TERNI,
8 magg – Evasore per colpa dello Stato che non lo paga. Incriminato per
l’omesso versamento dell’Iva, con il rischio di essere condannato a due anni di
carcere e di vedere bloccata la sua attività. A dire che non è giusto c’è una
sentenza di assoluzione a dir poco innovativa, prima in Italia, del giudice
ternano Angelo Matteo Socci (già seguita da molti suoi colleghi). E riguarda
molti contribuenti che si trovano spesso in una situazione kafkiana singolare e
drammatica: non incassano i corrispettivi dovuti dalle amministrazioni
pubbliche e devono però dichiarare l’Iva dovuta, che a volte non possono
versare per far fronte ad altri impegni. Come il pagamento degli stipendi ai
dipendenti. E alla fine commettono un delitto punito severamente, con il
sequestro anche dei beni aziendali e con il conseguente blocco dell’attività.
La
sentenza è arrivata nei confronti di un imputato rappresentante legale
dell’istituto di vigilanza che tra l’altro opera al palazzo di giustizia di
Corso del Popolo: «L’imputato nelle sue dichiarazioni spontanee – scrive Socci
nella sentenza – del resto suffragate da ampia documentazione – ha evidenziato
come il ritardo è stato imposto da ritardi nei pagamenti da parte di
committenze pubbliche, in particolare il ministero della Difesa, che hanno
lasciato la cassa della sua azienda senza momentanea liquidità; infatti il
tutto poi ritorna perché alla liquidità l’imputato versa il dovuto. Si
configura pertanto un inadempimento non doloso e quindi non può lo stesso
costituire reato».
«L’imputato
– continua la sentenza – deve quindi assolversi dal reato contestatogli perché
manca l’elemento soggettivo, la prova del dolo, invero vi è la prova della
buona fede, dell’impossibilità di pagare per inadempienze altrui, perché il
fatto non costituisce reato». Chiarissimo».
Intanto, c’è un caso simile sempre al vaglio del giudice Angelo Matteo Socci.
Riguarda un noto imprenditore difeso dall’avvocato Francesco Donzelli che è
stato incriminato per non aver pagato l’Iva su fatture mai onorate dallo Stato.
Un’altra situazione paradossale. (messaggero)
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