Il regime in questi giorni alza l’allarme sulla disoccupazione che si
impenna, sulla produzione che si affossa, sulle piccole aziende che
muoiono in massa. Il Quirinale grida alla crisi
angosciante. Evidentemente, il regime sta creando panico sociale per
far passare qualche brutto giro di vite fiscale, giustificato con
l’esigenza di salvare posti di lavoro, e che invece produrrà effetti
contrari, perché recessivi – come tutti i precedenti. Farà una nuova
tassa patrimoniale, o una nuova razzia sui conti correnti, magari
convertendo i depositi in azioni della banca depositaria, per risanarla a
spese dei clienti, e consentirle così di creare nuove bolle, nuove
voragini e nuove emergenze coi giochi speculativi in cui le banche oggi
impiegano prevalentemente i propri fondi?
In ogni caso, sarà un altro, importante passo avanti nella
ristrutturazione sociale in senso oligarchico, tecnocratico e
autoritario in atto in Italia e vigorosamente
portata avanti, negli ultimi tempi, da esecutori quali Mario Monti, con
l’appoggio di quasi tutti i partiti e del Colle; mentre i grossi
capitali e i grossi redditi si sono rifugiati off-shore, fuori dal
raggio d’azione del fisco, il quale perciò si può rivolgere solo ai
patrimoni e ai redditi medi e medio-piccoli, che non si sono
delocalizzati. Berlusconi
darà il suo endorsement a ulteriori manovre di quel tipo, e così forse
guadagnerà un’assoluzione e il mantenimento della eleggibilità, quindi
della libertà? Lo Stato italiano non può fare altro che interventi
fiscali, dato che gli altri strumenti macroeconomici li ha ceduti alla
Bce e alla Ue, cioè de facto alla Germania, la quale, interessatamente,
non li vuole usare, se non a proprio vantaggio.
Il governo Letta, impotente, chiaramente, si regge su due labili
colonne: sulla difficoltà di tornare al voto adesso, e sui rinvii di
promesse contrapposte (Imu, Iva, detassazione dei redditi da lavoro).
Tira a campare in attesa di uno sblocco a livello superiore – Bce, Ue,
Berlino (elezioni politiche di settembre) – che gli dica che cosa fare,
per via gerarchica. E dato che palesemente siamo in un ordinamento
internazionale gerarchico multilevel, la nostra situazione ormai
strutturale di crisi economico-finanziaria va inquadrata nel sistema di potere globale, forgiato in esito alla II Guerra
Mondiale a Teheran, Yalta e Bretton Woods, nonché Montevideo per il
Wto. Ma da Bce, Ue e Berlino al più verrà un’espansione delle base
monetaria di tipo Usa,
che andrà – come le ultime creazioni di moneta addizionale – al sistema
bancario (non alla produzione e al consumo), quindi produrrà un
momentaneo sollievo per l’economia
reale e la società, anestetizzandola nel mentre che il sistema bancario
gonfierà una nuova, grande bolla speculativa, come già ripetutamente
avvenuto.
Al livello apicale abbiamo il cartello monetario-finanziario,
monopolista della moneta e del credito, nonché del rating, delle teorie
economiche e delle prescrizioni (neoliberismo, rigorismo fiscale), che
ha posto due terzi o più del mondo in una posizione di dipendenza e
sudditanza, che porta da decenni avanti un progetto elitista di
accentramento del potere e della ricchezza, e che dispone della
piattaforma politico-militare degli Usa – secondo livello – per distruggere chi si oppone, dove necessario. Domani forse sostituiranno gli Usa con la Cina. Per ora, non so se e quanto Cina, Russia e Brasile siano indipendendenti da esso.
