TV e stampa ci stanno rincoglionendo con la “sfida”, quasi
che fosse uno spareggio di un incontro di pugilato, tra Obama e Romney.
Come
noto in quel demenziale paese che sono gli Stati Uniti, si divertono con questi
spettacoli da baraccone. Due candidati, appositamente scelti, “lavorati”
e finanziati, da Lobby e consorterie, si affrontano con una serie di domande e
risposte, studiate a tavolino da appositi psicologi, sociologi ed esperti di
sondaggi elettorali, che meglio sarebbe definire esperti di gonzi. Chi deve
vincere è già stabilito e comunque chi vince, vince, non cambia nulla essendo
democratici e repubblicani due facce opposte di una stessa medaglia.
Questa è la democrazia americana, carne di porco del potere
finanziario: uno spettacolo da baraccone.
E questa democrazia, questa farsa, la stanno travasando,
anzi già l’hanno esportata anche da noi che, come popolo, proprio
sprovveduti non eravamo. Basta vedere da noi le moderne diatribe elettorali in
televisione e le cosiddette “primarie” altra farsa oramai divenuta patrimonio
dei nostri partiti.
Per fortuna i votanti stanno sempre più diminuendo.
Non che prima fosse tanto meglio, la democrazia è da sempre
stata il regno dei furbi, dei farabutti e degli approfittatori. Vi ricordate la
Napoli degli anni ’50 quando si regalavano ai poveri disgraziati una scarpa e
poi se vinceva il candidato a cui si chiedeva il voto, si poteva ritirare anche
l’altra?
E i milioni di volantini, pieni di cazzate, che imbrattavano
le strade? E i party, cene, brindisi ecc., nei quali i democristiani erano
maestri? E le lampade a forma di fiamma o i ciondolini con il Duce su una
facciata e la fiammella dall’altra parte, regalati ai missisti? Ovviamente con
il passare degli anni, l’effige del Duce veniva sempre più sostituita. Non
ridete con queste cazzate, centinaia di mascalzoni ci sono andati al parlamento
o nei consigli comunali.
Questa è la democrazia.
E’ un dovere morale di tutti di starsene alla larga.
Sempre e comunque.
E’ un dovere morale di tutti di starsene alla larga.
Sempre e comunque.
Maurizio Barozzi
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