redistribuzione forzosa dai vecchi ai giovani. Dalla numerosa generazione dei baby boomers vissuti in tempi di miracolo economico, che oggi (con le sue pensioni) grava sulla scarsa generazione dei giovani che crescono in tempi di magra epocale. 

Sulla base di questo progetto, si capisce meglio la fretta con cui è stato rovesciato Letta, messo al suo posto Renzi il decisionista senza passare per il voto popolare, l’ennesimo colpetto di Stato, condotto con febbrile accelerazione. C’è bisogno di un «giovane» per applicare l’amarissima medicina ideata dai geni eurocratici: il prelievo sui tutti i depositi oltre i 70 mila, magari anche sotto. Ce lo chiede l’Europa, dirà Renzi ... Ciò spiega anche la fretta con cui il golpista precedente, Enrico Letta-in-Napolitano, ha regalato alle banche private la Banca d’Italia, privatizzandola totalmente: è la preparazione a quelle misure, che dovranno danneggiare i risparmiatori depositanti, ma facendo profittare le banche. 

Il documento della Commissione 

Tanto vale vedere meglio il documento segreto europoide, che però Reuters ha letto e in America conoscono benissimo. Cosa precisamente «ci chiede» l’Europa? 

Ufficialmente, la Commissione vuole «svezzare» (sic) le economie dei 28 Paesi sudditi «dalla loro pesante dipendenza dai prestiti bancari, e trovare altri mezzi di finanziare le piccole imprese, i progetti infrastrutturali, ed altri investimenti». Le nostre economie si attaccano alla mammella di mamma-banca: basta, bamboccione! A questo proposito: spero non vi sarà sfuggito che Mario Draghi da qualche settimana lamenta che le banche non diano prestiti alle imprese: come fosse una novità assoluta. È sceso dal pero, come se il banchiere centrale non si fosse accorto che – dal 2009 almeno – le nostre banche hanno ristretto il credito all’economia reale per dedicare tutti i depositi, e gli immani capitali avuti in prestito dalla BCE all’1%, a comprare debito pubblico italiano ... e sostenere i governi golpisti e il loro apparato di parassiti; nonché, beninteso, salvare a tutti costi l’euro dalla sua esplosione.

Il sostegno è avvenuto ad un prezzo caro: il guasto del motore di creazione di credito in Europa, opera dello stesso Mario Draghi. Ma lui per anni non se ne è accorto, non ha sentito le urla di sofferenza che venivano dalle economie «periferiche» tenute a regime di austerità da fame, mentre si avvitavano nell’abisso della Depressione. Infatti saprete (spero) che la moneta oggi è creata dalle banche che la creano indebitandoci: ebbene, la massa monetaria più ampia (M3) s’è ridotta all’1,5 per cento annuo, ben sotto al target del 4,5% a cui fa riferimento la stessa BCE per mantenere l’inflazione al 2%, come detta il suo mandato. Eppure Draghi non se ne è accorto. 


Poi, finalmente, i suoi padroni di Goldman Sachs devono avergli presentato la seguente tabella:


La mancata creazione di prestiti s’è aggravata da novembre, ed ha raggiunto una entità abissale in Italia. Peggio persino della Spagna. Soprattutto, il ritmo dei prestiti cala a quasi nulla anche in Germania: ai tedeschi non piace, e dunque possono accedere all’idea che la BCE debba «fare qualcosa».

Il «qualcosa» che accetterà la Merkel non è stampare a manetta come la FED, inflazionando il carico dei debitori, visto che il creditore è la Germania. La «soluzione» è mettere le mani nelle tasche degli italiani, che hanno «troppi» risparmi dormienti. Naturalmente, l’altra via può essere per l’Italia di ripudiare parte del debito e farlo pagare al creditore, che ci ha guadagnato già abbastanza in interessi. Persino uno studio di Nomisma ( cioè Prodi, il volpone in agguato per il Quirinale) lo riconosce implicitamente.

«Nei rapporti tra creditore e debitore (vi si legge) il primo è tanto responsabile quanto il secondo nell’alimentare situazioni insostenibili» (2). Esatto: le banche tedesche hanno prestato malissimo e troppo, stra-indebitando paesi come Grecia o Irlanda o Portogallo, a fino a poco fa anche l’Italia, che non avrebbero mai potuto onorare i debiti.

Ma per imporre il default in sede europea (pardon, «ristrutturazione») occorrono gli attributi (3). Il Governo italiano preferisce fare default sì, ma verso i propri cittadini: non pagando i suoi debiti verso le imprese italiane, e adesso confiscando le pensioni, ossia mangiandosi l’impegno assunto (del resto, insostenibile) con loro. 

