giovedì 29 marzo 2012

QUATTRO CHIACCHIERE CON ELIA MENTA

Riporto parte di una telefonata intercorsa ieri sera con Elia Menta. 
La telefonata è molto più lunga di quanto riportato in questo breve post e affonda con acutezza nella situazione in cui versano l'Italia e gli italiani. Il resto della telefonata verrà pubblicato più avanti, quando i tempi potrebbero essere maturi - causa peggioramento rapido della situazione - per comprenderne spirito e contenuti.

D. Perché tutto questo darsi da fare per informare la gente?
R. Perché siamo stupidi e ci illudiamo che la gente voglia capire.
D. Sostieni quindi che la gente non vuole capire?
R. Esatto. La gente vuole solo qualcuno contro cui scagliarsi, contro cui inveire, contro cui scaricare le proprie frustrazioni, la proprie contraddizioni, le proprie insoddisfazioni, ritenendolo colpevole di tutte le difficoltà che ha, aspettandosi poi che siano altri (non si sa bene chi) ad impegnarsi per risolvere la situazione. E’ un tipico atteggiamento fanciullesco. L’atteggiamento adulto sarebbe quello di assumersi la responsabilità del proprio futuro, del proprio destino. Ma questo, e lo ripeto, sarebbe un atteggiamento da adulto maturo che nella nostra società è pressoché scomparso.
D. Si, ma c’è della gente che ha capito e che vorrebbe fare qualcosa…
R. Si, inveire, incazzarsi, mostrare di “sapere”, perdersi  in chiacchiere da salotto, esibire la propria “cultura”. Questa gente è ancora più dannosa, poiché agisce per puro esibizionismo, per egocentrismo o addirittura per fame di potere, di prestigio personale, arrivisti, insomma. Dietro queste persone non ci sono mai azioni concrete, ma solo proclami e chiacchiere inutili. Quanti sono coloro che sono disposti ad impegnarsi due- tre – quattro ore al giorno e magari rimetterci di tasca propria anche qualche centinaio di euro al mese? Oppure coloro che mettono a disposizione il loro sapere, la loro esperienza acquisita in qualche campo per aiutare CONCRETAMENTE a condurre una battaglia che prima di tutto è una battaglia per la dignità umana? Basterebbe già questo. Ma attualmente queste persone sono poche, pochissime.
D. E allora come se ne esce?
R. Quando la merda sarà arrivata alla bocca (e ci  arriverà) allora, forse, qualcuno si muoverà, ma solo dopo aver fatto i suoi bei calcoletti: cosa rischio? Mi conviene? Capisci, puro egoismo e pura convenienza. Manca una coscienza collettiva, manca la capacità di capire che TUTTO QUELLO CHE ACCADE RIGUARDA TUTTI NOI, NESSUNO ESCLUSO. Mentre qui siamo ancora ai piccoli calcoli di bottega. Non si è capito che questa è una partita decisiva, non si è capito che si sta combattendo la più grande battaglia per l’umanità che mai sia stata combattuta. Non esiste visione prospettica.
D. Ma di chi è la responsabilità della situazione economico- finanziaria ma anche umana che stiamo vivendo?
R. Di chi? Chi vuole guadagnare consenso dice che i responsabili sono coloro che detengono il potere, coloro che siedono al vertice della piramide i quali avvalendosi di servi prezzolati (sistemati in posizioni chiave nelle istituzioni, nelle banche, nei media, etc…) e dando loro in cambio posizioni di potere e somme ingenti di denaro portano avanti il loro piano: ridurre l’umanità in schiavitù di ogni tipo: economica, alimentare, culturale, mentale… Ma la realtà è ben diversa. La realtà è che noi abbiamo delegato la nostra vita agli altri, esattamente come fanno i bambini. E il dramma vero è che continuiamo a farlo. Chi è dunque responsabile di questa situazione? Noi, vale a dire NOI DELLA MASSA.
D. Ne usciremo?
R. Dipende. Il giorno in cui capiremo che è tempo di non delegare, che è tempo di partecipare in prima persona, che è tempo di comprendere che la nostra vita è legata a quella di tutti gli altri, che l’egoismo è un suicidio, che pensare a bassi interessi di bottega equivale a certificare la propria stupidità, che avere paura è rispondere meccanicamente ai comandi che il sistema ha installato nelle menti, forse qualcosa si potrà fare. Fino ad allora sarà tutto inutile. Inutile portare avanti un blog, inutile voler svegliare i sonnambuli. Ma lo sai che la sera dalle 21,00 circa e fino oltre le 23,00 sul blog non ci sono visitatori? Mi sono chiesto come mai. E mi son dato una risposta: la gente è davanti alla tv. Capisci. La tv ch’è una delle prime fonti (insieme all'istruzione) di indottrinamento, di condizionamento, di manipolazione, e molti lo sanno pure, e tuttavia non si riesce a resistere alla tentazione di una “bella” trasmissioncina lava cervello. Tanto – si pensa - che male mi farà vedere una trasmissione televisiva? Ecco, già  pensare e agire in questo modo rende vano tutto il lavoro di informazione che i blogger portano avanti.
D. Quindi, che si fa?
R. Fare informazione, ma non attendersi nulla. Fare informazione perché in cuor proprio si sente di doverlo fare. Ma senza darsi abiti da missionari, da intelligentoni, da sapientoni o, peggio ancora, da guru.
Farlo solo perché si “sente” dentro di sé ch’è giusto farlo. 
Il resto lasciamolo a chi vive di illusioni.

AZF

mercoledì 28 marzo 2012

SI DA FUOCO DAVANTI ALL'AGENZIA DELLE ENTRATE



L'uomo aveva delle pendenze tributarie, ha lasciato tre lettere.
Ora è in gravi condizioni al centro grandi ustionati di Parma

MILANO - Strozzato dai debiti, disperato per la condizione finanziaria della sua piccola ditta artigianale, un uomo si è dato fuoco mercoledì mattina davanti alla sede della Agenzia delle Entrate a Bologna. L'uomo, 58 anni, era all'interno di una vettura parcheggiata davanti agli uffici del fisco. Le fiamme sono divampate attorno alle 8.20. L'uomo è uscito dall'auto parcheggiata in via Nanni Costa, e un passante di nazionalità straniera ha cercato di aiutarlo cercando di spegnere il fuoco con una giacca. Contemporaneamente alcuni passanti hanno chiamato la polizia municipale, impegnata nei pressi in operazioni di viabilità. Dopo un passaggio all'ospedale Maggiore del capoluogo, è stato trasferito al Centro grandi ustionati di Parma. Le sue condizioni sono giudicate gravissime.

