lunedì 5 maggio 2014

MARCIA PER LA VITA: AMMENDA PUBBLICA



Come singoli membri di Radio Spada e come cattolici romani, abbiamo ritenuto necessario, per sgravio della nostra coscienza e per rendere testimonianza alla Verità Cattolica tutta intera, pubblicare questa nota che riguarda la nostra personale valutazione in merito alla “Marcia per la vita” del 4 maggio 2014 in Roma.

In tempi di apostasia, la Religione si sfalda e si edulcora in fideismo o, invece, si conferma più forte. In tempi d’immoralità, l'etica si decompone e si scinde in diverse morali o, invece, si conferma integralmente. In tempi di confusione, Dottrina e Morale divorziano suicidandosi o, invece, ritrovano la pienezza dell'unione. In epoca laicista, ecumenica e aconfessionale (generata o alimentata dal “Concilio vaticano secondo”) o si marcia in massa a vele spiegate o, invece, si sceglie la verità del vento contrario. Ecco che, nella migliore deriva hegeliana, ai cattosinistri toccò inventarsi le marce per la “pace”, assolutizzando in questa “pace”, dottrina e morale in chiave acattolica e immanente: non era più la Pace del Vangelo, ma quella del mondo, effimera e falsa. Marce aperte ad atei e anticlericali, col bastevole equivoco pacifista come luogo comune, anzi come luogocomunismo. Cosa inventò il destino postcattolico a mo’ di bilancio per i cattodestri? Le marce per la Vita, laddove la Vita di per sé viene assolutizzata nell'immanenza, eludendo l'integrale visione evangelica per cui essa è dono e non fine a se stesso. Marce aperte a chiunque di qualsiasi credo o 'non credo', basta che vi sia la "vita" come valore minimo comune ma generalmente nella fase embrionale o terminale. In realtà non vi è vera Pace senza Cristo, né vera Vita senza Colui che è la Vita stessa. Cogliere solo un punto e farne un assoluto, estrapolare un aspetto minimizzando il Discorso integrale è tecnicamente 'eresia', quantomeno dall'etimo ellenico. Pertanto, la Pace si riduce a pretesa isterica e infantile di un mondo senza conflitti: il pacifista dimentica la Pace della propria anima con Dio, base della vera Pace; la Vita si riduce alla dimensione naturale da difendere sempre, dimenticando la liceità della pena di morte e la meravigliosa scelta del martirio. I cattosinistri sono l'ala progressista del postconcilio e glissano sul vizio di lussuria e su aborto ed eutanasia, laddove l'ala conservatrice glissa sull'avarizia in economia e sbadiglia sulla soppressione delle vite, infantili o adulte, nelle azioni militari omicide e devastatrici dell'Occidente. Entrambi divisi e in lotta interna tra visioni complessive, interessi e personalismi. Né gli uni né gli altri vogliono etichette "confessionali", in questo mostrandosi come frutto pienamente realizzato della “rivoluzione conciliare”.

Compiuti questi rilievi generali, in forma di pubblica ammenda e porgendo le nostre scuse a coloro che involontariamente avessimo scandalizzato, aggiungiamo:

Ritiriamo la nostra personale adesione, pur tra mille riserve, alla Marcia per la Vita e a quelle negli anni a venire, se non vi saranno mutazioni sostanziali e radicali, sia nella personalità dei suoi organizzatori, sia nei princìpi che la informano, sia nelle modalità della sua realizzazione.
Dichiariamo che nel “parlamento conciliare”, oggi presieduto in modo particolarmente pittoresco (ma non sostanzialmente dissimile dai suoi immediati predecessori) da Jorge Mario Bergoglio, noi non possiamo sedere e, nello specifico, alle iniziative aconfessionali o multi-confessionali generate naturalmente da gruppi legati al sopraddetto “parlamento”, noi non possiamo in alcun modo aderire. La presenza del cattolicesimo integrale ne risulterebbe oscurata, adulterata, invariabilmente perduta e vanificata.
Rigettiamo l’artefatto dogma che vorrebbe ridurre l’attuale crisi della Chiesa a una crisi di comportamenti, di abusi che diventano consuetudine, di permessi temporanei che diventano norma: la crisi nella Chiesa è crisi verticale e abissale di dottrina, crisi di contenuti adulterati, “inseriti” in maniera ingannevole e forzata nel deposito della Fede, contenuti che diventano legge, prassi, sacramenti, vita e spiritualità dei singoli e delle associazioni. Contenuti che trasformano spesso i battezzati in “errori dottrinali che camminano su due gambe”.
Rigettiamo l’idea che sia tempo di “unioni sacre” aconfessionali o multi-confessionali in difesa del diritto naturale: non sarà con iniziative confuse e generiche, con un attivismo indiscriminato, frutto di un laicato autonomo, autocefalo e auto-promozionale e dalla dubbia teologia, che si ristabilirà la società cristiana.
Rigettiamo da ultimo l’idea che questa restaurazione della Regalità sociale di Cristo debba avvenire “dal basso”, quasi prescindendo dalla Chiesa, dalla sua struttura gerarchica, istituita direttamente da Cristo stesso, dai contenuti di Fede da essa veicolata. Solo attraverso una piena e reale restaurazione dell’Autorità cattolica, che animi, controlli e sostanzi l’azione del cattolicesimo militante nella società cattolica, sarà possibile impegnarsi su vasta scala per tutte le battaglie connesse con la difesa del diritto divino, in primis, e del diritto naturale.
In Christo Rege

Piergiorgio Seveso
Pietro Ferrari
Carlo Di Pietro
Stefano Andreozzi
Pierfrancesco Palmisano
Luca Fumagalli
Alessandro Della Rosa
Marina Inglese



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