Il tragico credit crunch testé aggravatosi può essere colpa delle banche che non vogliono rischi? Ma no, cosa andate a pensare. Nel documento segreto della Commissione, ci dicono che «le banche», poverette, «sono intralciate dal prestare all’economia dalle normative post-crisi che le obbligano tenere un cuscinetto di sicurezza in capitale e liquidità più ampio». Loro vorrebbero, meschine, ma non possono ... e sì che Montepaschi prestava largamente agli amici dissipatori con tessera del noto Partito, Mediobanca ha dato miliardi ai Ligresti; ma non riuscivano a prestare alle imprese produttive, perché c’è troppa regolamentazione ... E la Commissione gli dà pure ragione (le banche l’hanno sempre): avvertendo che «la appropriatezza (sic) delle regole UE riguardo a capitale e liquidità per i finanziamenti a lungo termine sarà riveduto nei prossimi due anni, ma sarà probabilmente osservato dagli Stati Uniti ed altri perché le banche UE non abbiano un vantaggio sleale» ... la lealtà sopra tutto, gli Stati Uniti ce lo chiedono. Siate morali come siamo morali noi, ci intimano a Washington e Wall Street. 

La Commissione vorrebbe, ma ha le mani legate. L’America la sorveglia perché non falsi la competitività ... Dunque la Commissione suggerirà agli stati membri, con un disegno-bozza di legge, di «mobilitare più risparmi personali per pensioni allo scopo di finanziare a lungo termine» progetti produttivi. È così che ci verrà gabellata la confisca: contribuirete al rilancio! Alla tanto attesa ripresa! 

Quando? Nella seconda metà dell’anno, ipotizza Reuters. Personalmente, mi aspetto una sorpresa molto prima. Queste cose avvengono a sorpresa. Un giorno vi sveglierete scoprendo che dai vostri 70 mila euro di risparmi (se ne avete tanti) ve ne hanno presi 10 mila per finanziare il rilancio. Meglio, se ne avete, di spendervene adesso un po’, anche in spese pazze. Sempre meglio che darli al Fisco. 

Per indorarci la pillola, la Commissione inventerà un «fondo risparmio UE aperto ad individui i cui fondi possono essere accomunati e investiti nelle piccole imprese». Suona bene, benissimo. Oltre al prelievo involontario (confisca) ci proporranno la partecipazione «volontaria» a questo fondo-risparmio: si tratta di aiutare le piccole imprese, può essere perfino un buon affare ... 

Il punto che resta oscuro è: «chi» deciderà a quali imprese, a quali progetti e infrastrutture, per quale rilancio, destinare i miliardi confiscati e quelli dati volontariamente dai risparmiatori italiani che ne hanno «troppi». Il punto non è tenuto oscuro per caso: è che questo, non ce lo vogliono dire. Chi sono i progettisti autorizzati: Germania? Goldman Sachs? Commissari? L’OCSE [Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in inglese OECD, Organisation for Economic Co-operation and Development], il think tank mondialista autorevolissimo, affollato di «tecnici» rispettatissimi, che ultimamente ha ammesso di aver sbagliato «tutte», proprio tutte, le previsioni sulla profondità e durata della crisi dal 2008 ad oggi, sistematicamente sottovalutandone l’abissalità, e sopravvalutandone i sintomi di ripresa? (Economic crisis provides lessons for new approaches to forecasting, says OECD)

Io ipotizzo: tutti insieme i marpioni di cui sopra, uniti fraternamente con le banche private (specie le tedesche, che nascondono buchi neri da far sembrare Montepaschi una stella luminosa) da un solo scopo: anzitutto salvare l’euro (scopo supremo), e contemporaneamente salvare se stessi come autori del disastro, a prezzo della nostra pelle. 

È questa la magagna, l’immondo trucco. Anzi le magagne sono due:


1)   Una tale confisca generale di patrimoni medi equivale ad una epocale redistribuzione di ricchezza dai «vecchi» che l’hanno accumulata ai «giovani» che hanno bisogno di capitali per imprendere, e a cui le banche li fanno mancare. Come medicina eroica in caso di assoluta e tragica emergenza, può essere perfino giustificata.


2)   Il problema è che tale redistribuzione è forzata, i «vecchi» sono obbligati per legge a contribuire; ebbene, una redistribuzione dall’alto, in base a un progetto autoritario confezionato da «tecnici» anonimi negli uffici chiusi di una eurocrazia non-eletta, ed eseguito da un capo di governo mai passato al vaglio elettorale come Renzi, configura l’antica «politica di Piano» sovietica, l’industrializzazione forzata dei tempi di Stalin, il Grande Balzo in Avanti di Mao Tse-Tung. Insomma, la UE diventa così definitivamente l’entità preconizzata dall’ex dissidente Vladimir Bukovski: EURSS, l’Unione Europea delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Si poteva fare altrimenti? Ovviamente. Di solito queste epocali redistribuzioni si sono sempre effettuate producendo inflazione, la quale danneggia e impoverisce i rentiers (vecchi ricchi che vivono di rendite, ossia di interessi percepiti sui propri capitali) a favore dei giovani, che possono indebitarsi più facilmente, e i debitori in genere, che vedono diluito il loro debito; allo Stato italiano converrebbe moltissimo, essendo il massimo debitore d’Europa. Ma questa soluzione è vietata dalla Germania: l’inflazione danneggia i creditori, e la Germania (le sue banche) è il creditore massimo. Inoltre, l’inflazione svaluterebbe l’euro, e la Germania – il creditore che vuole mantenere il valore integrale dei suoi crediti – vuole l’euro forte, anche perché la sua forza lo libera del concorrente (l’industria esportatrice italica). 