LE LETTERE - L'uomo, titolare di un'impresa individuale per la piccola manutenzione nelle case, ha lasciato tre lettere. In una delle missive, indirizzata alla Commissione tributaria, contiene evidenti propositi suicidi e fa riferimento ad alcune pendenze fiscali. Nella lettera l'uomo si sarebbe scusato presentando una serie di giustificazioni. «Una persona molto equilibrata», lo definisce Ermanno Merli, responsabile Cna di Ozzano Emilia, comune della Provincia di Bologna dove da molti anni l'artigiano originario del Casertano si era trasferito, legandosi all'associazione di categoria.
LA TESTIMONIANZA - Un testimone, che ha assistito al fatto dal suo ufficio di via Costa, ha raccontato: «Ho sentito un gran boato, sembrava un incidente, un tubo saltato. Ma affacciandomi alla finestra ho visto l'auto in fiamme, una palla di fuoco. A 25-30 metri i vigili urbani erano accanto a una cosa a terra. Un vigile cercava di spegnerla con il giaccone; sembrava un pezzo dell'auto... poi mi sono accorto che era un uomo».

Redazione Online
CORRIERE DELLA SERA.IT

L'ORIGINALITA' - J. KRISHNAMURTI

VOLETE ANCORA ESSERE GUIDATI? - J. KRISHNAMURTI

LA CRESCITA DI MONTI SARA' QUESTA

NON ILLUDETEVI!

martedì 27 marzo 2012

E' COSI CHE CI SIAMO RIDOTTI


LETTERA DI UN IMPRENDITORE

"Caro Beppe, sono un piccolo imprenditore in procinto di dare le dimissioni da me stesso. E' qualcosa che mi pesa, che mi pesa molto. Di notte sento un'oppressione sul petto come se qualcuno fosse seduto sopra di me. Ho una piccola società di servizi, 20 persone. O forse è più corretto dire che è la società che possiede me. Gli ho dedicato 12 ore al giorno per anni. Nei giorni festivi "solo" 4 o 5. Ho resistito fino ad ora un po' per orgoglio e per non mettere in mezzo alla strada una ventina di famiglie. E' dura guardare negli occhi qualcuno che ha cercato di costruire qualcosa insieme a te per anni e dirgli "E' finita!". Non ho mai avuto agevolazioni da questo Stato, ma solo controlli occhiuti, tasse, burocrazia. Ho sempre pagato con regolarità i miei fornitori, se ho sgarrato è stato di qualche settimana, forse un mese nei casi di necessità, ma lo Stato pretende che paghi l'Iva anticipata sulle fatture che emetto e che sono pagate a babbo morto, in qualche caso mai. E cosa puoi fare? Un'azione legale per una fattura non incassata? E quanto ti costa? Se tu hai un debito con lo Stato devi pagare pronta cassa, se invece lo Stato ha un debito con te puoi morire di fame o, come prospetta il ministro Passera, essere pagato con titoli di debito pubblico. Cosa ci faccio? Li do ai bambini per giocarci con le figurine? Pago i miei debiti con il debito dello Stato? I clienti ritardano i pagamenti di mesi, e li capisco. Le banche mi rifiutano un fido per coprire i costi di 2/3 mesi di attività nonostante abbia sempre chiuso i conti con un pareggio o un utile, non un granché ma sempre un utile. A che servono le banche se non supportano le imprese? Per me potrebbero chiudere. Da oltre un anno oltre all'imprenditore faccio quindi anche da banca. Non voglio indebitarmi con degli avvoltoi. Lascio qualunque emolumento mi spetti nella società. Così sono riuscito a pagare gli stipendi (puntualmente!) delle persone che lavorano con me. Mi sono accorto che vivevo come un automa per pagare le tasse al mio socio occulto, lo Stato. Mi sono accorto di lavorare senza remunerazione, in realtà mi finanziavo (!?) l'attività, e che per vivere divoravo il piccolo patrimonio che mi hanno lasciato i miei vecchi dopo una vita di lavoro. Mi sono accorto che passo con la mia famiglia solo ritagli di tempo e mai sereno, ma sempre preoccupato e nervoso per le scadenze, per i contratti. Non sono nato per fare l'eroe. Per ora chiudo la mia piccola azienda e chiedo scusa ai miei colleghi, li ho sempre considerati tali e non dipendenti. Un saluto". 

Massimiliano R.
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Rimane da chiedersi cosa abbiano capito gli italiani di quanto sta accadendo.
Il dramma è che anche coloro che dicono di aver capito non hanno capito affatto. 
Come faccio a sostenerlo? Guardatevi in giro, uscite a fare due passi, parlate con la gente, chiedete a qualcuno che si lamenta cosa sta CONCRETAMENTE facendo (oltre a lamentarsi inutilmente, ovviamente). 
Scoprirete che razza di incubo stiamo vivendo. E siamo solo all'inizio. Il bello (cioè il peggio) deve ancora arrivare. Ma è dietro l'angolo, non ci sarà quindi quindi molto da aspettare. Buona fortuna. 
Ne avremo bisogno.


Elia Menta

"E' LA GUERRA SANGUE CONTRO ORO"


