martedì 23 agosto 2011

Commozione. Ma anche tanta sete di giustizia e verità

Proclamato il lutto cittadino, negozi con serrande abbassate, chiesa madre piena a tal punto da rendere impossibile stiparvi anche un solo spillo, centinaia di persone, di ogni età, accalcate alle porte della chiesa, nelle strade adiacenti, nei vicoli, in piazza. Ieri, Buonabitacolo, ha vissuto uno dei giorni più commoventi della sua storia recente. Un'intero paese, ogni attività, gioco, divertimento, fermi, sospesi. Si è vista gente arrivare da ogni dove, paesi limitrofi compresi. Sul viso di tutti, giovani, anziani, donne, si poteva leggere  la commozione,  la voglia di esserci, il bisogno di testimoniare con la propria presenza un dolore che ha scosso profondamente l'intero paese. Un giorno importante, un giorno di solidarietà, di raccoglimento, di preghiera, di lutto.
I funerali di Massimo Casalnuovo, sono stati speciali, speciali anche per la loro durata. Una cerimonia lunga e toccante, motivata forse dalla consapevolezza che, a volte, si avverte la necessità di usare molte parole per tentare di descrivere, tradurre, i più elevati sentimenti dell'animo umano, pur sapendo che essi trovano (solo) nella possibilità di manifestarsi la loro massima, reale, espressione. Non tutti posseggono capacità dialettiche, capacità di usare belle parole commoventi, parole toccanti, e allora esprimono i propri sentimenti con gesti spontanei, genuini, che valgono più di mille parole. Ed è infatti questo il modo in cui la gente semplice esprime, solitamente, i propri sentimenti profondi. Come spiegare altrimenti l'interminabile applauso che ha accolto la bara bianca quando, a cerimonia ultimata, è stata trasportata in spalla all'esterno della chiesa?

Un'intero paese che si ferma, partecipa, si commuove. E si ferma, partecipa, si commuove nelle dimensioni che ho provato a descrivere. Ma a questo punto bisogna porsi delle domande. Delle domande semplici ma tremendamente importanti. E' stata solo commozione per la perdita di una giovane vita? E' stata solo commozione per la prematura scomparsa di un ragazzo unanimemente definito “d'oro, speciale, amato e apprezzato da tutti, lavoratore, tranquillo, serenamente schivo”? Certamente le tante qualità possedute da Massimo hanno avuto un peso notevole, inutile negarlo. Ma spiegano da sole le dimensioni della partecipazione e della commozione? Buonabitacolo, così come tante altre comunità, negli anni, è stato toccato, scosso, da molte tragedie. Perchè in questo caso il sindaco ha proclamato il lutto cittadino? Forse, e ripeto forse, c'è dell'altro. E questo altro si chiama sete di Giustizia e Verità. Molti in paese sanno come si è realmente svolto “l'incidente”, sanno cosa è realmente accaduto. Sanno che legalità non significa solo ”indossare il casco e non sfogare la rabbia con la violenza” come, nel corso dell'omelia, ha detto Don Antonio. Legalità è “rispetto delle regole” e il rispetto delle regole non può essere a senso unico. Chi più dei tutori della legge deve dare il buon esempio?
Legalità significa anche non abusare dell'autorità conferita dal ruolo, non indossare i panni da “sceriffo”, non fermare gli scooter tagliando loro – pericolosamente - la strada con l'auto di servizio. Legalità significa non picchiare i ragazzi.
Ecco, queste cose in paese sono note. Come, e lo ripeto, sono noti molti fatti inerenti la dinamica “dell'incidente”, la omessa chiamata dell'ambulanza, le parole sprezzanti pronunciate dal maresciallo mentre Massimo era già agonizzante. Possono essere queste le motivazioni che spiegano l'esplosione di rabbia nel momento in cui si era diffusa la notizia che Massimo era morto?
Legalità, dunque, ma da parte di tutti. Discorsi diversi non sono accettabili, da chiunque essi provengano.
Il sindaco, Beniamino Curcio (al quale oggi ho richiesto un'intervista filmata) ha sentito il bisogno di sollecitare i cittadini a parlare:”Chi sa qualcosa parli”, ha ieri invocato. E questo, cosa vuol dire? Vuol dire che qualcuno sa e non parla? Vuol dire che c'è Omertà? Se c'è omertà essa nasce, e lo sappiamo, solo dalla paura. L'omertà è figlia della paura. Paura di cosa? Pare che qualche testimone oculare “dell'incidente”, in privato abbia fornito la versione dei fatti così come da noi raccontata, ma che poi non abbia confermato la stessa versione quando è stato intervistato dai giornalisti.
Partecipazione e commozione, dicevamo. Certo partecipazione e commozione. Ma anche tanta, tanta sete di giustizia e verità. Quella verità e giustizia che vogliono i cittadini di Buonabitcolo ed è ciò che vogliono gli oltre centocinquanta ragazzi che hanno spontaneamente dato vita al comitato “Giustizia e Verità per Massimo”.
Ed è ciò che auspica chiunque ami – davvero – la legalità.
Quella vera, non quella fatta di luoghi comuni e di belle parole.