Al terzo livello, in Europa,
abbiamo la potenza continentale vassalla, la Germania (con la
para-vassalla francese). La Germania, in cambio della collaborazione
esecutiva a questo disegno, cioè in cambio del fatto che lo impone ai
partner europei più deboli, riceve alcuni vantaggi, ossia la possibilità
di sottrarsi in parte alle ricette recessive, e di approfittare del
disastro che queste ricette causano ai partner più deboli per sottrarre
loro capitali e quote di mercato, e per comperare le loro aziende a
prezzi di necessità. Prima di intervenire in aiuto dei partner deboli, o
di uscire dall’euro, o di porgli fine, il capitalismo tedesco aspetta
di aver tolto loro, in questi modi, tutto ciò che si può togliere,
compresi i migliori tecnici. Ciò vale soprattutto per l’Italia che, per
facilitare quel processo, viene deprivata della liquidità necessaria per
investire, lavorare, produrre e pagare i propri debiti, in modo che,
per tirare avanti, debba svendere le proprie risorse e cedere sovranità.
Al quarto livello abbiamo la partitocrazia, la burocrazia e i
potentati economici specificamente italiani (comprese le mafie); la
prima, composta perlopiù di incompetenti, di ladri e di cialtroni
professionali, che si vendono molto facilmente. Questi soggetti si
occupano di prelevare dalla spesa pubblica e dalle altre risorse
pubbliche, distribuiscono benefici clientelari per sostenersi, si
vendono anche allo straniero, non possono rinunciare alla corruzione,
agli sprechi, alle creste, perché non sanno fare altro e sono stati
selezionati per fare proprio quello – quindi impediranno per sempre al
paese di riprendersi, mentre, controllando i meccanismi elettorali,
rendono impossibile sostituirli attraverso il voto. Essi non possono
rinunciare, soprattutto, al flusso di circa 100 miliardi che,
annualmente, trasferiscono a Roma e al Sud – dedotte le loro
intermediazioni – prelevandolo dai lavoratori autonomi e dipendenti di
alcune regioni del Nord, i quali costituiscono il quinto livello, il
livello più basso della catena alimentare. Tutti gli altri livelli gli
mangiano addosso.
Per migliorare la nostra posizione possiamo trasferirci in Germania, passando al terzo livello, o in Usa,
passando al secondo. O in Brasile, e porci forse fuori da questa catena
alimentare. Almeno per qualche tempo. Il governo Letta dichiara di
voler risolvere una situazione, la quale però può essere trattata solo
con quegli strumenti monetari macroeconomici, che – giova ripeterlo –
il governo non ha, perché sono stati ceduti alla Bce e alla Ue che,
sotto l’egemonia della Germania, non li vogliono usare. Non può nemmeno
tagliare sulla parte di spesa pubblica costituita da creste e sprechi
(che io stimo in 100-150 miliardi l’anno, considerate anche le decine di
migliaia di poltrone nelle società partecipate da enti pubblici, che
servono solo per rubare) perché è quella di cui vive la politica. Quindi
il governo Letta fallirà. Per inconcludenza e per erosione dei gruppi
parlamentari da parte del palazzo, per divisioni interne e per scarsa
competenza tecnica, sta anche fallendo l’attacco di Grillo-Casaleggio al sistema, il suo populismo pacifico.
Al prossimo, sensibile peggioramento della situazione sociale, che è
inevitabile dato il trend, probabilmente vedremo in azione il populismo
non pacifico, le sommosse popolari, che pure falliranno, perché non
hanno i mezzi né l’organizzazione per combattere gli interessi
istituzionalizzati del sistema come sopra delineato, e perché non esiste
nemmeno un nemico fisico che si possa colpire con la violenza.
Falliranno, ma con il loro tentativo creeranno le condizioni per una
svolta autoritaria e poliziesca, per la criminalizzazione e la
repressione del dissenso, e il loro fallimento diffonderà frustrazione,
rassegnazione e passività. Quella sarà la vittoria del vero potere sui
popoli ridotti a bestiame. Sarà una vittoria stabile? Questo è il
quesito più importante e affascinante, sul piano teoretico. Intanto,
però, portate i vostri figli in salvo all’estero.
Marco Della Luna
31.5.2013
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