ASCOLTATE CON MOLTA ATTENZIONE IL PROFESSOR GIACINTO AURITI

PAURA E CORAGGIO

AI NON POTENTI DELLA TERRA

AI POTENTI DELLA TERRA


LAVORARE NON CONVIENE PIU'. PER MOLTI

La domanda alla quale vogliamo tentare di rispondere in questa circostanza è la seguente: ha ancora senso lavorare? Ancora meglio: è ancora utile farlo? Beninteso, stiamo parlando, ovviamente, del lavoro salariato, e possiamo anche restringere ancora di più il quesito, cercando di trovare una linea di confine al di sotto della quale la risposta potrebbe non essere così scontata come invece a prima vista la maggioranza dell'opinione pubblica crede. In questo caso il punto diventa: quale è il limite al di sotto del quale lavorare non solo è avvilente, ma nei fatti diventa anche controproducente.
Il motivo di tale domanda è molto semplice: molti pensano che quando scriviamo di pensare realmente a cambiare il proprio modus vivendi, di spostarsi, cambiare attività e in senso generale cercare di crearsi un nuovo paradigma - anche pratico - per sopravvivere, parliamo di utopie che sono al di fuori della realtà. Come vedremo, in molti casi, è molto più al di fuori della realtà rimanere in alcune condizioni piuttosto che prendere seriamente in esame un cambiamento radicale di vita.
Un lavoro, in teoria, dovrebbe consentire di soddisfare, per il lavoratore, almeno tre ambiti: economico, pratico, psicologico. Ovvero esistenziale.
Dal punto di vista economico dovrebbe garantire quanto meno di poter arrivare, proprio dal punto di vista numerico, alla piena sussistenza ogni mese. Il che significa che deve essere necessario, se non a consentire di risparmiare economicamente qualcosa per le incertezze che in ogni caso il futuro porta con sé, quanto meno a pagare i conti necessari ad avere l'indispensabile. Alloggio e vitto, e spese accessorie collegate. Come vediamo, stiamo parlando proprio del minimo indispensabile.
Dal punto di vista pratico dovrebbe consentire di soddisfare alcune necessità, ma sopra a tutte una: poiché il tempo che il lavoro sottrae alla vita di tutti i giorni non può, siccome non abbiamo il dono dell'ubiquità, essere utilizzato per svolgere altre attività, il guadagno economico che si trae da una giornata lavorativa deve quanto meno servire a poter acquistare una serie di cose e servizi che non possiamo svolgere da soli, per ovvi motivi di tempo. E questo, sia chiaro, ancora prima di entrare nel merito del fatto che sia giusto o meno, positivo o negativo, scegliere di lavorare per acquisire denaro per comperare cose che invece si potrebbe fare da soli.
Dal punto di vista psicologico dovrebbe infine almeno poter garantire di vivere una esistenza che dal punto di vista emotivo possa scorrere senza ansie o paure, per esempio quella, sempre più diffusa nella nostra società, di riuscire a soddisfare le proprie necessità. Ma ancora: visto che il lavoro occupa non solo la maggior parte delle giornate, ma in senso lato la maggior parte della propria vita, dovrebbe essere essenziale pensare come imprescindibile il fatto che il lavoro che si svolge debba essere scelto e preferibile rispetto a un altro. Fare un lavoro che non solo costa fatica (il che è anche normale) ma che non piace e che magari reca profondi scontenti, equivale a passare la maggior parte della propria vita a fare una cosa controvoglia. In altre parole, a soffrire, soprattutto emotivamente, per tutto il corso della propria vita lavorativa (il che equivale, oggi come oggi, sino quasi alla morte).
È logico a questo punto fare un bilancio del proprio lavoro e verificare se questi tre ambiti sono soddisfatti, e come, oppure se siano in varia misura e combinazione più o meno disattesi. Ci sarà chi svolge un lavoro che non gli piace affatto, magari in un ambito che per propria inclinazione è diametralmente opposto al proprio sentire, ma che attraverso di esso soddisfa bene, diciamo ben oltre i limiti minimi che abbiamo indicato, gli altri due punti. Oppure chi in qualcuno di questi ambiti rilevi di essere ben al di sotto di un certo limite, ma che magari la cosa sia compensata in modo rilevante da almeno uno degli altri.
Ma esiste un caso in cui tutti i tre gli ambiti siano del tutto disattesi. In cui il lavoro che si svolge non consente di percepire uno stipendio in grado di far fronte alle mere indispensabili necessità economiche, in cui non lasci il tempo di fare altro e che apporti un profondo malessere al lavoratore.
Questo è, nel nostro modello e in modo particolare negli ultimi anni, il caso più diffuso. E presumibilmente, almeno leggendo i dati economici e sentendo le dichiarazioni stesse dei nostri governanti, sarà così a lungo. Molto a lungo: secondo Monti, ed è solo una previsione, in Italia abbiamo almeno "venti anni di regime controllato". È una situazione, dunque, che non è destinata a cambiare sensibilmente in positivo per un periodo molto lungo. Quanti anni avremo tra (almeno) venti anni?
Indichiamo un caso scuola, puramente esplicativo, che può però essere calibrato da ognuno variando i parametri relativi alla propria situazione, al luogo di residenza e alle proprie necessità. È un caso che conosciamo di persona, e non è uno dei casi limite. Le condizioni di vita e lavorative che andremo a descrivere sono di una persona che oggi può addirittura considerarsi fortunata, rispetto alla maggioranza dei lavoratori della sua stessa età, o giù di lì.
Trentotto anni, contratto a tempo indeterminato, 1000 euro al mese di stipendio netto, per 8 ore di lavoro dal Lunedì al Venerdì. Comune di lavoro Roma, e così la residenza.
Il nostro lavoratore è single, vive in un appartamento di 35 metri quadrati in affitto, per il quale paga 550 euro al mese più 100 di condominio. E più, ovviamente, le utenze. 
Come si vede, abbiamo scelto una situazione che, per chi conosce il mondo del lavoro in una grande città o comunque può immaginare quanto accade oggi in una situazione analoga, è già ben al di sopra di tante situazione che invece sono, e di molto, peggiori. 
Per raggiungere il posto di lavoro, il nostro soggetto utilizza un motorino, e impiega circa 35 minuti per andare e lo stesso tempo per tornare.
Ebbene questa persona, pur avendo un contratto a tempo indeterminato nel settore privato, per riuscire ad arrivare alla fine del mese deve svolgere necessariamente un secondo lavoro (nel caso, un paio di serate in un locale). 
Il motivo è semplice, tra affitto e utenze, assicurazione per il mezzo e la benzina, ciò che le resta non è sufficiente a poter comperare la quantità di cibo - meramente: il cibo - che le necessita per arrivare a fine mese. E non parliamo di altre cose: vestiario, oggetti di altro tipo, spese impreviste, svago.
Ma il punto non è solo meramente numerico. Il fatto è che le sue giornate iniziano alle 8 e terminano alle 19, spostamenti inclusi, tranne i giorni in cui lavora anche la sera, soprattutto nel fine settimana. 
E ancora, in modo determinante, questa persona, in ogni caso, non è in grado di poter accedere a nulla di ciò che Roma "offre", come la varietà di cinema e teatri, concerti ed esposizioni culturali, ristoranti, locali e più in generale tutto ciò che non sia lavoro e che (per chi apprezza) è possibile avere in una grande città: non ha denaro a disposizione per potersi permettere qualcosa. In pratica non può accedere a nulla per cui valga la pena vivere. Può solo lavorare per (tentare di) arrivare alla sopravvivenza sino alla fine del mese. 
Ultimi tre punti. Il primo: svolge un lavoro impiegatizio che non le offre alcuna soddisfazione personale, che mediamente la annoia per otto ore ogni giorno e la impegna per nove ore o più. Il secondo: ha da poco scoperto che, nella migliore delle ipotesi - ovvero che l'azienda per la quale lavori non ceda alla recessione e sia costretta a licenziare, e che nel frattempo non occorrano altre manovre per la previdenza - potrà andare in pensione tra non meno di venticinque/trenta anni. Il terzo: non c'è alcuna possibilità all'orizzonte, mediamente logica o sulla quale puntare (che non sia una mera speranza) che le cose possano cambiare in meglio.
In sintesi: conduce una vita da schiavo - pur se in condizioni certamente migliori di tantissime altre - per riuscire a malapena ad arrivare alla fine del mese (quando non ci arriva si appoggia, anche solo per il vitto, a una rete di familiari) il più delle volte facendo i conti al millimetro, lavorando circa cinquanta ore a settimana in totale (tra primo e secondo lavoro) per fare cose dalle quali non trae neanche alcuna soddisfazione psicologica, senza poter godere nulla di ciò che una città come Roma offre ma soffrendone tutte le difficoltà (traffico, inquinamento, prezzi alti per ogni cosa) e con una prospettiva di condurre una vita del genere per arrivare, forse, a percepire una pensione quando avrà le forze, e il denaro sufficiente, appena per fare una passeggiata ai giardini comunali. 
Nulla, a nostro avviso, vale un sacrificio simile. E stiamo parlando, ribadiamo, di una situazione infinitamente migliore di quella della maggior parte dei lavoratori della sua età, o poco più giovani. Ovvero della situazione lavorativa della generazione attuale e di quelle prossime.
Esiste dunque un limite minimo - anche se differente dal punto di vista del "quanto" in base al luogo in cui si vive, ad esempio se in una grande città oppure in provincia - al di sotto del quale lavorare diventa controproducente. Ed è, come abbiamo visto, un ragionamento prettamente logico, numerico, pratico.
Volutamente non abbiamo affrontato in questa sede, ma lo faremo a breve, l'aspetto più prettamente emotivo e se vogliamo filosofico del concetto di lavoro. Ovvero, detto sinteticamente, il concetto di "senso" - direzione e significato - che il lavoro dovrebbe avere (rispetto a quello che la maggioranza delle persone fa e che invece, di senso, ne ha poco, in generale e per sé). Come detto torneremo sul punto prossimamente, per ora valga almeno una riflessione: svolgere un lavoro che impegna la maggior parte delle proprie giornate e percepire che tale lavoro non ha senso se non (e non sempre) nella misura unica del ritorno pratico, economico principalmente, equivale a dire che si sarà spesa la propria vita intera senza senso. Se questa considerazione valga poco o molto, ognuno può dire. In ogni caso, affronteremo il tema presto.
Tornando a noi, moltissimi tra i lavoratori attuali vivono proprio una situazione al limite, e molti sono direttamente al di sotto di tale limite: lavorano anche moltissimo senza riuscire a percepire uno stipendio in grado di garantirgli anche il minimo che un lavoro dovrebbe garantire. 
Semplice deduzione impone dunque una seconda domanda: perché si continua a perpetrare una situazione che, in modo evidente, non è in grado di risolvere la propria esistenza? La risposta è purtroppo brutalmente frustrante: la maggior parte di chi vive una storia del genere, pur rendendosi evidentemente conto della situazione nella quale versa, preferisce continuare a viverla piuttosto che anche solo ipotizzare la possibilità di imprimere un cambiamento radicale. Di più: molti vivono costantemente nella speranza illusoria che qualche cosa possa cambiare. Per quale motivo, vista la situazione, non è dato sapere.
È come essere una squadra di calcio che gioca una partita evidentemente truccata, in cui ogni minuto l'altra squadra segna dieci reti, e al momento il risultato è di 70 a 1, e però pensa ancora che siccome la palla è rotonda possa accadere qualcosa di non meglio precisato in grado di far invertire la tendenza e sperare almeno in un pareggio quando invece, chiaramente, l'unica cosa da fare sarebbe lasciare il campo in segno di protesta e andarsi a trovare una nuova partita, un nuovo campionato non truccato.
E invece no, malgrado tutto, si continua a stare alla macina. Malgrado l'evidenza si continua a disperdere tutti i giorni della propria vita per stare al gioco di chi non ha altro obiettivo di continuare a farci stare al (loro) tavolo da gioco.
Capire la situazione, rinunciare a credere all'impossibile, e decidere di imprimere un cambiamento alla sfera della propria vita, con tutto quello che questo comporta, naturalmente, è dunque un atto di ribellione. Che ovviamente non è per tutti, anche se, se fosse applicato da un numero elevato di persone e di popoli, sarebbe in grado di innescare ciò di cui ci sarebbe reale bisogno, ovvero una rivoluzione.
In ogni caso, posto che i dati sono questi, e la dimostrazione non è negoziabile, non è che si hanno poi molte altre scelte: o si continua a ignorare la realtà, oppure la si affronta, e se si ha coraggio, si scelgono altre strade. Per quanto inesplorate possano essere. Da una parte c'è una strada certa, e sappiamo senza possibilità di essere smentiti di che tipo è, cosa comporta, e molto probabilmente che non si modificherà, almeno nel corso della nostra vita. Dall'altro lato la possibilità, almeno la possibilità, di trovare altro. A ognuno la scelta, e ora. Non quando la vita sarà passata.