Naturalmente la confisca dei risparmi avrà effetti recessivi durissimi, i «vecchi» consumeranno ancor meno di quanto facciano (per questo la Germania non la applicherà a se stessa); tanto più, se – secondo il programma di Davide Serra – contemporaneamente si vedranno tagliate le pensioni, e vietato l’uso del contante. Privati simultaneamente dei mezzi di sussistenza e dei risparmi, significa ridurli alla fame ed alla più assurda spilorceria. 

Ora, si dà il caso che in Italia i «vecchi» siano anche quelli che conferiscono la pensione, ossia danno la loro parte ai giovani, figli o nipoti disoccupati, nella sola rete di sopravvivenza sociale ancora (per poco) funzionante in Italia, la famiglia. Se quindi il Piano Quinquennale e il relativo «rilancio forzato» falliscono, è il precipizio senza rete: per vecchi e per giovani. 

I Piani Quinquennali staliniani funzionarono? Così così, diciamo: in mezzo a sprechi enormi, a produzioni fuori mercato (il mercato era abolito), con repressioni spaventose e soprattutto, a totali spese dei contadini. Quando poi i contadini non furono più in grado di contribuire e resistettero a farsi confiscare l’ultimo chilo d’orzo, «furono eliminati come classe»: il genocidio dei kulaki. Risultato: i giovani baldanzosi operai marxisti producevano acciaio e macchinari pesanti, ma non trovavano da mangiare. I vecchi italiani saranno «eliminati come classe»? Se va male, loro moriranno come da progetto, ma i giovani avranno fame.

Quindi è importante sapere chi sono i «tecnici» che cucinano il Piano di Rilancio Forzato dell’EURSS, e in base a quali mentalità, quali «filosofie» e a quali scelte; quali piccole e medie industrie saranno favorite? Quali saranno lasciate senza prestiti? Yoram Gutgel e David Serra: i loro nomi sono già un programma. 

Naturalmente, vi rassicureranno: suvvia, mica siamo davvero come l’URSS, l’Unione Europea ha la libertà di mercato come dogma centrale ... ecco, questo è il secondo guaio, la seconda magagna. Perché quando nella nov-lingua eurocratica si parla di «mercato», si deve tradurre: «interessi delle banche private». L’abbiamo visto: il costoso meccanismo «di stabilità», che ci hanno gabellato col nome orwelliano di Fondo Salva-Stati, va definito Fondo Salva-Banche: e precisamente Salva-Banche-Tedesche. È infatti un fondo a cui l’Italia contribuisce con decine di miliardi, e che i gestori del Fondo «investono» in bond con tripla A; ossia esclusivamente in titoli germanici. Sicché la povera Italia vi finanzia la Germania ... (Fondo Salva Stati)

Ma gli esempi di come «mercato» significa «salvare le banche dai loro errori o crimini», ne abbiamo a iosa. Montepaschi è uno. Ma Deusche Bank, la gigantesca, è peggio: sottocapitalizzata, perdite per miliardi (si dice: 50, e ne ha nascosti 12 con trucchi contabili e speculazioni sui derivati): ma qui tutto tace, nella pesante omertà tedesca per le sue banche. Le loro Landesbanken sono nidi di politici locali che dirigono i fondi ad interessi locali molto maleodoranti; sono in perdita e forse andrebbero chiuse. Ma la Cancelliera fa fare i controlli alla sua banca centrale, invece che alla BCE; ma, come ha scritto Davide Giacalone, «No, le indagini non deve farle la Bundesbank, la banca centrale tedesca, perché una roba di questo tipo ha rilievo sistemico e continentale, quindi, se si ha a cuore lo spazio della moneta comune, dovrebbero fare capo alla Banca centrale europea . E no, nel far partire la vigilanza europea, indispensabile per avere un sistema bancario europeo, – senza il quale non regge un’area monetaria comune –, non è possibile che le Landesbank restino immuni a quei controlli. Angela Merkel vorrebbe così, ma non si può concederlo. Né ai tedeschi né a nessun altro». 

Già: ma la Corte di Karllsruhe ha messo sotto schiaffo la BCE, appunto con lo scopo segreto di impedire che qualche attore terzo guardi dentro il porcaio Landesbanken e Deutsche Bank, i suoi (si ritiene) falsi in bilancio e i suoi trucchi contabili: trucchi, fra l’altro, a cui il debito tedesco deve se viene considerato dai «mercati» più sicuro di quello italiano, e dunque la Germania può indebitarsi a tasso minore del nostro. Se si scopre che questa valutazione dei mercati più favorevole deriva da falsi di bilancio, è la Germania che deve pagare? Sono i correntisti di Deutsche Bank a dover subire la «cura Cipro», ossia il prelievo dai loro depositi? Berlino ha imposto la «cura Cipro» per non dover essere chiamata a pagare il conto delle sue banche creditrici (all’Irlanda, hanno prestato tre-quattro volte il Pil irlandese) , e la sta applicando all’Italia imponendo il prelievo forzato. Ma ha la forza per impedire che la cura sia applicata a sé. 

