domenica 22 aprile 2012

ALLA RICERCA DEL "SAPER FARE" PERDUTO



Molti affermano ”ci stanno rubando il futuro”. Non credo sia del tutto corretto: oltre al futuro ci stanno scippando anche il passato. Un furto completo insomma.
Viviamo in un mondo in cui tutto è a portata di mano, abbiamo a nostra disposizione ogni tipo di merce proveniente da ogni angolo del pianeta - là dove non può la grande distribuzione arriva internet- quello di cui abbiamo bisogno è già stato prodotto, e il più delle volte anche confezionato e prezzato.  A noi rimane la scelta e l’acquisto. 
Facile, comodo, conveniente.

Beh, forse non così conveniente… il prezzo da pagare potrebbe essere molto alto, e non parlo solo del prezzo esposto sul cartellino della merce in vendita.
Da quel poco che penso di aver capito di questo mondo mi è chiaro che, spesso, vige la regola del “do ut des” – io do affinché tu dia- o, per meglio dire, la regola del “nulla è gratis”. 
Nel passato sino a, circa, una sessantina di anni fa, le persone erano in grado non solo di scambiare il proprio lavoro con uno stipendio ma anche, all’occorrenza, di sfruttare le loro conoscenze, il loro impegno, per produrre viveri e beni DIRETTAMENTE UTILIZZABILI.

Parallelamente al grande sviluppo tecnologico e scientifico che ha caratterizzato gli ultimi decenni si è iniziato a tralasciare quel “saper fare” che ha permesso ad intere generazioni di sopravvivere in maniera autonoma. Stiamo diventando – ci stanno rendendo- sempre più dipendenti con il risultato che se io, ad esempio, dovessi malauguratamente trovarmi da sola per mesi, con a disposizione esclusivamente un orto rigoglioso, riuscirei a morire di fame dopo aver fatto seccare tutto. Poco ma sicuro. 

Tante persone- la maggior parte giovani come me- si trovano nella mia stessa condizione. Il problema principale è che, per noi, tutto ciò NON COSTITUISCE UN PROBLEMA perché non ha più senso voler coltivare una piantina di pomodori visto che nei supermercati è possibile trovare circa 25 marche differenti di passata!
E’ realistico pensare che fra due, forse tre, generazioni  chi avrà a disposizione i mezzi per farlo sarà COSTRETTO a recarsi nei negozi poiché non avrà le conoscenze necessarie per poter produrre ciò di cui ha bisogno, fosse anche una minima parte. Baratteremo - stiamo barattando- l’ampia scelta dei prodotti  esposti sugli scaffali con la libertà di decidere SE acquistare quei prodotti.  
Stiamo barattando la nostra indipendenza con la comodità.

Non sto proponendo un ritorno all’età della pietra, penso solo che “andare avanti” non significhi necessariamente perdere ciò che di buono c’è del nostro passato, soprattutto considerato lo scotto effettivo da pagare.
Per fortuna abbiamo ancora la possibilità di modificare, se vogliamo, questa situazione, di invertire questo processo. Il come, a mio avviso, è semplice: imparando tutto quello che, sino ad oggi, per disinteresse o per pigrizia, non abbiamo voluto imparare. Esistono ancora persone – artigiani, coltivatori, allevatori,… di professione e non – in grado di insegnarci a FARE qualcosa, persone che possono insegnarci come iniziare a recuperare parte della nostra indipendenza e delle nostre tradizioni. 

Continueranno a rubarci tutto quel che vogliono se noi continueremo a non opporci, a non fare nulla. 
Imparare a SAPER FARE si può, si DEVE. 

 “Mi domandi quale sia la giusta misura della ricchezza? Primo avere il necessario, secondo quanto basta” 
(Seneca - Lettere a Lucilio)

Roberta M.


2 commenti:

  1. Si, e così ci troviamo tra le palle i pomodori o le arance che provengono da Brasile o Cina che costano meno della frutta o verdura prodotta in Italia, rispettando la legge e senza veleni. Andiamo a vedere la Monsanto dove lavora ? Con i suoi pesticidi e OGM ...

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    1. Condivido quello che hai scritto... il mio è un discorso non limitato al settore agroalimentare ma (aggiungerei purtroppo) a tutti i settori!

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