Valerio Lo Monaco


domenica 25 marzo 2012

IL GOVERNO MIGLIORE


"Accetto di tutto cuore l'affermazione, - "Il governo migliore è quello che governa meno", e vorrei vederla messa in pratica più rapidamente e sistematicamente. Se attuata, essa porta infine a quest'altra affermazione, alla quale pure credo, - "Il miglior governo è quello che non governa affatto", e quando gli uomini saranno pronti, sarà proprio quello il tipo di governo che avranno. Il governo è nell'ipotesi migliore solo un espediente; ma la maggior parte dei governi sono di solito espedienti inutili, e tutti i governi sono tali di quando in quando. Le obiezioni che sono state sollevate contro l'esistenza di un esercito permanente, ed esse sono molte, sono consistenti e meriterebbero di prevalere, potrebbero essere sollevate anche contro l'esistenza di un governo permanente. L'esercito permanente è solo un braccio del governo permanente. Il governo stesso, che è soltanto la forma nella quale il popolo ha scelto di esercitare la propria volontà, è allo stesso modo suscettibile di abusi e di deviazioni, prima ancora che il popolo possa agire mediante esso. 
... Dopo tutto, la ragione pratica per la quale, quando il potere è per una volta nelle mani del popolo, si permette ad una maggioranza di governare, e lo si fa per un lungo periodo ininterrotto, non sta nel fatto che la cosa più probabile è che essa sia nel giusto, né nel fatto che ciò sembra la cosa più equa alla minoranza, ma nel fatto che la maggioranza è fisicamente la più forte. Ma un governo nel quale la maggioranza comandi in tutti i casi non può essere basato sulla giustizia, neppure nei limiti nei quali gli uomini la intendono. Non può esistere un governo nel quale non siano le maggioranze a stabilire, virtualmente, il giusto e l'ingiusto, bensì la coscienza? - nel quale le maggioranze decidano soltanto le questioni alle quali sia possibile applicare la regola dell'opportunità? Deve il cittadino - anche se solo per un momento, od in minima parte - affidare sempre la propria coscienza al legislatore? Perché allora ogni uomo ha una coscienza? Io penso che dovremmo essere prima uomini, e poi cittadini. Non è desiderabile coltivare il rispetto della legge nella stessa misura nella quale si coltiva il giusto. Il solo obbligo che ho diritto di assumermi è quello di fare sempre ciò che ritengo giusto. Si dice abbastanza correttamente che una corporazione non abbia coscienza; ma una corporazione costituita da uomini di coscienza è una corporazione con una coscienza. La legge non ha mai reso gli uomini neppure poco più giusti; ed anzi, a causa del rispetto della legge, perfino gli onesti sono quotidianamente trasformati in agenti d'ingiustizia. Un risultato comune e naturale del non dovuto rispetto per la legge è il seguente, che potresti vedere una fila di soldati, colonnello, capitano, caporale, soldati semplici, trasportatori di esplosivi, tutti che marciano verso le guerre in bell'ordine, per monti e valli, contro la propria volontà, ahimè, contro il proprio buon senso e le proprie coscienze, cosa che rende la marcia molto faticosa, e che produce una palpitazione del cuore. Essi non hanno dubbi sul fatto d'essere coinvolti in un maledetto pasticcio; sono tutti uomini d'animo pacifico. E ora, cosa sono? Uomini? oppure fortini e depositi di armi ambulanti, al servizio di qualche potente senza scrupoli?"