Persino Davide Serra, il manovratore economico di Renzi, lo sa bene. Se gli stress test saranno fatti sul serio, ha detto al Telegraph, «mi aspetto cattive notizie dalla Germania. Il più forte panzer tedesco era imbattibile, ma c'è solo un problema — hanno uno dei peggiori sistemi bancari in tutto il mondo. ( ... ). Mi aspetto che almeno tre o quattro Landesbanken regionali siano messe in modalità run-off. Il regolatore tedesco, BaFin, è uno dei più deboli. È sempre stato influenzato dai politici locali». Serra spera che i nuovi revisori assunti dalla BCE ottengano «il pezzo di carta legale per cui possano andare alle locali Landesbanken e dire: scusate, il gioco è finito». E mica basta: Serra dice: «In Germania, ogni Landesbank ha un consiglio di sorveglianza e un consiglio di gestione. Quindici persone ciascuno, 30 Mercedes, 30 autisti, e emolumenti di € 100.000 ciascuno». Insomma, una situazione italiota, bisognosa di ripulitura.

Bene, ma Serra è un banchiere, e un banchiere d’affari, gestore di un aggressivo fondo speculativo britannico. Infatti, nella stessa intervista sostiene: «Il Regno Unito è sostanzialmente pulito», intendendo le sue banche. 

Insomma, il Piano Quinquennale dell’EURSS è concepito da «tecnici» burocrati Di BruxellGrad e da banchieri, con la testa da banchieri e gli interessi di banchieri – banchieri d’affari. 

E c’è di questo un indizio preciso di questa egemonia dei finanzieri, proprio nel testo segreto della Commissione che Reuters ha letto, quello che impone la confisca a scopo di rilancio. Quale rilancio? «Nel documento si legge – scrive Reuters – che la Commissione “terrà in conto la futura crescita della liquidità di una quantità di prodotti cartolarizzati” ... Ciò segnala un possibile allentamento della definizione di asset che possono essere cartolarizzati secondo il regolatore bancario».

Traduciamo dalla neo-lingua: la Commissione si propone di ridar vita al mercato dei «prodotti finanziari» costituiti da mucchi di debiti, mescolati assieme e poi affettati, e venduti a fette a risparmiatori.

Più chiaro ancora: è il «mercato» dei mutui-coriandolizzati (cartolarizzati, securitizzati) che è culminato nello spaccio dei mutui sub-prime americani, fatti di mutui a gente che non poteva onorarne le rate: la causa della crisi che ci perseguita dal 2008, e il motivo stesso per cui le banche europee sono oggi insolventi: «I titoli che Goldman Sachs e simili spacciarono, per mezzo di venditori persuasivi e di venditrici sexy, a idiotissimi banchieri europei, che in questi investimenti gettarono i risparmi della vedova e dell’orfano, cioè dei clienti ignari, per vederli volatilizzarsi». Così dice Zero Hedge, e così è stato.

Adesso, la Commissione (o i suoi suggeritori banchieri) vogliono lanciare un altro giro di debiti subprime, da spacciare a vagonate a una nuova generazione di «vedove ed orfani» da fregare. Infatti, il documento segreto allude all’allentamento della definizione degli assets: significa, traduce Zero Hedge, che potranno essere venduti «titoli coperti dalla produzione di formaggio Feta» o altri solidi debitori del genere.

Concludendo: i vecchi dovranno forzatamente farsi prelevare i risparmi per aiutare i «giovani» banchieri, i cartolarizzatori di ogni tipo di «certificato» dubbio, subprime o insolvente. Un altro giro di speculazione selvaggia, sotto forma di Piano Quinquennale.

Pensate forse che l’opposizione in Parlamento lo impedirà? Che Silvio Berlusconi, il secondo partito, lotterà per attenuare l’esproprio e contro l’abolizione del contante? Quello ha già tradito il ceto medio, i suoi elettori, mille volte. Lo farà ancora. Già abbraccia Renzi.

Non è difficile prevedere un bicolore Berlusconi-Renzi, per il Grande Saccheggio. 

I politici sono ormai pronti a tutto, pur di pagarsi gli emolumenti. Lo dimostra l’ultima trappola messa in atto dal governo Letta: su ogni somma che venga pagata dall’estero in Italia, le banche che attuano il bonifico dovranno prelevare il 20% e darlo al Fisco: si presume insomma la somma sia frutto di riciclaggio, di evasione fiscale o di profitto di capitale, fino a prova contraria. Sarete voi a dover provare che la cifra non è frutto di loschi traffici.

È il rovesciamento de principio fondamentale del diritto: colpevoli fino a prova contraria, e intanto lo Stato vi prende ciò che non gli spetta – poi, provate e farveli restituire. 

L’astuto provvedimento, intanto, sta producendo il prevedibile: il blocco dei bonifici dall’estero. Segno che la politica non è solo disperata. La politica, ha perso la ragione.

