sabato 10 agosto 2013

LA CAUSA E LA MATERIA



I nostri Stoici, ti è ben noto, sostengono che in natura ci sono due elementi da cui deriva tutto, la causa e la materia. La materia giace inerte, una cosa pronta a ogni trasformazione, ma destinata alla stasi se nessuno la muove; la causa, invece, cioè la ragione, plasma la materia, la modifica come vuole e ne ricava opere diverse. Deve esserci quindi un elemento di cui una cosa è fatta e uno da cui è fatta: materia e causa. 3 Ogni arte è imitazione della natura; perciò quello che dicevo dell'universo trasferiscilo al campo operativo umano. Una statua ha avuto e la materia a disposizione dell'artista e l'artista che ha dato una forma alla materia; dunque nella statua la materia è stata il bronzo, la causa lo scultore. Identico è il modo di essere di tutte le cose: risultano dalla somma di ciò che subisce l'azione e di ciò che agisce.
4 Per gli Stoici la causa è una sola, precisamente ciò che agisce. Aristotele ritiene che la causa si articoli in tre modi: "La prima causa," dice, "è proprio la materia, senza la quale non può essere creato nulla; la seconda l'artefice; la terza è la forma, che viene imposta alle singole opere come alla statua." Aristotele la chiama idos. "A queste se ne aggiunge una quarta, il fine dell'intera opera." 5 Mi spiego meglio. La prima causa della statua è il bronzo; poiché la statua non avrebbe mai potuto venire alla luce se non fosse esistita la materia da cui essere fusa o ricavata. La seconda causa è l'artefice: il bronzo non avrebbe potuto configurarsi in una statua, se non fossero intervenute mani esperte. La terza causa è la forma: la statua non si chiamerebbe "Doriforo" o "Diadumeno" se non le fosse stato conferito quell'aspetto. La quarta causa è il fine, senza il quale la statua non sarebbe stata plasmata. 6 Cos'è il fine? La spinta che ha sollecitato l'artefice e a cui egli ha obbedito per creare la sua opera: può essere il denaro, se ha lavorato per vendere; o la gloria, se ha faticato per farsi un nome; o la devozione religiosa, se ha preparato un dono per un tempio. Quindi c'è anche questa tra le cause motivanti: o ti rifiuti di includere tra le cause di una opera anche quell'elemento senza il quale non sarebbe stata fatta?
7 A queste Platone ne aggiunge una quinta, il modello, che egli chiama idea; guardando a esso l'artista ha realizzato quanto si proponeva. È assolutamente secondario se tale modello sia esterno, visivo, o se sia interno, concettuale e precostituito. Dio ha dentro di sé i modelli di tutti gli esseri e ha abbracciato con la mente le misure e i modi di tutto il creabile; egli è pieno di questi modelli che Platone chiama idee immortali, immutabili, instancabili. Gli uomini muoiono, ma l'umanità su cui l'uomo è modellato, continua a esistere; e mentre gli uomini si affannano e scompaiono, essa non subisce nessuna perdita. 8 Cinque sono, dunque, le cause, come dice Platone: ciò da cui (materia), ciò dal quale (agente), ciò in cui (forma), ciò a cui (idea), ciò per cui (fine). In ultimo c'è il risultato che ne scaturisce. Nella statua (visto che siamo partiti da questo esempio) la materia è il bronzo, l'agente è lo scultore, la forma è la figura che le viene data, l'idea è il modello imitato dallo scultore, il fine è la ragione di chi agisce, il risultato è la statua stessa. 9 Anche l'universo, secondo Platone, presenta tutte queste componenti: l'artefice, cioè dio; il sostrato, cioè la materia; la forma, cioè l'aspetto e l'ordine del mondo che abbiamo sotto gli occhi; il modello, su cui dio ha creato un'opera tanto bella e grandiosa; il fine per cui l'ha creata. 10 Mi chiedi che cosa ha mosso dio? La bontà. Dice Platone: "Per quale motivo dio ha creato il mondo? Egli è buono e se uno è buono non è geloso di nessun bene; di conseguenza l'ha creato nel miglior modo possibile."
Pronuncia nella tua veste di giudice la sentenza e dichiara chi secondo te sostiene la tesi più verisimile, non quella vera in assoluto; ciò è al di sopra di noi quanto la verità stessa.
11 Questa massa di cause enunciate da Platone e Aristotele pecca per eccesso o per difetto. Per difetto, se essi ritengono causa efficiente qualunque elemento senza il quale non può farsi niente. Tra le cause devono mettere il tempo: niente può farsi senza il tempo. Lo spazio: se manca il luogo dove una cosa può avvenire, non avverrà neppure. Il moto: senza di esso niente nasce o muore; senza il moto non c'è nessuna attività, nessun mutamento. 12 Ma noi ora cerchiamo la causa prima e universale. Deve essere semplice, poiché anche la materia è semplice. La domanda è: qual è la causa? Ovviamente la ragione creatrice, cioè dio; tutte quelle che hai riferito non sono molteplici e singole cause, ma dipendono tutte da una sola, da quella efficiente. 13 Dici che la forma è una causa? È l'artista che la imprime all'opera: dunque, è una parte della causa, non la causa. Anche il modello non è una causa, ma un mezzo indispensabile alla causa. Il modello è indispensabile all'artista come lo scalpello, come la lima: senza di essi l'arte non può procedere e tuttavia non sono parti o cause dell'arte. 14 "Il fine," si dice, "per cui l'artista si accinge a fare qualcosa è una causa." Sarà una causa, ma accessoria, non efficiente. Le cause accessorie sono innumerevoli: noi cerchiamo la causa universale. Platone e Aristotele venendo meno al loro consueto acume hanno affermato che l'intero universo, in quanto opera perfetta, è una causa; ma c'è una grande differenza fra l'opera e la causa dell'opera.