TRATTO da Disobbedienza Civile di Henry David Thoreau 

VAL DI SUSA. E SE LE MOTIVAZIONI FOSSERO ALTRE?




Verita? Fantasticherie? Fate voi. 
Ma posso chiedervi, se non sono indiscreto,  sulla base di quali conoscenze valuterete se si tratta di verità o di fantasticherie?
Nulla è come sembra, viviamo con una consapevolezza ridotta al lumicino, non ci poniamo domande, non osserviamo, diamo tutto per scontato e tutto per conosciuto. Non ci stupiamo più, non assaporiamo più, non siamo capaci di autenticità e solidarietà. Pigri, cinici, ipnotizzati viviamo distrattamente vite da morti.
Ci accontentiamo del mondo irreale, limitato, fanciullesco e vacuo che il GRANDE CAST DELL'INTRATTENIMENTO ci impone diabolicamente di "vedere". Eppure siamo convinti che sia questa la vita e non ci sia altro.  Pure presuntuosi, alla fine 

Oggi va così. Domani chissà. Il peggio non ha un fondo. 

Elia Menta

L'ULTIMO BALUARDO (IN TEORIA)

PROPRIO VERO, LE AQUILE NON VOLANO A STORMI


Abstine substine (Astieniti, sopporta). 
Epittèto, filosofo greco

venerdì 23 marzo 2012

LA RISCOSSA DEI PERDENTI

Ebbene si, ammettiamolo: siamo spettatori distratti, ingenui, boccaloni, di un mondo da cui ci siamo fatti emarginare. Ce ne stiamo nelle nostre case, nei nostri uffici, laboratori, fabbriche (fino a che ce le lasceranno), schiacciati da mille e uno problemi e abbiamo lasciato che altri si occupassero della nostra vita, del nostro futuro, delle nostre speranze, dei nostri sogni. Abbiamo delegato ad altri di occuparsi di noi. Abbiamo delegato ad altri di dirci a COSA e COME dobbiamo pensare. Insomma, abbiamo perso come cittadini, come uomini, come genitori, come figli. Abbiamo perso su tutti i fronti. E abbiamo perso senza nemmeno l’onore delle armi, senza dignità. Ci siamo arresi stupidamente, gradualmente, pigramente.  Abbiamo permesso ad una manciata di inetti cialtroni senza cuore e senza Dio di manipolarci, dominarci, schiavizzarci come animali da allevamento e da macello, facendo si che trasformassero le nostre vite in contenitori vuoti e i nostri sogni in incubi.
Ma i perdenti ora hanno compreso. Ed è già iniziata la riscossa. C’è spazio per chiunque voglia unirsi a noi, per chiunque ha compreso che una società come questa è malata, per chiunque ha compreso che c’è un tempo per ogni cosa: c’è un tempo per dormire e un tempo per svegliarsi; c’è un tempo per l’ignoranza e un tempo per la conoscenza, c’è un tempo per vivere come bestie e  un tempo per ritrovare l’umanità; c’è un tempo per sopportare e un tempo per riscattarsi; c’è un tempo per la paura e un tempo per il coraggio; c’è un tempo per essere prigionieri e un tempo per essere liberi; c’è un tempo per delegare e un tempo per partecipare. E c’è un tempo per tacere e un tempo per far sentire la propria la voce.

E QUEL TEMPO E’ ORA.

Elia Menta
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PER *DIONISO*777*
Ti ho scritto una mail.
Un saluto

giovedì 22 marzo 2012

GRECIA: SPECCHIO DELL'ITALIA CHE VERRA'

Vangelis Konstantinou, 
rappresentante della Federazione Generale dei Lavoratori greci


Dimitris Karamitsas, presidente del Movimento Popolare greco


Kostas Droutsas, ex europarlamentare, 
presidente dell'Ente Consumatori di Macedonia

Testimonianze raccolte ad Atene l'11 e 12 marzo 2012 da Monia Benini e Nikos Klitsikas.


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Dalle interviste nascono almeno quattro conclusioni:
1.   Conferma della potenza di cui è capace la manipolazione operata attraverso i media;
2. Asservimento totale della politica al sistema e al potere bancario PRIVATO sovranazionale;
3.  Strapotere di organismi come la Ue, la commissione europea, la Bce, che ormai si sono sostituiti ai governi nazionali e che portano avanti con velocità impressionante strategie di furto di beni pubblici e privati, spingendosi oltre l'immaginabile;
4. Volontà di ridurre in miseria e schiavizzare, non solo finanziariamente, milioni di cittadini europei. 

Che fare? 
Organizzarci - organizzarci - organizzarci. E smettere di delegare, assumendoci ciascuno di noi la responsabilità di partecipare in prima persona.  Non c'è altra via se davvero vogliamo uscire dalla più grande trappola che menti umane (gravemente ammalate di onnipotenza) hanno finora tramato IN TUTTA LA LUNGA STORIA DELL'UMANITA'. Ma, al punto in cui siamo, è inutile lanciare ulteriori appelli. 
Ciascuno si regoli come meglio in cuor suo crede. 

AZF 

mercoledì 21 marzo 2012

SICILIA: LA COLONIZZAZIONE MILITARE HA UN PREZZO?

DA STATO DI DIRITTO A STATO DI PROFITTO

Il gioco d'azzardo cresce in modo esponenziale, senza alcun freno legislativo. Sale gioco ad ogni crocevia, slot machine ovunque, e attraverso il computer potete scommettere comodamente anche da casa su tutto e tutti. Senza controlli, senza limiti. In una società che sovrasta ogni cosa, che ti toglie 3 punti se non hai la cintura di sicurezza, che proibisce la pubblicità alle sigarette, vietate ovunque, potete distruggervi con le macchinette e le altre diavolerie in nome del PIL e dell'Erario, beneficiario di una percentuale consistente della servitù creata da abili imprenditori senza scrupoli.
Questa società edonistica e senza morale ci sta trasformando in tanti meccanismi di un ingranaggio infernale con 3 comandi sequenziali: consumare, produrre, ubbidire.
Lo scarica barile della politica: i sindaci che rilasciano le concessioni danno la colpa alla Regione, la Regione allo Stato, lo Stato all'Europa.
Ma chi li manda a Strasburgo quelli che governano il nostro continente? Gli elettori, nessun altro. Siamo noi cittadini che abbiamo diritto a stabilire le regole. In Europa come a Roma, a Roma come a Trieste, a Trieste come nel vostro comune.
E visto che la politica non provvede, chiedo a tutti voi di farvi cittadini consapevoli, perciò attivi e contrastare questo gioco al massacro. 
In allegato c'è un volantino che potete stampare e diffondere in formato A4 o A3 e/o girare ai vostri contatti via internet. Ma se volete, via e-mail o via telefono, vi spedisco gratuitamente a casa il manifesto cm 35x40 che potrete appendere nelle scuole, nei negozi, ovunque lo riteniate utile per fermare questa spirale di follia che sta travolgendo tutti, soprattutto i più deboli: pensionati, disoccupati, ragazzi.
Noi possiamo.

