Così non se ne esce proprio.
Vedo nere nuvole di atroce confusione narcisista addensarsi sui cieli che noi tutti osserviamo, in cerca di speranza, di qualche stella che ci orienti, assetati di bussole etiche, di punti di riferimento, ma soprattutto – quantomeno per ciò che mi riguarda- di segnali che indichino il recupero del Senso.
E di conseguenza del buon senso. E’ ciò di cui, oggi, abbiamo davvero bisogno.
Mi riferisco qui al post odierno di Paolo Barnard relativo al no di Beppe Grillo.
Sintetizzo i fatti: Paolo Barnard ha deciso di organizzare un secondo meeting a Rimini sulla teoria della MMT, da lui promossa prima a Totem e infine a Dogma, in quanto tale indiscutibile: prendere o lasciare. Aveva invitato Beppe Grillo (o qualcuno lo aveva fatto a nome suo) a partecipare come leader politico a nome del M5S. Nel corso di tale evento, Grillo avrebbe dovuto chiarire ed eventualmente dichiarare che il suo movimento sposava la causa della MMT, che quella sarebbe stata la linea economica guida del suo movimento e, in un futuro potenzialmente possibile, a elezioni avvenute, si sarebbe battuto per farla applicare. Paolo Barnard e la MMT così sarebbero diventati “l’ala economica” del movimento a cinque stelle. Grillo ha risposto: “grazie dell’invito, a Rimini io non ci vengo”.
Paolo Barnard ha risposto con un post pubblico sul suo blog.
In realtà il post si qualifica da sé e non meriterebbe commenti, ma penso invece che possa essere utile per confrontarci tutti insieme e comprendere le tragiche difficoltà da affrontare nell’andare a costruire una alternativa efficiente, ma soprattutto efficace.
L’argomentazione di Barnard è quella classica della favola di Fedro “La volpe e l’uva”.
Offeso dal no di Grillo, il Re dell’Economia Buona ci spiega che è contento del no ricevuto.
Non solo. Insulta i propri seguaci che avevano “osato” auspicare una presenza di Grillo al meeting ricordando che lui (nel senso di Barnard) è l’unico in Italia ad aver detto e spiegato chi era Grillo, ovverossia uno a cui non glie ne importa nulla di nessuno, tantomeno degli italiani e della condizione dell’Italia e che sta manipolando la gente. Come sostiene pubblicamente il PD e come penso che sostengano anche Mario Monti e Corrado Passera..
L’argomentazione è talmente fiacca che non varrebbe neppure la pena di contestarla. Valga per tutti un’unica annotazione: come mai se Paolo Barnard sapeva (l’unico e il primo in Italia a saperlo, come ci ha tenuto a precisare) quanto cinico e indifferente fosse Grillo, allora lo ha invitato?”.
Così facendo, inevitabilmente, si aprono voragini di dubbio. Si finisce per provocare confusione, malanimo, ennesime spaccature e continui conflitti. A che pro?
Non ne ho idea.
So ciò che a me arriva. Una istintiva insofferenza per la new entry modaiola del momento: il tecnicismo ossessivo – al limite del parossismo- di un gruppo di persone che parlano soltanto di economia (teoria si intende) che considerano l’economia l’unico argomento sul quale dibattere, che considerano la MMT non una potenziale e possibile soluzione alla crisi attuale, bensì L’UNICA panacea a tutti i mali del pianeta. Non solo. L’ossessione per l’economia (che è ciò che vogliono Monti e Draghi) esclude qualsivoglia argomentazione che includa temi della Cultura, del Sapere, della Scienza, dell’Esistenza. Nada de nada. Bisogna studiare a memoria i testi di un gruppo di professori americani (che dell’Italia sanno poco o nulla se non che si tratta di una variopinta e caciarona espressione geografica nel Mar Mediterraneo) dichiararsi devoti a loro in maniera acritica e incorporare un concetto unilaterale di accettazione di complesse argomentazioni tecniche, sotto la dizione “o capisci e ti adegui oppure vuol dire che sei corrotto o stupido”.
A che cosa serve tutto ciò?
Non ne ho idea.
