Lo zampone della Merkel dietro le telefonate per dividere in due il Pdl
La chiacchierata con Letta e il mistero di quella con Alfano: l'Ue vuole eliminare il Cav scatenandogli contro il partito
La chiacchierata con Letta e il mistero di quella con Alfano: l'Ue vuole eliminare il Cav scatenandogli contro il partito
A
d osservare attentamente il thriller della fiducia c'era anche, da
Berlino, Angela Merkel, la supercancelliera appena riconfermata con un
plebiscito elettorale. Che Frau Merkel fosse preoccupata della
«stabilità» italiana lo ha fatto sapere lei stessa, con una telefonata
al premier Letta - definita «affettuosa» da Palazzo Chigi due giorni
prima della verifica in Senato, in cui auspicava «la continuità
dell'azione del governo».
Un segnale eloquente di quel che la Germania desidera (non)
accada in Italia, paese sorvegliato speciale dall'Europa e in
particolare dai tedeschi, azionisti di maggioranza della Ue. Un asse
Berlino-Roma già sperimentato con Mario Monti e proseguito con Letta,
sempre sotto l'ala di Giorgio Napolitano. Ma non sarebbe quella l'unica
telefonata partita dalla cancelleria tedesca verso i Palazzi romani.
Nelle ultime ore si rincorre la voce di un colloquio telefonico,
precedente al voto sulla fiducia, tra la Merkel e Angelino Alfano,
segretario del Pdl, partito che fa parte, nel Parlamento Ue, del gruppo
del Ppe (Partito popolare europeo), dove siedono gli eurodeputati della
Cdu tedesca che è appunto il partito della Merkel. Una telefonata per
assicurare l'appoggio tedesco e del Ppe (formazione a trazione
teutonica) all'operazione di annientamento politico di Silvio
Berlusconi, messo in minoranza dai suoi stessi senatori e deputati,
sotto la regia di Alfano, nelle vesti di nuovo leader di un centrodestra
cristiano-popolare (e de-berlusconizzato) gradito a Berlino? Un quadro,
per quanto iniettato di veleni, supportato da molti indizi.
Innanzitutto, dall'ostilità dei leader tedeschi del Ppe verso
Berlusconi. A partire dal capo della delegazione tedesca nel Partito
popolare europeo, Herbert Reul, che alla notizia della ridiscesa in
campo di Berlusconi per le elezioni 2013, commentò: «Non credo sia un
bene per il Ppe e per i nostri colleghi italiani (del Pdl, ndr) che lui
si ricandidi. Penso che abbiamo bisogno di politici come Monti o Mario
Mauro», montiano, già capo delegazione italiana nel Ppe, ciellino come i
«separatisti» Formigoni e Lupi. Non a caso Mauro, ministro del governo
Letta, qualche giorno fa, intervistato dal Frankfurter Allgemeine
Zeitung, ha proposto ai partiti che compongono il Ppe di «porre fine
alla loro collaborazione con la politica isolazionista del Pdl», cioè di
cacciare il Pdl-Forza Italia, «a causa del comportamento politico di
Silvio Berlusconi».
Anche Formigoni (che ha lanciato come nome per il nuovo gruppo quello
di «Popolari»...) ha puntato sull'asse col Ppe, dicendo che sarebbero
stati loro, i fuoriusciti dal Pdl, ad essere accolti dai colleghi in
Europa, non il Pdl formato Forza Italia di Berlusconi e dei suoi falchi.
Il cattolico Giovanardi, attivissimo nel lavoro di distruzione del Pdl,
attribuisce quel pensiero addirittura alla Merkel: «Il gruppo al Senato
lo facciamo perché Forza Italia non verrà accolta nel Ppe. Lo dice pure
la Merkel. Sarà un partito con delle caratteristiche incompatibili con i
Popolari europei» spiega l'ex Udc a Radio24. Gli «alfanianiani» hanno
dalla loro un vantaggio non da poco. Nel momento in cui Berlusconi
formerà Forza Italia, cioè un soggetto politico nuovo, dovrà - per
regolamento - fare domanda di ammissione al Ppe, che ovviamente potrà
anche rifiutarla. Mentre il Pdl di Alfano sarà già parte del Ppe, senza
bisogno di muovere un passo, e con la benedizione dei
cristiano-democratici tedeschi, a partire da Frau Merkel.
Mentre Berlusconi è diventato ingombrante, con le critiche
all'«egemonia» della Germania in Europa e addirittura i dubbi sulla
bontà dell'euro. Bestemmie intollerabili per Berlino, che punta sui
delfini per affossare il Caimano. «Ma Berlusconi, torna?» aveva chiesto
proprio Angela Merkel ad Angelino Alfano e a Franco Frattini in un
episodio inedito che ci racconta una fonte diplomatica. Berlino, gennaio
2012, alla Konrad Adenauer Stiftung, fondazione politica della Cdu.
Berlusconi ha da poco lasciato Palazzo Chigi, dove da novembre siede il
più germanofilo Mario Monti.
Frattini è lì in missione come presidente della Fondazione Alcide De
Gasperi (presidenza lasciata a luglio, a chi? Ad Angelino Alfano),
mentre Alfano lo accompagna come nuovo segretario del Pdl dopo
l'investitura di Berlusconi, ritiratosi a «padre nobile» del Pdl.
Parlano, in inglese (più Frattini che Alfano) con la Merkel, del nuovo
quadro politico in Italia e del Pdl, finché la cancelliera, un po'
preoccupata, non domanda: «Ma Berlusconi, si è ritirato davvero o è
ancora lui il leader?». «No no, Berlusconi adesso è fuori, si è
ritirato, il Pdl è guidato da una nuova generazione di moderati»
assicuravano Alfano e Frattini. Dopo oltre un anno e mezzo, alla Merkel
tocca ancora aspettare.
Paolo Bracalini
FONTE: http://www.ilgiornale.it/news/interni/zampone-merkel-dietro-telefonate-dividere-due-pdl-955604.html
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