Renato Garibaldi
loc. Museis
33020 Cercivento UD




L'ACQUA - LA VITA - LA STUPIDITA' UMANA


EUROSCHIAVI: ANCORA PIU' CHIARO, ANCORA PIU' COMPLETO, ANCORA PIU' URGENTE

Dopo 10 anni dall'introduzione dell'Euro, 
l'Italia è sempre più povera .
Da cosa dipende il buco nero che sta divorando molte economie?
Esiste una soluzione all'incombente disastro socio-economico? 
Euroschiavi svela i segreti e i meccanismi di questo sistema di potere
e indica come porre fine legalmente a questo saccheggio.

EUROSCHIAVI
 4ª Edizione Ampliata e Aggiornata
è finalmente disponibile. 
Marco Della Luna, Antonio Miclavez
con il contributo di Antonio Galloni

Euroschiavi
Edizione Ampliata e Aggiornata
Dalla Truffa alla Tragedia
Signoraggio, debito pubblico e banche centrali
(Pagg. 456 - € 10,96)

L'Italia è sempre più povera a causa di un debito pubblico in continuo aumento che comporta un'elevata pressione fiscale. 

Il debito pubblico è un'invenzione costruita da politici e banchieri al fine di arricchire gli azionisti privati della Banca Centrale italiana e europea. 


In passato, le banche che emettevano denaro lo garantivano con la copertura aurea, si impegnavano a convertire le banconote in oro e sostenevano un costo di emissione. 

Oggi, le monete non sono coperte da riserve di oro, non sono convertibili e il loro costo di emissione è praticamente zero, ma il guadagno di chi le emette, ossia il signoraggio, è del 100% del valore nominale. 

Quando lo Stato domanda soldi alla Banca Centrale paga il costo del valore nominale (e non il solo costo tipografico) con titoli del debito pubblico, ossia impegnandosi a riscuotere crescenti tasse dai cittadini e dalle imprese. 

Tutto ciò avviene attraverso la Banca Centrale Europea, un mostro giuridico creato dal Trattato di Maastricht, esente da ogni controllo democratico come un vero e proprio Stato sovrano, posto al disopra delle parti. 

Euroschiavi svela i segreti e i meccanismi di questo sistema di potere che si è eretto e mantenuto sul fatto di essere ignorato dalla gente, soprattutto dai lavoratori, dai risparmiatori e dai contribuenti, e indica come porre fine legalmente a questo saccheggio. 

Il libro è di facile comprensione sia per chi si interessa di politica e finanza sia per il lettore non specialista. 

Euroschiavi offre un'impressionante documentazione delle modalità con cui il moderno Signore (le Banche Centrali) ha costruito un sistema di potere e di leggi che pone al suo servizio lo Stato, il fisco, la Pubblica Amministrazione e tutti noi. 

La Costituzione italiana, quella europea, i trattati, le leggi, sono manipolati o disattesi per occultare i traffici e gli interessi dei grandi banchieri propriet ari delle Banche Centrali che si arricchiscono sulla pelle dei popoli.

Da tutto ciò, il buco nero che sta divorando le economie che usano moneta-debito. 
Ma anche una possibilità di soluzione pratica.....


INDICE
Prefazione ragionata alla quarta edizione
Introduzione a una soluzione
Introduzione
Come è nato questo libro e di che cosa tratta

Concetti fondamentali
Che cos’è lo Stato?
Lo Stato è al servizio del popolo?
Il mercato è libero ed equilibrato?
Che tendenze prevalgono in tali mercati?
Che cos’è il valore di scambio?
Che cos’è il denaro?
Proprietà e funzioni del denaro
Il denaro come motivatore universale
La liberazione
Il signoraggio si può toccare?

Le Banche Centrali di Emissione
Che cosa sono le Banche Centrali di Emissione?
Banche Centrali e democrazia
Guerra, banche e governance globale

Banche e sovranità
I “segreti” della Banca d’Italia
2006: golpe sulla sovranità monetaria?
La questione della proprietà della moneta al momento della sua emissione
Bilanci falsi per legge?
Un risparmio fiscale “contro natura” dei partecipanti della Banca d’Italia?
Una rassicurante menzogna
Signoraggio primario e signoraggio secondario: rapporto di 1 a 9
Il debito infinito e il regno dell’usura
Che cos’è la sovranità monetaria?
Conseguenze del debito infinito
Maastricht e il SEBC (Sistema europeo delle Banche Centrali): il golpe monetario
Segreti e contraddizioni delle Banche Centrali
Chi sono i proprietari delle Banche Centrali?
Dove vanno a finire i guadagni del signoraggio?

Debito pubblico e signoraggio bancario
Che cos’è il debito pubblico? E il deficit di bilancio?
Principali cause del debito pubblico italiano
Moneta-debito contro moneta-credito: un diffuso malinteso
Tasse: pagare tutti, pagare meno?
La demonetizzazione pianificata del mercato
Il fine generale della strategia bancaria
Dal signoraggio privato al corporate takeover
Monopolio monetario: un male innominabile
Monetizzare il mercato
Riformatori assassinati
Indebita et impera

Disinformazione e controinformazione
Dèi, soldi e la “cospirazione bancaria mondiale”
Marx e Lenin scrivono, ma i “comunisti” nostrani tacciono
Replica ai negazionisti
L’Albero del Credito e del Debito
Mutui fantasma e giudici nella nebbia
Salvezza dal signoraggio mediante riforma contabile
L’Anatocismo (Contributo della dottoressa Giovanna De’ Manzano)
Costi e guerre delle banche

Progetti di riforma monetaria
Fazio e la Riforma della Banca d’Italia
Il paradosso della sovranità occultata
Progetti conflittuali
Progetti non conflittuali
La moneta a tasso negativo

Rivolgersi ai giudici per rivendicare la sovranità
Ipotesi di reato
La denuncia del partito “No euro”
Azioni civili per la sovranità monetaria
Glossario minimo
Appendice
Salvation Island
Bankenstein: voglio tutto il pianeta più il 5%!
Bibliografia
Siti interessati
Gli autori

Marco Della Luna, avvocato e saggista, studioso di politica economica, è un noto conferenziere, partecipa spesso a trasmissioni televisive e radiofoniche, e a importanti eventi a livello nazionale. Per il Gruppo Editoriale Macro ha pubblicato anche i saggi Neuroschiavi e Basta con questa Italia


Antonio Miclavez, medico, imprenditore e docente universitario. Autore di numerosi articoli scientifici e divulgativi, soprattutto sul business farmaceutico, con il Gruppo Editoriale Macro ha pubblicato Euflazione.

DA LEGGERE E DIVULGARE

domenica 18 marzo 2012

EQUITALIA, LA MULTA E' ILLEGALE


Gli interessi del 10 per cento applicati sulle contravvenzioni rendono nulle le cartelle in cui viene chiesto di pagare le vecchie contravvenzioni. Lo stabilisce una sentenza della Cassazione. Che fino a oggi è stata bellamente ignorata. C'è una sentenza, datata febbraio 2007, che potrebbe annullare le sanzioni di migliaia di cartelle di Equitalia. Una sentenza della Corte di Cassazione per anni introvabile anche nei database giuridici più forniti. Una pronuncia che, almeno sulla carta, segna un piccolo gol a favore dei debitori del fisco, dichiarando "illegittime" le sanzioni che la società di riscossione applica sulle multe e sulle ammende amministrative. A partire dalle infrazioni del codice della strada. 