Maurizio Blondet 16 Febbraio 2014



1) L’altro consigliere economico di Renzi, l’israeliano Yoram Gutgeld, ex direttore di McKinsey, propone del pari il ricalcolo (leggi: taglio) delle pensioni sopra i 3 mila euro, da cui si promette di recuperare 4 miliardi. e inoltre: privatizzazioni di Poste, Ferrovie, Rai, municipalizzate e dei campioni nazionali quotati; Eni Finmeccanica eccetera, abolizione del contante nei pagamenti fra imprese,


2) Si legga il rapporto Nomisma qui: ecco il giudizio che ne danno gli amici ed esperti del gruppo di studio Scenari Economici: « Quanto propone Nomisma è un libro dei sogni irreale: la Germania da decenni ha una fobia per l’inflazione e non accetterebbe MAI di fare una politica inflattiva e di espansione salariale interna, né accetterebbe di trasformare la BCE in una «tipografia» di valuta ( ... ). I tedeschi l’hanno detto in tutti i modi possibili, per cui le proposte di Nomisma sono sostanzialmente demagogiche: Ammettono che «il problema è l’euro, la sua gestione, e gli squilibri interni conseguenti», ma non se la sentono di proporre un break up dell’euro stesso. È comunque interessante vedere chele teorie di base dell’euroscetticismo siano state sostanzialmente riconosciute, ed in parte sposate da Prodi e soci».



3) Si può ricordare la misura autoritaria con cui il ministro delle finanze belga Camille Gutt (ver cognome Guttstein), dopo la liberazione del Belgio dall’occupazione nazista, assorbì l’eccesso di moneta: eccesso finito nelle mani dei borsaneristi, a cui gli abitanti delle città si erano rivolti per mangiare, pagando cifre altissime. «Ecco come fece Gutt: il 9 ottobre 1944, il governo «liberatore» per prima cosa bloccò tutti i conti bancari; poi annunciò che i franchi belgi correnti non avevano più corso legale, e dovevano essere sostituiti da nuove banconote (stampate segretamente già a Londra); bisognava presentarsi coi propri liquidi nelle banche, che avrebbero cambiato le banconote vecchie con le nuove. Però il cambio era permesso per un massimo di 2 mila franchi a testa; le somme eccedenti andavano dichiarate. Chi possedeva titoli al portatore doveva parimenti farli rimpiazzare, o regolarizzare presso l’Institut Belgo-Luxembourgeois du Change. ( ... ) Si ritiene che il 4% della massa monetaria circolante durante l’occupazione non sia mai stato dichiarato, i suoi proprietari preferendo perderli volontariamente piuttosto che dare spiegazioni su come li avevano avuti». Inoltre, fu posta una tassa spogliatrice (dal 75 al 100%) sui profitti conseguiti durante l’occupazione. (Perché serve il default simultaneo della zona euro)




IL 17 FEBBRAIO 1600 CI LASCIAVA GIORDANO BRUNO



Una biblioteca virtuale dedicata a Giordano Bruno ci permette di leggere e scaricare un bellissimo libro: Il campo maledetto: il fiasco delle feste bruniane e il trionfo di Roma cattolica ossia cronistoria veridica dei fatti del giugno 1889, di Antonmaria Bonetti (Tip. ed. industriale di M. Lovesio, Roma, 1889). Buona lettura!

Segnaliamo inoltre l'opera di Mons. Pietro Balan: Il vero volto di Giordano Bruno, ristampa del Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia 2009, pag. 80,00, euro 8,00

FONTE:  http://www.centrostudifederici.org/



sabato 15 febbraio 2014

OMOLATRIA



L'Onu e la guerra fredda del sesso

Si sorvola su regimi sanguinari e genocidi e ci si occupa del mancato riconoscimento delle coppie omosessuali

Ma non vi pare di stare un po' esagerando con la questione omosessuale elevata a priorità planetaria? L'Onu, che meglio sarebbe ribattezzare Omu visto che non si occupa di nazioni ma di omosex, censura Stati e religioni sul mancato riconoscimento delle coppie omosessuali, sorvolando su banali incidenti come regimi dispotici e sanguinari, genocidi su base etnica o religiosa e pena di morte a gogo in grandi Paesi come la Cina.

L'Omu arriva a censurare un'istituzione bimillenaria come la Chiesa sulla questione omo e sull'aborto, con la pretesa ideologica e invasiva di dettare pure alla fede i suoi canoni paranoically correct.

La retorica organizzazione umanitaria, inefficace quando si tratta di risolvere le questioni legate ai diritti elementari della vita umana e della persona violata o di tutelare i cristiani massacrati nel mondo, getta benzina sul fuoco della Guerra fredda che si è riaperta tra Usa e Russia per le Olimpiadi invernali. Stavolta gli States hanno schierato non missili e testate nucleari ma lesbiche e omosessuali nel nome dell'omolatria violata.

Lascio da parte il merito della questione, che peraltro riguarda, non dimentichiamolo, una piccola minoranza all'interno della minoranza omosessuale. Ma trovo assurdo che le questioni internazionali, i rapporti tra Stati, le sanzioni, le rotture diplomatiche e le censure, vengano regolati sempre e solo da questa ideologia trans e biofoba, onnipervasiva. Per far questo non c'è bisogno dell'Onu, Ban Ki-moon e Obama, bastano le Pussy Riot.