Elia Menta


AGGIORNAMENTO 
Il sindaco, al quale avevo richiesto un'intervista filmata e che in un primo momento sembrava essere disponibile, non si è fatto più sentire.


AGGIORNAMENTO DEL 26 AGOSTO
"Il nemico spesso marcia alla nostra testa" (Bertold Brecht).
Il caso di Massimo Casalnuovo rischia - seriamente - di essere strumentalizzato da chi intende "cavalcarlo" per ottenere una propria personale visibilità, creare consenso intorno a se, fare proseliti. 
Non solo. Ma rischia di essere strumentalizzato anche dai professionisti dello sciacallaggio.
A coloro che amano la verità e la giustizia, non resta che vigilare contro gli opportunisti e gli sciacalli.


AGGIORNAMENTO DEL 28 AGOSTO
A proposito di giustizia
"Ho fiducia nella giustizia". 
Un mantra uscito migliaia di volte dalle bocche dei politici inquisiti (a telecamere accese, beninteso, perché a telecamere spente la musica cambia, eccome se cambia). 
Fiducia nella giustizia, qui in Italia? I politici sanno benissimo che la giustizia in Italia non funziona. Sanno benissimo che in un paese che ha consegnato alla criminalità organizzata (mafia, camorra, ndrangheta) quattro regioni meridionali,  in un paese in cui mafie e politica sono colluse, complici, conniventi, parlare di giustizia è pura ipocrisia. Per non parlare della lungaggine dei processi, del numero di reati che rimangono impuniti (omicidi, truffe, furti solo per citarne alcuni), della non certezza della pena, e via dicendo. (I numeri della "giustizia" italiana si possono facilmente trovare anche su internet e non bisogna essere certo dei geni per fare due più due).  Ma, come scriveva Gustav Le Bon nel suo Psicologia delle folle, è sufficiente ripetere una bugia più volte, con convinzione, senza portare alcuna prova di quanto si afferma, ed essa contagerà le masse (e gli stolti) fino ad imporsi come verità. 
Ripetere, ripetere, ripetere, senza argomentare, senza portare prove, semplicemente ripetere uno slogan, meglio se a forti contenuti emotivi o di buonismo, ed esso attecchirà e troverà sempre qualcuno pronto a sposarlo come verità assoluta. Afferma ripeti e contagia, ma non motivare mai razionalmente le tue affermazioni. E' questa la tecnica, ed è una tecnica ben conosciuta anche da Hitler e Mussolini (pare che entrambi possedessero una copia del libro di Le Bon e che lo consultassero piuttosto spesso).

L’Italia ricopre il 151esimo posto nella classifica internazionale sull’efficienza dei sistemi di giustizia del mondo. “Non possiamo andare avanti così. Il sistema giustizia in Italia è peggiore di quello di molti altri paesi africani come l’Angola, il Gabon, la Guinea e il São Tomé” ha detto Vincenzo Carbone, primo presidente della Cassazione.

E' questa la nostra "giustizia". Checché ne dicano i megafoni benpensanti. 
E allora, cosa fare? Averne consapevolezza e dunque organizzarsi e vigilare. 

Elia Menta

1 commento:

  1. Per una prova di funzionamento provate a POSTARE (pubblicare)UN COMMENTO

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