Per cinque anni, da quando cioè la Cassazione s'è pronunciata, nessuno ne ha mai sentito parlare. Fino a quando un avvocato di Bari, Vito Franco, ha deciso di andare in fondo alla vicenda. Abbonato a una delle più prestigiose banche dati giuridiche private d'Italia si mette a dare la caccia alla sentenza fantasma. Eppure anche negli archivi telematici per i professionisti non trova alcun riscontro. 

Quel pronunciamento fantasma sembra non esistere. La ricerca si trasferisce online, fra siti, blog giuridici, forum di discussione fra fiscalisti. Anche qui niente. L'unica soluzione è andare a Roma e spulciare negli archivi cartacei della Suprema Corte. E così, si mette a scartabellare fra mucchi di carte alti come armadi. E alla fine ecco che spunta la sentenza annulla-sanzioni. E' stata depositata in Cassazione il 16 luglio 2007. Porta il numero di protocollo 3701. E parla chiaro: gli interessi del 10 per cento semestrale applicati da Equitalia sono illegittimi.

Una pretesa del fisco, insomma, che i giudici contestano, spiegando che non è diritto dello Stato incassare quella specie di tassa sulle multe. Eppure, anche di fronte a una decisione del genere, dal 2007 a oggi Equitalia ha continuato ad applicare il rincaro: "Non è cambiato nulla. Le maggiorazioni continuano a essere presenti in tutte le cartelle relative alle sanzioni amministrative", spiega l'avvocato Franco. Proprio come risulta da centinaia di cartelle esattoriali. Gli esempi possono essere molti. Una, ad esempio, chiede la riscossione di 13.561 euro per un cumulo di multe non pagate.  

Ecco che nel conto di Equitalia ben 3.292 euro di maggiorazioni, secondo la sentenza della Cassazione, sarebbero "illegittime". Un caso molto diffuso, visto che gli automobilisti in debito con il fisco sono una percentuale piuttosto alta dei "clienti" di Equitalia: "A occhio e croce potrebbero rappresentare il 30 per cento delle cartelle emesse", spiega il legale, che fa da consulente anche a un'associazione di tutela dei consumatori, l'Assdac di Bari, che negli ultimi anni ha presentato oltre 3.500 ricorsi. 

A fare due conti le sanzioni "irregolari" creano maggiorazioni di milioni di euro, soldi che non sarebbero dovuti, secondo la Cassazione. Che sul "no" alla sovrattassa del 10 per cento parla chiaro: in caso di ritardo nel pagamento della sanzione, va applicata "l'iscrizione a ruolo della sola metà del massimo edittale e non anche degli aumenti semestrali del 10 per cento. Aumenti, pertanto, correttamente ritenuti non applicabili". 

Articolo di Peter D'Angelo – Dal settimanale L'ESPRESSO

N€UROSCHIAVI (E BARNARD E MMT)

Qualcuno spieghi a Paolo Barnard che siamo in guerra da prima che lui si svegliasse, buttato giù dal letto dalla Gabanelli, la stessa che vorrebbe eliminare il contante per combattere le mafie e l’evasione fiscale (delirio). Quella che dichiara che lei non parla di signoraggio in TV perché la gente non capirebbe (ridicolo). Nella guerra che vede schierato anche Barnard, ora che si è svegliato ed informato, da un lato c’è la piramide usurocratica, con le elite tecno-finanziarie che dettano le regole e le impongono, grazie alla servitù politica, giornalistica ed “intellettuale”.
Dietro la maschera dei banchieri, vi è il démone Usur, assetato di sangue, che si nutre della cupa mestizia che ci viene trasmessa attraverso il mantra mefistofelico della crisi. Dall’altra parte è tutto da costruire il fronte avverso, attualmente costituito da un galassia infinita di piccoli movimenti o singole persone, poco o per niente collegati tra loro. Nulla che possa essere definito "esercito", ma nemmeno “movimento”, non avendo né la consapevolezza né la lucidità del fronte avverso. Di tutti loro così messi, di tutti noi, il nostro nemico ride, perchè in realtà noi non esistiamo. Per sconfiggere il nemico, o almeno per battersi con lui, bisogna risalire al suo principio primo. Capire qual è la sua origine ed il suo fine. Saper riconoscere i suoi servitori, le sue spie, i suoi alleati. Ed infine costituire una forza da contrapporgli. Per la nostra causa e la nostra parte sarà gradito il contributo di chiunque sia in buona fede, non abbia interessi personali legati al mondo usurocratico, e sia disposto a correre qualche rischio serio. Perché se la guerra è tale bisogna mettere in preventivo i pedaggi che essa da sempre richiede. Ci vorrà un'elite del pensiero e dell’analisi tattica, dei soldati dell’idea, degli alleati. Per far parte della classe dirigente rivoluzionaria non sarà inutile, assieme ad altre qualità, avere un buon curriculum.
Certo qualcuno si sarà svegliato tardi, dopo lunghe dormite, e noi non gliene faremo una colpa. A patto che non pretenda di spiegarci tutto quello che noi sappiamo e scriviamo da anni e che, per inciso, non costituisce il maggior problema del fronte opposto alle armate di Usur. A patto che si abbandoni lo stile profetico e messianico di portatore del verbo. Oggi la difficoltà maggiore risiede nel coagulare le forze divise, dargli dignità intellettuale e militante, aumentarne la capacità detonante fino al punto di essere in grado di dichiarare guerra al nemico, e possibilmente sconfiggerlo. La pretesa di Barnard di incarnare l’inizio della consapevolezza, di datare l’anno "uno" dell’era ribelle, è fonte di ulteriore polemica sterile ed è utile solo per creare deleterie frammentazioni; segno evidente del solito vezzo ipertrofico di chi è concentrato su se stesso piuttosto che sulla guerra che dice di voler combattere. Amore di sè che forse costituisce il motivo per il quale ha dormito a lungo, e ciò nonostante oggi non è disposto, per principio, ad ascoltare nessun’altra opinione. Si ricordi che di lui nessuno sapeva nulla fino al suo litigio con la Gabanelli, questione veramente di poco conto, visto che solo Barnard non si era ancora reso conto dell'impossibilità di fare informazione libera in Rai. Comunque, la storia oggettivamente non riguardava l’esproprio della sovranità monetaria e le altre libertà sottratte, delle quali Barnard sembrava non sapere nulla.