Marcello Veneziani




FIABE GAY PER BAMBINI NEGLI ASILI E NELLE MATERNE


Arrivare ai bambini attraverso le favole per contrastare l’omofobia. Il Comune di Venezia ha dotato asili nido e scuole materne di quarantasei storie per bambini, regolarmente acquistate e distribuite in migliaia di volumi. E’ un’iniziativa di Camilla Seibezzi, la delegata del sindaco Giorgio Orsoni per le politiche contro le discriminazioni.
Si tratta che della dirigente che forse qualcuno ricorderà per aver proposto tempo fa l’abolizione dei termini «mamma» e «papà» da documenti e stampati istituzionali per sostituirli con qualcosa di meno identificante, del tipo ‘genitore 1′ e ‘genitore2′.

Camilla Seibezzi ora propone un ulteriore passo contro l’omofobia, seminando nelle docili menti dei bimbi dei 10 asili nido e delle 36 scuole dell’infanzia veneziane attraverso i libri.
Nella lista dei libri da leggere negli asili si trovano storie con riferimento sulle diverse forme familiari: nuclei con la sola mamma, con il solo papà, con due mamme e con due papà. C’è «Papà bis», storia di genitori che si separano introducendo una seconda figura genitoriale, ma c’è anche «E con Tango siamo in tre», dove due pinguini maschi covano un uovo.

Non tutti sono d’accordo con l’iniziativa, e a dare il via alle critiche è Tiziana Agostini, l’assessore comunale alle politiche educative: «Non è assolutamente possibile che i materiali arrivino direttamente nelle mani di piccoli e piccolissimi senza una adeguata valutazione dei tecnici e del personale competente».
Agostini va in profondità: «Vorrei evitare strumentalizzazioni. I bambini non devono mai essere usati come bandiera politica. E bisogna sempre tener conto delle varie sensibilità della nostra società».

Ma i libri sono già stati acquistati e pure distribuiti a tutte le municipalità che ora li faranno arrivare alle scuole, lo conferma Camilla Seibezzi: «Abbiamo speso diecimila euro, ma l’elenco era condiviso con il dirigente alle politiche educative».

Giorgia Pradolin




LO SCENDILETTA


Sul declivio di Enrico Letta hanno steso un tappeto rosso. I paggi preposti hanno l’incarico di accompagnarlo con qualche onore e ricompensa nella sua passeggiata volontaria verso la porta di uscita oppure di strattonare quel tappeto e provocare il capitombolo rovinoso al Presidente riottoso. La sua indole lo porterebbe a rinviare e traccheggiare; la natura stessa della coalizione che lo sorregge favorirebbe questa sua propensione; ha scelto la linea dello scontro aperto. Negli articoli precedenti ho evidenziato la progressiva inesorabile erosione dei pilastri su cui poggiava il disegno politico del suo Governo e della maggiore forza politica a suo sostegno, prima che cambiasse il segretario e la inesorabile disgregazione sociale e politica provocata da essa. Ora non gode più nemmeno dell’investitura esplicita del Presidente della Repubblica. La recente campagna di stampa sulle dinamiche riguardanti la nomina a Capo del Governo di Mario Monti nel 2011, avviata dall’intervista di Alan Friedman sul Corriere, basata su elementi ampiamente preannunciati, anche con diversi mesi di anticipo, dalla nostra testata e da pochi altri, costituisce, probabilmente, un avvertimento a Napolitano a chiudere al più presto l’esperienza dei governi tecnici e di emergenza e a concludere rapidamente questa interminabile transizione.
A questa erosione che ha riguardato la gran parte del ceto politico soprattutto sinistrorso si è aggiunto il particolare grigiore con il quale Enrico Letta ha svolto il suo incarico. Della sua politica economica ed europea ho già trattato altrove. Ultimamente, si è esposto inizialmente oltre misura sulla questione ucraina a nome di capi di stato e di una Comunità europei  ben più compromessi nelle ingerenze in quel paese, ma rimasti furbescamente dietro le quinte; ha brillato nel silenzio sul progetto di unione bancaria europea; si è prodigato generosamente nell’elemosinare finanziamenti e capitali dall’estero e dalla Comunità Europea, pescando soprattutto nel mondo della finanza anglosassone e collaterale, compresa quella dei paesi petroliferi del Golfo, ma ignorando bellamente le potenzialità di condizionamento di questi flussi sulla realtà industriale e politica del paese. Alla masochistica linearità di comportamenti in terra straniera si è accompagnata una conduzione allegramente caotica della cosa pubblica all’interno del paese.
Rispetto al quadro politico attuale l’avvento del nuovo salvatore comporta, però,  una evidente forzatura che rischia di mettere a nudo i numerosi paradossi di questa rappresentazione e di risucchiare i protagonisti designati del nuovo corso, in particolare Matteo Renzi, nell’emergenza del presente sino a finirne, con ottime probabilità, stritolati e riomologati.