L’unica persona invitata al convegno, che non è di stretta scuola economica, è un intellettuale americano con almeno 40 anni di esperienza politica alle spalle, che è stato un protagonista del dibattito politico democratico in Usa, John Kenneth Galbraith, il quale non è né ben visto né gradito a “occupy wall street”; lo trattano con rispetto ma a dovuta distanza perché ricordano molto bene che cosa è accaduto nel 1995, quando Galbraith era uno dei consulenti più ascoltati di Bill Clinton (allora presidente Usa) e si era appena usciti da una forte crisi economica e Galbraith (gigantesco conoscitore di cose americane) voleva rilanciare la supremazia statunitense; fu così che dal cappello dei suoi dieci consulenti più pregiati, Bill Clinton tirò fuori l’idea e la mossa che ha prodotto il mondo osceno in cui noi oggi viviamo. Varò una legge “The Seagall Act Law” con la quale dichiarava conclusa l’esperienza rooseveltiana del new deal; dichiarava conclusa per sempre l’emergenza economica e toglieva alla finanza oligarchica le manette ai polsi che Roosevelt e Keynes (genialmente) avevano messo loro nel 1933. La legge Clinton abolì la distinzione tra banche d’affari e banche di conto corrente, liberalizzò il mercato dei capitali e dichiarò la “non soggettibilità di controllo a qualsivoglia transazione finanziaria operata dalle banche attive sul territorio nazionale” mentre il suo vice Al Gore pompava dollari nella Silicon Valley che diedero vita all’e-commerce e “inventarono” su richiesta governativa nuovi strumenti finanziari, i cosiddetti derivati speculativi. E’ iniziato tutto da lì. Perché questa legge (votata con l’84% dei voti al Congresso Usa) sancì anche un patto di alleanza di ferro con la Cina. A quel punto, per la finanza oligarchica era fatta. Un anno dopo gli Usa entravano nel biennio di più grande espansione economico-finanziaria mai registrato nella Storia. Bastava aspettare che Clinton finisse il suo mandato, prendere il potere (forse) con dei brogli elettorali, inondare immediatamente il resto d’Europa di carta straccia inutile, senza alcun valore, trovando così i soldi per finanziare la più disastrosa e immonda guerra nella Storia Usa, quella dell’Iraq, costata al contribuente Usa 4.000 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali garantiti da titoli tossici che sono finiti dentro le banche europee. Stanno ancora lì.
Perché dovrei andare a Rimini ad ascoltare l’idea del mondo di gente che nel 1995 ha fatto cose del genere?
Perché non c’è un intellettuale italiano, non c’è un libero pensatore italiano, non c’è una mente italiana, non è neppure previsto un discorso di 5 minuti su un qualunque aspetto dell’esistenza che non sia la teoria della MMT? In compenso ci sono dei signori statunitensi che nel 1995 applaudivano la scelta di Clinton e che - l’altro ieri- si sono svegliati e hanno detto: “ops non ha funzionato”. Si erano dimenticati che pompando soldi da investire in tecnologia e in tecnocrazia avrebbero costruito un mondo robotizzato anti-umanista. Perché, allora, il fine ultimo (era il Totem della fine anni’90) era il nasdaq: la borsa dei titoli di alta tecnologia avanzata per lanciare il mercato su internet, finanziato a debito (con soldi dello Stato) garantiti da titoli tossici speculativi.
A me interessa l’ Italia, in questo momento.
A me interessano i movimenti italiani, in Italia.
A me interessa ciò che noi possiamo fare qui, adesso, domani mattina, per cambiare.
E mi occupo di Cultura e Media e Arte che sono il mio specifico.
Con molta modestia ascolto dove c’è da imparare. Certamente non dai tecnici statunitensi.
La MMT rischia di diventare una moda.
Come al solito, e neanche a dirlo, una moda americana.
E’ il nuovo rock degli esuli in patria, disperatamente a caccia di identità.
Preferisco Mick Jagger, se questo è il loro stile.
A conclusione, un’ultima annotazione.
Buon per Paolo Barnard che sa e ha sempre saputo chi è Beppe Grillo.
Io non lo so.
So però che venti giorni fa ha mandato a quel paese il PDL e Berlusconi dichiarando che lui e il suo movimento non vogliono avere niente a che fare con i principali responsabili della catastrofe italiana e che sia chiaro a tutti per sempre. L’ha scritto sul suo blog.
Questo è ciò che so.
Il resto è pura dietrologia, con quell’inevitabile tocco di delirio narcisista che accompagna sempre chi si costruisce un baracchino che funziona e pretende che tutti indossino la divisa di ordinanza e adorino il Totem di turno, il Dogma della setta.
Che la divisa sia quella nera o rossa o bianca, o quella della MMT, sempre divisa è.
A me, le divise non piacciono.
Preferisco l’abbigliamento casual.
Elegante sì, quando è possibile.
Ma pur sempre “casual”.
Com’è il pensiero quando è libero e non è inceppato da dogmi.
E’ sempre casual ed è situazionista. Si adatta alle circostanze.
E le circostanze odierne parlano molto chiaro: non abbiamo bisogno di nuovi diktat.
Questo è poco ma sicuro.
Anzi: oh yes!
Sergio Di Cori Modigliani