giovedì 5 aprile 2012

IL BOOM DI SUICIDI? E' RIGETTO DEL SISTEMA


Si allunga di giorno in giorno la lista delle persone che si tolgono la vita, o provano a farlo, per motivi in qualche modo legati alla crisi. Dall’imprenditore strozzato da debiti al lavoratore dipendente rimasto a spasso, senza più nulla per sostenere la propria famiglia, passando per l’anziano che si vede decurtata la pensione o il giovane artigiano ossessionato dai vampiri di Equitalia, fanno sempre più notizia gli atti autolesionisti di tanti italiani che non ce la fanno più.
L’informazione mainstream si butta a capofitto sulle notizie, subito inquadrate in cronaca, e dunque proposte al pubblico con tutto il corredo commovente del resoconto del suicidio, dei commenti dei conoscenti, della disperazione dei parenti. Robe che a leggerle ti senti fortunato, con i tuoi 800 euro mensili da lavoratore interinale o la tua pensione da fame. Di uno straccio di analisi di questo fenomeno sempre più diffuso ovviamente non c’è nessuna traccia, e tutto viene derubricato implicitamente come un effetto indesiderato, limitato e sostanzialmente irrilevante, delle necessarissime riforme che porteranno il nostro paese e il mondo intero a una nuova età dell’oro.
Quella che, anche se in modo un po’ forzato, può essere considerata l’informazione non mainstream, ossia quella in Rete, declina invece le notizie con l’ossessività tipica dei mezzi che tendono a rendere simbolico qualunque fenomeno. Ad ogni suicidio, i social network esplodono di messaggi strabordanti indignazione, corredati da sempre più accorati appelli alla rivolta o alla rivoluzione. 
Ultimamente a circolare di più è la notizia del farmacista greco suicidatosi davanti al proprio parlamento, dopo aver accusato politici e speculatori di essere come i nazisti nel 1941. Sul luogo della morte fioccano biglietti che incitano alla rivolta, e che riecheggiano in Rete con grande virulenza. E che nella Rete restano poi quietamente confinati.
Poi c’è la politica. E, come sempre in Italia, si tocca il fondo. Da un lato ci sono personaggi come Di Pietro, che ha imparato da Grillo a trarre ispirazione e consenso proprio dai sommovimenti delle comunità virtuali. Probabilmente l’ex PM ha ben presente la pioggia di immagini e immaginette che colmano Facebook e altri social network, dove Mario Monti e la sua squadra sono ferocemente incolpati della recente scia di suicidi. Difficilmente condivide quel punto di vista, di per sé irrazionale, ma cinicamente coglie l’occasione per dare voce pubblicamente alla pancia della Rete, sperando così di acquisirne l’apprezzamento e i consensi elettorali.
Dall’altra parte c’è la politica conformista, che non perde occasione per mostrarsi al peggio. Se per puro caso la questione posta da Di Pietro volesse servire anche a interrogarsi sui motivi profondi dell’impressionante aumento dei suicidi, gli altri yesmen della politica bloccano ogni possibilità d’analisi tacciando di folle irresponsabilità il leader dell’IDV. Allo stesso modo erano state tagliate le gambe a Grillo quando aveva esortato a interrogarsi su ciò che, a livello sociale e culturale, poteva spingere alcuni a cercare di far saltare in aria gli uffici di Equitalia. In quel caso, come in molti altri, basta sventolare lo spauracchio del terrorismo, e tutto viene archiviato, senza colpo ferire.
Comunque la si guardi, dunque, sussiste un blocco generalizzato che non permette di inquadrare la questione dei sempre più numerosi suicidi, in Italia e altrove (in Grecia sono a quota 1.725 in due anni). Eppure c’è un filo rosso che lega tutte quelle morti: sono il fenomeno con cui il corpo sociale manifesta il proprio rigetto per il trapianto forzato del sistema di vita discendente dall’imposizione in economia dei paradigmi del turboliberismo. Tutti gli atteggiamenti riduttivi dell’informazione mainstream, più superficiali di quella potenzialmente alternativa (Internet), cinici o conformisti di questa o quella parte politica, servono al sistema per sfuggire a una analisi più approfondita, che parta appunto dal concetto di base: la palese insostenibilità del sistema nel suo complesso.
Nel merito dei singoli casi, è vero che ci sono persone talmente disperate da togliersi la vita. Non è vero che è colpa di Monti, al quale al massimo si può attribuire la responsabilità di aver affondato il coltello quanto nessuno mai prima, per di più con un malcelato compiacimento. Ma soprattutto è vero che le condizioni e gli stili di vita che da decenni sono stati imposti in modo crescente alla maggioranza delle persone non sono umani. In un gioco del genere, la regola è quella di reprimere e soffocare nel disagio le persone, anche portandole al suicidio, tenendole ben lontane da una presa di coscienza che il problema è complessivo, e come tale andrebbe risolto.
L’obiettivo è evitare che l’istinto al suicidio, o anche solo all’accettazione passiva dello status quo, delle persone disperate, si tramuti in consapevolezza della realtà, quindi in rabbia, quindi in azione. In realtà l’aumento della pressione che i sacerdoti dell’iperliberismo stanno attuando su tutte le comunità fa parte degli ultimi scossoni di vita di un sistema intimamente insostenibile. Sono le ultime accelerazioni su un percorso non più percorribile, che le comunità stesse sovvertiranno, proprio nel momento in cui capiranno la reale portata del problema, smettendo di suicidarsi e tramutando la disperazione in rabbia, da dirigere non più contro se stessi.


Davide Stasi

1 commento:

  1. Scusa, ma come va avanti l'articolo? E' finita così? di rabbia da dirigere non più contro sé stessi ma contro...? di sdegno casomai, non di rabbia.

    comunque la frase illuminante per ora è "rimangono confinate nella Rete". si parla e si scrive, si scrive soprattutto, usando il web per diffondere il proprio pensiero ed invito a far qualcosa, ma poi non si fa nulla? Fucking why.

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