Spremuto il limone della polemica con Rai 3, e resosi conto che non poteva portarla troppo per le lunghe, vista l’inconsistenza degli avvenimenti, un giorno Barnard ci spiegò che stava studiando la questione monetaria (ben arrivato, la vita inizia a quarant’anni), e che le teorie dei “signoraggisti” classici non lo convincevano. Tanto che, sottoposte a dei docenti universitari americani, aveva visto condiviso il proprio scetticismo, grazie al quale, di lì a breve, attraverso una dura formazione culturale, sarebbe arrivato alle attuali determinazioni: il debito è (sarebbe) una ricchezza, il problema è disporre della “moneta sovrana”, anche se ottenuta da una banca privata. Teorie più complesse di quanto qui si riassume, che hanno peraltro un certo spessore se non altro sotto il profilo accademico, ma che, evidentemente, divergono da quelle di chi sostiene che le questioni essenziali siano il danaro creato dal debito (o insieme al debito) e la mancata nazionalizzazione delle banche centrali.
Ora, senza entrare nel merito tecnico, appare evidente la natura psichica e non certo rivoluzionaria dell’idea di chiamare Auriti, Galloni, Tarquini, Della Luna, Pascucci, Saba, “signoraggisti”, con tono sbrigativo e liquidante, e pretendere di congedarli dal centro delle attenzioni di coloro i quali da decenni -e non per un licenziamento ingiustificato, ma per scelta ideale- militano sul fronte anti-usurocratico, formandosi ed informandosi con questi ed altri autori che mi scuso per non aver citato. Naturalmente lo spostamento dal centro dei vecchi “teorici” è stato subito equilibrato dal suo personale autoposizionamento. Il centro vuole occuparlo lui. Oramai si sente l’unico detentore di verità ed incede con un inquietante misto di aggressività e messianesimo. Parla di “salvataggio della democrazia”: evidentemente sonnecchia ancora, anche perché non ci spiega quando è finita (semmai è esistita) la democrazia e quando è iniziata la dittatura bancaria. E’ ovvio che nessuno vuol costringere Barnard ad aderire alle idee di quelli che “all’ingrosso” ed in un solo pacco lui definisce “signoraggisti”. E non è detto che i suoi studi non abbiano aggiunto alcune verità a quelle già conosciute. Quello che appare di origine dubbia è appunto la volontà di volersi imporre al centro dell’agone con l’aura di chi è sceso dal cielo, ed invece è tristemente solo caduto dal letto. La postura da oracolo si accompagna ad un atteggiamento scomposto ed alterato, che non trasmette solennità ma soltanto nervosismo, forse determinato dal fatto che per Barnard l’acquisizione delle terribili verità che vengono tenute nascoste ai più è particolarmente recente.
Certo che appare forzata, improbabile, non credibile, una lotta così determinata che non abbia delle radici e delle origini. Una storia personale, senza maestri e nemmeno ispiratori, tranne la solita ed un po’ provinciale storiella dei professori americani. Dimenticando che senza gli studi e gli scritti tanto disprezzati, forse il problema della sovranità monetaria non se lo sarebbe neanche posto. Non ho capito ancora quale sarebbe la novità proposta dal MMT americano, pur avendo letto tutti i documenti citati da Barnard, compresi i suoi voluminosi scritti ed interventi. La teorizzata utilizzazione del debito come “opportunità” non mi convince. Resto dell’opinione che la creazione della moneta debba essere una prerogativa degli Stati e delle entità istituzionali e politiche, quindi popolari. Non capisco perché Barnard e il MMT si ostinino a trascurare questo principio che, se eluso, vede legittimata la facoltà di emettere danaro da parte di entità private, soggette a dinamiche di interessi che divergono da quelle dei popoli. Ma al di là delle diversità teoriche, a chi giova la scomposta agitazione mostrata da Barnard, tanto protagonismo, tanto evidente narcisismo? Al demone Usur o a chi lo combatte? Risposta ovvia. Eppure, altrettanto ovviamente, abbiamo bisogno di tutti, Barnard incluso, per rovesciare i rapporti di forza. Per questo gli consiglio di leggere, più che “Euroschiavi", un altro libro, forse ancor più interessante e sottile, di Marco Della Luna, che si intitola “Neuroschiavi”.
Qualcuno dovrà dare delle piccole spiegazioni anche ad Alfonso Marra, il quale è intelligente fino alla genialità, come ci narra Pietrangelo Buttafuoco. Quindi capirà tutto al volo, e subito dopo ce lo rispiegherà ancor più chiaramente. Bisogna dirgli una cosa semplice: siamo in guerra e la guerra è una cosa seria. Come tutte le cose serie prevede che alla sostanza si accompagnino delle forme adeguate. La prassi delle battaglie ideali ha una propria liturgia. Essa impone alle parti contendenti di distinguersi per coraggio ed onore, accompagnati dalladignitas di chi si sacrifica. Non parlo della freddezza da rettili alla maniera di Draghi o Monti, ci mancherebbe. Nel mondo che essi rappresentano certi valori non esistono. D’altronde il dèmone Usur, che loro servono e temono allo stesso tempo, non è certo una divinità del Cielo sidereo, dal quale discende ogni bellezza, inclusa l’attitudine alle forme composte ed eleganti. Mi riferisco al contegno ed allo stile che la nostra parte “in fieri” dovrebbe portare con sé quale segno di distinzione.
La scelta di diffondere, nell’opinione generale, l’abbinamento tra le nudità di Sara Tommasi e la lotta contro le banche, appare sacrilega, o, se si vuole, semplicemente penosa, oltre che controproducente. A nulla varrà evocare la mitica esigenza di visibilità. Le idee viaggiano più velocemente di quanto si creda, non è necessario affidarle al clamore legato ai banali richiami del nudo. Al contrario di quanto sperato, l’effetto che personalmente verifichiamo ogni giorno è quello dello svilimento del tema. Noi che da anni sveliamo a chiunque l’inganno del signoraggio, negli ultimi tempi spesso ci siamo sentiti dire: “ma cos’è, la cosa di quella che ha fatto vedere il culo vicino al bancomat?” ed altre cose simili. Svilimento, parodia, banalizzazione e volgarizzazione non giustificano nessun maggior contatto, illusione numerica che poggia le sue basi sul terreno preferito del nemico: la materia. La speranza che un seno od un culo possano giovare alla causa rivoluzionaria del fronte anti-usurocratico appare vana ed illusoria.
Non ci sono noti gli orizzonti ideali di Marra, al di là della comune battaglia contro ogni forma di signoraggio e per la sovranità monetaria popolare. Per quanto ci riguarda, la parte formale, ovvero estetica, lo stile ed il portamento, che dovranno caratterizzare le forze che combattono Usur, dovranno essere coerenti con il mondo che sogniamo, quello che sostituirà la civiltà radioattiva e cancerogena delle dittature bancarie. Perché noi siamo certi che, così facendo, si potrà persino perdere; ma perdere tutto tranne l’onore sarà possibile solo per coloro i quali l’onore l’avranno preservato prima, durante ed anche dopo l’ultima battaglia. Non si tratta di moralismo, è ben altro. Il moralismo è uno stato mentale borghese, appartiene alle proiezioni psichiche del mondo che combattiamo. Si chiama dignitas, una antica virtù cara ai romani.

Marco Francesco De Marco