Vediamo qualcuno di questi paradossi
Il primo Matteo Renzi, quello per intenderci delle primarie con Bersani, puntava a sostituire radicalmente lo zoccolo duro del quadro militante ed elettorale del PD proponendo una politica apertamente “punitiva” di quei settori e confidando in un rapido travaso di simpatizzanti ed elettori dagli ambienti liberali, professionali ed associazionistici attorno al nucleo di nuovi amministratori locali formatisi negli ultimi anni soprattutto con la gestione del PD curata da Veltroni e Bersani. Subita una prima battuta di arresto, è rientrato a bruciapelo nel gioco con la crisi paralizzante del vecchio gruppo dirigente democratico successiva alle elezioni del 2013; la repentina elezione a segretario più che di un radicale rinnovamento del gruppo dirigente è il frutto di un ammiccamento sempre più evidente ai temi classici  cari a quello zoccolo duro, dalla scuola alle mere garanzie di reddito sino a sforare, per il momento occasionalmente, nella retorica dell’antiberlusconismo vero e proprio.

Il secondo paradosso è strettamente connesso al primo e determinato dai tempi strettissimi con i quali le crisi politiche ricorrenti stanno bruciando le opzioni e i dirigenti politici portatori di esse. Nel giro di tre anni si sono bruciati e sacrificati, con le buone o le cattive, personaggi, in ordine temporale e di levatura politica,  come Berlusconi, Tremonti, Monti, Passera, Bersani e Letta, con le prime avvisaglie di un mesto epilogo dello stesso Napolitano. Il risultato di queste continue accelerazioni dei momenti di crisi è che Renzi, ammesso che riesca a risolvere le ritrosie di Letta evitando scontri frontali, si vede  risucchiato in tempi di scelta dissonanti dalla sua agenda conclamata e si troverà a gestire la transizione con una fronda interna, in particolare negli apparati istituzionali, in ispecie nel Parlamento, dalla scarsa capacità rappresentativa e, quindi, di mobilitazione ma in grado perfettamente di rallentare ed annacquare ogni proposito riformatore, senza riconoscere da parte mia necessariamente al termine un connotato positivo.

Il terzo paradosso è rappresentato dal NCD di Alfano, indispensabile alla nuova coalizione; l’arrivo al governo con queste modalità, a questo punto simili a quelle dei due governi precedenti, comporta tempi lunghi di esercizio di un governo il quale man mano che assumerà sempre più le caratteristiche di un nuovo centrosinistra e meno quello di governo di emergenza ed istituzionale, renderà sempre più scomoda ed instabile la posizione del NCD.
I paradossi, però, di per sé non determinano necessariamente il successo o il fallimento di un processo politico e delle carriere dei soggetti portatori; ad alcuni di questi viene chiesto, spesso e volentieri, il sacrificio politico personale se non il raggiro illusionistico. Il caso Fini, nel nostro cortile, fa scuola.
Nella storia, il più delle volte, abbiamo conosciuto il naufragio di personalità che hanno tentato di gestire il corso ordinario delle cose e, nelle fasi di transizione, anche le svolte politiche. In tempi recenti abbiamo conosciuto negli Stati Uniti le sconfitte di Carter negli anni ’70 e del successore repubblicano di Bush Junior nel 2008; qualche volta si è riusciti a garantire la continuità politica come nella transizione tra Reagan e Bush senior; quasi mai, anche nei processi rivoluzionari di maggior successo, le intenzioni espresse nei programmi politici proclamati dalle forze vittoriose hanno corrisposto agli atti concreti e agli schemi prefissati; tutto questo a prescindere dalle volontà soggettive.
Se questo avviene regolarmente nel corso del conflitto tra gruppi strategici nei paesi più solidi dominanti come negli Stati Uniti degli ultimi decenni o in situazioni di contrasto violento anche in paesi secondari nel quale tende ad emergere un nuovo gruppo dirigente solido, determinato e radicato contrapposto ad un quadro istituzionale frammentato e debilitato, figuriamoci quali situazioni paradossali si possano verificare in paesi, come l’Italia degli ultimi trenta anni, dove si contrappongono centri di potere e gruppi dirigenti, costituiti per altro in minima parte dai politici da palcoscenico, tanto deboli e precari all’interno del loro paese, quanto facilmente condizionati ed eterodiretti  dall’esterno, dai centri dei paesi dominanti.
I paradossi diventano quindi dirompenti quando i centri alternativi  non hanno sufficiente pervasività nei gangli vitali, non dispongono di un importante e coerente radicamento sociale, non presentano un programma politico coerente rispetto ai due punti precedenti.
Dell’incoerenza del radicamento sociale ho già parlato; riguardo alla pervasività nei gangli vitali, il gruppo di cui è espressione Matteo Renzi è decisamente lontano da un controllo significativo tanto più necessario in una situazione di frammentazione e sovrapposizione di poteri tra le varie articolazioni dello Stato e di indebolimento significativo dei centri economici, finanziari ed associazionistici. Tanto più che a questa caratteristica strutturale si è aggiunto il fenomeno della sempre maggiore inadempienza della Pubblica Amministrazione nel dare corso all’attuazione delle leggi, un po’ per l’iperproduttività del legislatore, ma soprattutto per lo scollamento dei centri burocratici decisionali dai centri legiferanti.