15 A questo punto pronunciati, oppure - in casi simili è più facile - di' che la faccenda non è chiara e aggiorna la discussione. "Che gusto ci provi," potresti dire, "a passare il tempo in codeste dispute che non ti liberano di nessuna passione, non allontanano nessun desiderio?" Generalmente mi occupo di quegli argomenti più degni che acquietano l'anima, e prima studio me stesso, poi questo mondo. 16 Ma nemmeno ora perdo tempo, come pensi tu; tutte queste discussioni, se non si spezzettano e non si disperdono in inutili sottigliezze, sollevano e alleviano l'anima che, oppressa da un grave fardello, desidera liberarsene e ritornare alle sue origini. Il corpo è il fardello e la pena dell'anima: sotto il suo peso l'anima è oppressa, in catene, se non interviene la filosofia e non la induce a riprendere fiato di fronte allo spettacolo della natura e la allontana dalle cose terrene verso quelle divine. Questa è la sua libertà, questa la sua evasione; si sottrae al carcere in cui è prigioniera e si rigenera nel cielo. 17 Come gli artigiani, quando fanno un lavoro di precisione e di attenzione che stanca la vista, se hanno un lume debole e incerto, escono tra la gente e ristorano gli occhi in piena luce in qualche luogo destinato al pubblico svago; così l'anima chiusa in questa triste e buia dimora, tutte le volte che può esce all'aperto e si riposa nella contemplazione della natura. 18 Il saggio e chi coltiva la saggezza sono vincolati strettamente al proprio corpo, ma la parte migliore di se stessi è lontana e rivolge i propri pensieri a cose elevate. Come un soldato che ha prestato giuramento, egli considera la vita un servizio militare; e la sua formazione è tale che non ama la vita e non la odia, e si adatta al suo destino mortale pur sapendo che lo aspetta un destino migliore. 19 Mi proibisci l'osservazione della natura e mi allontani dal tutto, limitandomi alla parte? Non cercherò quali siano i principî dell'universo? Chi ha dato forma alle cose? Chi ha separato l'insieme degli elementi immersi in un tutt'uno e avviluppati in una materia inerte? Non cercherò chi è l'artefice di questo mondo? Per quale disegno tanta grandezza è arrivata a una legge e a un ordine? Chi ha raccolto gli elementi sparsi, ha distinto quelli confusi, ha dato un'identità a ciò che giaceva in un'unica massa informe? Da dove si diffonde tanto fulgore di luce? Se è fuoco o qualcosa più splendente del fuoco? 20 Non ricercherò tutto questo? Non conoscerò la mia origine? Se è destino che io veda una sola volta questo mondo o che rinasca più volte? Dove andrò allontanandomi da qui? Quale sede attende l'anima libera dalle leggi dell'umana schiavitù? Mi proibisci di essere partecipe del cielo, ossia mi imponi di vivere a testa bassa? 21 Sono troppo grande e nato per un destino troppo alto per essere schiavo del mio corpo: lo vedo unicamente come una catena che limita la mia libertà; lo oppongo alla sorte, perché vi si arresti contro e non permetto che nessun colpo, trapassandolo, arrivi a me. Il corpo è la sola parte di me che può subire danno: in questa fragile dimora risiede un'anima libera. 22 Mai questa carne mi indurrà alla paura, mai alla simulazione, indegna di un uomo onesto; non mentirò mai per riguardo a questo corpiciattolo. Quando mi sembrerà opportuno, romperò ogni rapporto con esso; ma anche ora, finché siamo uniti, non saremo soci alla pari: l'anima reclamerà per sé ogni diritto. Il disprezzo del proprio corpo è garanzia di libertà.
23 Per ritornare al nostro tema, a questa libertà servirà molto anche quella osservazione della natura di cui parlavamo or ora; tutto è formato appunto di materia e di dio. Dio regola gli esseri che, sparsi tutt'intorno, seguono colui che li governa e li guida. Chi agisce, cioè dio, è più potente e prezioso della materia, la quale subisce l'azione di dio. 24 La posizione che dio occupa nell'universo, l'anima la occupa nell'uomo; in noi il corpo rappresenta quello che là rappresenta la materia. Le cose inferiori siano sottomesse a quelle superiori; siamo forti contro la sorte; non temiamo le offese, le ferite, il carcere, la povertà. Cos'è la morte? O la fine o un passaggio. E io non temo di finire (è lo stesso che non aver cominciato) e nemmeno di passare; in nessun luogo avrò confini tanto ristretti. Stammi bene.

