Burdèl,
non metterti a tacere!
Caro
Savino, iersera qualcuno mi chiese di sapere di Te, e, al telefono, Tua Moglie
– che bene conosce il mio nome – m’ha riferito che sei “mancato la mattina”. Il
cuore.
Nel
magone che mi procurò la notizia, abbracciandola, chiusi la conversazione e,
malgrado impegni importanti per oggi, ho dedicato la notte a Te, coi miei
pensieri. Ed ora continuo una delle nostre tante conversazioni che annullavano
la distanza tra Rimini e Roma, e che, “Burdèl”, non puoi permetterTi di farmi
mancare.
Ma,
da quanti anni siamo legati? Almeno 25, a far conti sommarii. Forse grazie a
“don” Giacinto Auriti, l’apodittico nostro riferimento, l’Abruzzese più alto e
valido che mai abbia conosciuto e frequentato (lo dico io, che in terra
d’Abruzzo ebbe radici la stirpe di mia madre!).
Fu
certamente Auriti il “polo”. Per quelle Idee “solide ed insuperate”, che gli
stolti e prezzolati chiamarono bislacche, ma nel 1991 stordirono ed ammaliarono
il tedesco sottile ragionatore Joseph Ratzinger, principe della chiesa di Roma,
che pretese approfondimenti; ed altri, molti altri, tra i quali il Beppe
Grillo, che ci cercò nel 1997.
Un
quarto di secolo, ormai.
E
tu, con inaccettabile sfrontatezza, ora, quando le nostre “Idee bislacche”
hanno inesorabile conferma di validità, vorresti tacere?
Io,
caro Savino, non Te lo permetto!
Ricordi
quando, in un caldo giorno estivo, del 1995 (o l’anno prima?), fummo, insieme
con la Rita Muccini, ascoltati a Montecitorio da quattro parlamentari del
gruppo di Rifondazione Comunista? Ci concessero 45 minuti. Uscimmo dopo quattro
ore! Io spiattellai i “misteriosi ed introvabili” documenti del bilancio di
Bankitalia, con lo astronomico indebitamento dello Stato verso di essa, e
l’elenco dei “partecipanti” al capitale di quella impresa bancaria che tutti, a
partire dai comunisti, ritenevano essere di proprietà pubblica, mentre
rivelammo ciò che i furfanti di “destra” (alla pari dei centristi!) non ammisero
si propalasse: era di proprietà e “signoraggio” di banche private, concessa e
svenduta proprio dai “comunisti alla Dalema”, che, con i democristiani,
dissolsero le sostanze e la natura di base dello Stato italiano fin dal 1945,
quando gli Alleati vincitori la guerra li posero a cassetta sul carretto
italiano, per farlo condurre nei percorsi ai vincitori confacenti.
Come
finì?
I
comunisti rifondanti strabuzzarono occhi ed orecchie, ma poi rinfilarono capino
e corna-antenne nel guscio, continuando il saprofita percorso viscoso da eterne
lumache, bardate alla Carlo Marx.
Poi
ne inventammo di tutti i colori. Anche la LIFE, ricordi? E con Auriti, col
quale percorremmo l’Italia tutta per far capire ai gaudenti capponi italioti
che per loro si approssimava spennamento ed arrosto, e, negli ultimi anni ’90
all’università di Teramo, rimborsati solo delle spese - e più spesso
paganti di tasca nostra - ove un migliaio di laureati furono da noi “informati
ed illuminati” sulla deriva dell’umanità, e sulla truffa bancaria e monetaria
imposta, con le mille Maastricth, dai furfanti del potere ufficiale.
Con
la Tua testa da tetrarca dell’impero romano, Tu portavi la tua ferma bonomìa
romagnola nelle conferenze e nei convegni, ove ci chiamavano in molti, per
cercar di capire e sapere, per aver spiegate le truffe e gli inganni che le
chiese – sì, proprio le chiese, e tutti i preti d’ogni risma e religione! –
tacevano, invitando le greggi di pecorelle ad avere fede. Fede nel dio denaro,
che unico oggi affoga l’umanità nella sua effimera miseria.
Poi
Auriti, agosto 2006, se ne andò da questa terra. E noi accorremmo alla sua
trionfale onoranza funebre a Guardiagrele, aggredendo con i ricordi, per
quattro ore, dal pulpito della cattedrale, il senato accademico dell’università,
non permettendo al rettore fellone di sproloquiare la sua ipocrisìa, ma
accreditando a Giacinto Auriti, Maestro, ciò che i testi postumi ed i
chiacchiericci su internet MAI potranno attribuirgli.
Poi
non ci fermammo. Tu con i molti, tanti, contatti e con gli scritti, io con meno
contatti ma con altri scritti egualmente pungenti. Tu con la vocazione ad
avvicinare gli stolti per cercare di educarli per istradarli. Io con la mia
intransigenza, forse troppo tagliente, ma altrettanto pratica e reale.
E
pur conoscendo di persona i molti effimeri papaveri assurti al potere, mai
chiedemmo loro una virgola, e sempre li avversammo – faccia al sole - per la
loro prevedibile fallace incapacità guidata da animale avidità.
Ed
ora, senza accidia, vediamo l’Italia ed il mondo sprofondare prostrati nello
sterco del demonio che tanto aggrada l’umanità resa inumana, nella rovina
irreversibile dei “re Mida”, che crepano tronfi, avidi ed ignari, nel loro
stesso sterco dorato, ormai reso “legge divina”.
E
Tu, in tono sommesso e garbato, rinvìi la Tua prossima esibizione, lasciando a
me il testimone. Per dedicarTi ad un anticipato silenzio divino.
Ma,
come ho scritto nell’aprire questa nota dettata dalla mente e dal cuore, Ti sei
posto in disparte, silenzioso in apparenza, ma non assente dalla guerra che,
con intatta inesorabile determinazione, stiamo conducendo – per mero istinto
totalmente umano – dal 1945, fin dalla nostra adolescenza.
Ti
è mancato, ieri, su questa terra, Savino “burdèl”, il fiato?
“Tempus
tacendi. Tempus loquendi”, ammonì Ezra Pound.
E’,
quello che ci attende, il nostro “Tempus loquendi”!
E
le nostre Idee, basate su ciò che scrivemmo, perché attinte dai cieli più
infiniti, resteranno insuperate e nette, nello spazio e nel tempo.
Io
continuerò a chiamarTi, a cercarTi, Savino! Anche per disquisire con Te che le
greggi, con gli occhi solo rivolti a brucar l’erbetta, hanno vocazione al
macello!
Ma
noi pratichiamo poco le greggi!
Siamo
uomini, come ci indicarono i nostri Maestri. E i parassiti li schiacciamo!
Non
sarà mai finito il nostro legame, caro Savino!
Per
ora, un forte abbraccio,
Antonio
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