Un altro fattore che ha infatti determinato l’accelerazione degli eventi è sicuramente  la quantità di nomine ed incarichi in scadenza nelle prossime settimane.
Riguardo al programma politico, la riorganizzazione istituzionale proposta da Renzi mantiene una propria coerenza; punta sulla possibilità di costituire comunque un governo eliminando il dualismo del Senato; prevede una rappresentanza delle amministrazioni locali nella nuova conformazione del Senato; punta ad una ridefinizione delle competenze tra Stato Centrale ed amministrazioni periferiche (titolo V della Costituzione); se si aggiungono le proposte trapelate dal “job act” con il quale si elimina definitivamente la distinzione tra diritto del lavoro pubblico e privato e si sancisce l’amovibilità dei quadri dirigenti pubblici, emerge anche la volontà di acquisire un controllo dell’operato della pubblica dirigenza. Sui primi due punti del programma politico, grazie all’accordo con Berlusconi, ci sono buone probabilità di conseguire l’obbiettivo. Sul titolo V e sulla riorganizzazione delle amministrazioni locali l’indicazione è troppo generica, non cita la possibilità di accorpamenti delle regioni e, soprattutto, glissa sulla forza del principale alleato su cui le regioni e le comunità possono contare: la Comunità Europea  e la sua politica di sostegno delle politiche regionali in funzione dell’indebolimento dei poteri e delle politiche nazionali. Un indirizzo costitutivo dell’Unione sin dai tempi di Monnet, negli anni ’50.

Manca, infatti, nei programmi di Renzi, un qualsiasi riferimento serio di una qualche autonomia rispetto all’attuale collocazione internazionale, alle politiche comunitarie e alla politica industriale del paese che non si limiti ad una manipolazione generica di incentivi, crediti e sgravi. Tutto lascia presagire un allineamento ancora più rigoroso riguardo alle dismissioni e privatizzazioni, alle virtù intrinseche del libero mercato. Ci sarà comunque modo di valutare sulla base dei prossimi eventi.
Quel che appare chiaro è che il dinamismo cui è obbligato Renzi si sta trasformando in un forzato parossismo indotto da evidenti pressioni esterne, in particolare degli ambienti anglosassoni e democratici americani.
Preoccupa probabilmente la precarietà e l’instabilità sociale di un paese, collocato strategicamente al centro di una zona calda, densa ormai di conflitti, ma con apparati in grado di fronteggiare con difficoltà, fortunatamente, situazioni di aperto conflitto; tanto più che occorre mettere in sicurezza le acquisizioni a man bassa operate non solo nei settori industriali strategici, ma anche in settori nevralgici come la distribuzione commerciale, l’agricoltura, nella industria di base e prossimamente nelle reti infrastrutturali di servizio.
I timori suscitati dalle proteste dei “forconi” hanno rivelato l’inquietudine che pervade le attuali classi dirigenti.

D’altro canto si cerca di cogliere l’occasione di far pagare alla potenza regionale alleata e rivale, la Germania, i costi di un parziale riequilibrio in maniera tale da integrarla ulteriormente nei circuiti e da vincolarla attraverso ulteriori legami finanziari di tipo speculativo; uno dei modi, per altro, per richiamare ad una maggiore fedeltà nella gestione dei conflitti, oggi l’Ucraina e la Moldova, un alleato un po’ “distratto”.
È lo scotto che devono pagare quelle potenze regionali che vogliono rimediare rendite di posizione a scapito dei vicini ma senza mettere in sostanziale discussione la loro sudditanza di fondo verso il dominus globale.
Il risultato sono le rivalità tra potenze minori alimentate o sedate dalla forza dominante a seconda delle contingenze politiche; un gioco a cui le classi dirigenti nostrane si sono prestate frequentemente sin dall’immediato dopoguerra scambiando una relativa indipendenza dai vicini di casa con un ulteriore asservimento verso il consueto liberatore lontano ma con solide basi piantate sul territorio nazionale.


Renzi, come in precedenza D’Alema e Veltroni, sembra confidare troppo in questi “aiutini” e in questo tipo di investitura. Rischia di essere ricacciato in breve tempo nello schema di questi ultimi venti anni, se non di assumere il ruolo di vittima sacrificale; spianerà ancora una volta la strada  più che a Berlusconi, ormai attempato, ad un eventuale suo erede, ma sempre nell’area del centrodestra.
Del resto la vera partita tra forze disposte a svolgere un ruolo complementare ma quantomeno contrattato nello scacchiere internazionale e forze disposte a conquistarsi un ruolo ben più autonomo si giocherà prevalentemente in quei centri politici e nelle forze sociali raccolte da esso.
Prima Berlusconi sparirà da quel contesto, prima si delineeranno con maggior chiarezza questi schieramenti.

Renzi non sta facendo altro che contribuire a procrastinare quel connubio nefasto per il paese.
Potrà sperare di trarre un maggiore vantaggio solo con l’ennesimo intervento di un deus ex-machina teso a sconvolgere  e disturbare l’azione del Cavaliere; da Tangentopoli in poi si sa quali figure istituzionali si sono assunte questo ruolo da protagonista.

Il risultato sarebbe per altro, più che una marcia trionfale, una affermazione temporanea di una fazione oligarchica rispetto ad altre, tutte con un potere scarsamente diffuso e soggette quindi a continui colpi di mano, facili da compiere come da ribaltare.

Giuseppe Germinario

FONTEhttp://www.conflittiestrategie.it