mercoledì 30 novembre 2011

Servi e schiavi



Un mondo di servi e di schiavi. Questo è il futuro che vorrebbe veder realizzato chi gestisce i fili del potere sul pianeta. Questo è il progetto che una manciata di menti raffinatissime e malate sta cercando di attuare sulle spalle e sulla pelle del resto della popolazione. Un mondo di schiavi, che lavorano e producono, e un mondo, più ristretto, di servi, scelti per adoperarsi affinché tutto vada come deve andare. O meglio: come qualcuno ha scelto che debba andare.

Un mondo dove la maggior parte delle persone è schiava e pertanto destinata alla produzione, alla produzione e ancora alla produzione. Milioni e milioni di persone il cui unico scopo è quello di mettere la propria forza lavoro al servizio dei pochi che guidano il sistema: risorse umane da spremere fino in fondo, fino alla fine; da controllare attraverso il giogo della povertà e dell'ignoranza; da massificare attraverso un illusorio benessere frutto di una tecnologia di basso livello e di facile approccio. Tante piccole formiche che ogni giorno si alzano, lavorano e tornano a casa e poi il giorno dopo si alzano di nuovo, lavorano e tornano a casa. E così tutti i giorni, per settimane, mesi, anni, decenni, vite.

Uomini e donne che producono ogni giorno qualcosa di effettivo e assolutamente reale, di visibile e misurabile e che in cambio di ciò ricevono pochi fogli di carta stampata, assolutamente privi di valore intrinseco, con i quali acquistare il fabbisogno minimo di risorse che permetta loro di continuare a chiudere il cerchio ogni volta. Quale enorme inganno e assurdità: io produco Qualcosa, qualcosa di realmente tangibile, e come contropartita ricevo qualcosa di altro, il cui valore è assolutamente virtuale, un feticcio di ricompensa senza valore in sè. Qualcosa che non posso utilizzare di per sè: non posso mangiarla, non posso bruciarla per scaldarmi, non posso utilizzarla per vestirmi; posso soltanto utilizzarla per riceverne quel poco che mi permetterà di andare avanti.

Altrimenti posso portarla alle banche! E lì, a quel valore assolutamente virtuale che è il denaro, capita un altro miracolo: da valore virtuale diventa numero. Un numero: una serie di cifre che il sistema bancario svuota ulteriormente di qualsiasi residuale valore e che si rimpalla da una parte all'altra senza più alcun vincolo per il suo originale valore rappresentativo. Che in qualche modo, seppur virtualmente, era in qualche modo riconducibile al lavoro, allo sforzo, alla fatica di chi lo aveva generato.

E poi il popolo dei servi. Più ridotto come entità numerica di quello degli schiavi. Molto più esiguo e, tuttavia, molto più vicino a chi tira i fili delle sorti del mondo. Un mondo di lacchè, di uomini e donne che pur di non finire fra gli schiavi, accetta di sdraiarsi sotto il tavolo dei padroni per cibarsi dell'avanzo di turno. Si godono beati la luce riflessa che arriva loro dalla vicinanza del potente e considerano assolutamente legittime tutte le pretese di questi.

Come ciechi, non sanno più discernere. Anzi, quel che è peggio, nel chiuso della loro coscienza sanno benissimo come stanno le cose ed è proprio sui confini e sulle falle di cui soffrono le malevicende che essi conoscono che si impegnano con accanimento ad erigere le trincee più forti. Come cani addestrati, riportano fedelmente il bastone al proprio padrone, il quale, appunto, si diverte a giocare con loro. Almeno fino a quando non decide di sacrificarli sull'altare del primo machiavellico fine.

Io non lo voglio un futuro così. Non voglio più sentirmi nè schiavo nè servo. 
Occorre fare di tutto per cambiare questo presente.

Pubblicato da Marcus

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