Tratto da Lettere morali a Lucilio - Seneca



3 commenti:

  1. Che belle parole. Grazie Elia.

    Pave Mannaja

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  2. Caro Elia, apprezzo la tua ottima volontà ma al testo che hai riportato manca la testa, che ti mando di seguito.
    Buon proseguimento nella lotta per la crescita della nostra sovranità...

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    Seneca saluta il suo Lucilio

    1. Ho condiviso la mia giornata di ieri con un’indisposizione fisica che si è tenuta per sè il mattino mentre, al pomeriggio, mi ha ceduto il passo. E così, in un primo tempo, saggiai lo stato d’animo con la lettura. Poi, dato che l’aveva accettata di buon grado, osai ordinargli, piuttosto premettergli, qualcosa di più: mi accinsi a scrivere un poco e, er la verità, con maggiore impegno del solito (sto cimentandomi con argomento difficile e non voglio esserne travolto), finchè sopraggiunsero alcuni amici con l’intenzione di trattarmi senza troppi complimenti e di tenermi a freno come un ammalato intemperante.

    2. Allo stilo di scrittura subentrò la conversazione e di quella ti riferirò per intero quella parte che è tema di contesa: ti abbiamo preso come arbitro. Aspettati di faticare più di quello che immagini: si tratta di una diatriba con tre facce.

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