Ieri, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, si è sparato in bocca uno studioso molto noto nell’area della destra identitaria francese, Dominique Venner.
Si può affermare con una discreta certezza che la causa dell’estremo gesto del settantottenne animatore
della rivista-movimento “Europe-Action”, vicino alla “Nouvelle Droite”
ed autore di molte pubblicazioni di carattere storico e politico,
alcune delle quali tradotte in italiano, sia da ricercare nell’angoscia
mista a disgusto per la progressiva perdita d’identità della sua patria e
della sua nazione.
Da
una parte, infatti, gli scritti più recenti di Venner vertevano sui
pericoli derivanti dal “multiculturalismo”, in particolare
“l’islamizzazione” della Francia (e dell’Europa), che egli vedeva come
una iattura che di qui a breve si realizzerà compiutamente; dall’altra,
egli aveva dichiarato la sua ferma contrarietà
– come del resto milioni di francesi e anche parecchi sindaci che hanno
già annunciato la loro ‘obiezione di coscienza’ – alle cosiddette
“nozze gay”, contro il cui disegno di legge è in programma, tra pochi
giorni, una manifestazione oceanica nella capitale francese.
Il senso dell’ultimo messaggio scritto che ha lasciato
è che bisognava che qualcuno si sacrificasse col classico “bel gesto”
in grado di scuotere le coscienze di una nazione intorpidita ed
assuefatta al degrado sociale e alla pura e semplice scomparsa.
I
commenti, nell’epoca dei blog e delle “reti sociali”, non sono mancati.
Ognuno ha detto la sua, e coperti dall’anonimato alcuni si sono
sbracati in porcherie degne della categoria che dichiarano di
rappresentare. Basti leggere i commenti, sulla pagina Facebook dello stesso Venner, di alcuni “attivisti gay” (cliccare su “mostra i commenti precedenti” al post del 14 maggio).
Altri,
paladini del “multiculturalismo” a tutti i costi e senza limiti, poiché
per loro esistono solo “cittadini del mondo” (salvo verificare quanto
sarebbero disposti a non sbellicarsi dalle risate se, poniamo, un Mario
Brambilla pretendesse di diventare “congolese” dopo dieci anni di
permanenza nel paese africano!), hanno commentato con analoghi insulti,
che denotano un fanatismo unilaterale misto ad una cieca “intolleranza”:
proprio loro che predicano il suo opposto per mari e monti!
Parlando
invece di cose un attimo più serie, si registrano i pareri di chi ha
rilevato l’esagerazione del gesto dello scrittore francese, se non altro
per la “causa” in sé, che a loro dire non lo meritava.
Qui però bisogna svolgere due riflessioni su quelle che sono la sensibilità “di destra” e quella “di sinistra”.
Una
moderna sensibilità “di destra” è senz’altro più ricettiva verso quel
che attiene alla sfera della “civiltà” (identificata a volte con “la
tradizione”, sebbene mal compresa, e lo vedremo dopo) e della “identità”
(no agli immigrati, alle moschee ecc.), mentre una “di sinistra”, è
maggiormente incline verso quel che riguarda “i diritti” e “il sociale”.
Ecco perché Palach – come i monaci tibetani - si dà fuoco perché “manca
la libertà”, mentre Venner si spara perché coi “matrimoni gay” ritiene
si sia di fronte ad un “suicidio della nazione”. Non so se mi sono
spiegato: queste sono la “destra” e la “sinistra”, anche nelle loro
manifestazioni estreme dal punto di vista esistenziale quale può essere
un suicidio.
Ovviamente
esistono anche posizioni miste, intermedie, quale può esser stata
quella di Mishima, che per elevare il suo grido di dolore contro “la
morte del Giappone” si produsse in uno spettacolare “suicidio rituale”,
con tanto di guardia d’onore paramilitare ad assisterlo. Mishima, però,
che tra l’altro era pure omosessuale (ma non pretendeva il diritto di
sposarsi con un altro uomo né di adottare figli!), piaceva un po’ a
tutti, sia “a destra” che “a sinistra” (per gli stessi motivi per cui
non piaceva sia da una parte che dall’altra).
Poi
vi sono anche i suicidi per pura e semplice disperazione, parecchi in
questo periodo, e quelli non sono né “di destra” né “di sinistra”, dato
che la mancanza di lavoro, lo strozzinaggio degli “istituti di credito” e
tutto il portato della cosiddetta “crisi” voluta e creata ad arte dalle
élite finanziarie, non guardano in faccia a nessuno e sono
spietatamente “bipartisan”.
Ma
tornando ai “suicidi esemplari”, si può affermare che mentre un uomo
“di sinistra”, specie di quella votata al materialismo più ottuso, non
crede assolutamente a nulla oltre “il mondo”, e per questo va a farsi
“suicidare” nelle cliniche svizzere, mediamente un uomo “di destra”
ritiene vi sia “qualcosa” al di là di questa vita. Sovente ha un credo,
talvolta una pratica religiosa, ma quasi mai un’autentica guida
spirituale, con ciò intendendo un uomo realmente connesso col “divino”
all’interno di una tradizione regolare.
Purtroppo,
se certa “destra” di due secoli fa, o ancora del secolo scorso, poteva
dirsi “tradizionalista” (almeno per i suoi riferimenti culturali), lo
stesso non può essere affermato al riguardo della più recente versione,
sempre più “americana” ed “identitaria” e, magari in buona fede,
attestatasi su battaglie di per sé giuste, ma in fin dei conti di
retroguardia, a difesa della “società borghese”, senza però i saldi
riferimenti e soprattutto l’esperienza vissuta di una tradizione
regolare. Se poi ci aggiungiamo una discreta dose di filosofia
superomista, anticamera del nichilismo, la via è già spianata per
giungere anche ad un gesto estremo come quello di un “suicidio
esemplare” in cattedrale.
Ora,
l’Uomo non ha fatto del male a nessuno con quel gesto, nel senso che
non è piombato nella sede di un’associazione di omosessuali o in una
moschea sparando all’impazzata. Male, forse, l’avrà fatto ai suoi
familiari, ma se si rilegge bene la sua lettera, chissà…
Il punto, a mio avviso, è un altro.
Se
si vuole davvero evitare un “suicidio della Francia” (e dell’Europa),
ostaggio del “multiculturalismo” e della “omofilia”, al di là della
remota possibilità di prendere il potere per poi fare “come diciamo noi”
(il che ha sempre la sua importanza, purtroppo disconosciuta da molti
“tradizionalisti”), a livello esistenziale c’è una sola cosa da fare.
Smettere di vedere sempre nero e mettersi a fare figli, come fanno gli
immigrati che spaventano oltremisura le sensibilità “di destra”. Non il
figlio unico o due figli, ma tre, quattro eccetera, perché se “il numero
è potenza” (celebre motto mussoliniano) sarà anche riduttivo, nelle
relazioni tra i popoli esiste il fattore numerico, pertanto chi fa figli
vive e va avanti, chi non ne fa muore e sparisce dalla faccia della
terra.
Le famiglie numerose sono anche un potente antidoto alla diffusione dei “matrimoni gay”, non c’è dubbio.
Come
può diventare un figlio unico che vive perennemente attaccato alla
sottana della mamma terrorizzato dalla “vita” che l’aspetta fuori dalla
sua rassicurante cameretta? Certo, esistono molti altri fattori che
incoraggiano tutto ciò che è “gay” (dallo spettacolo alla “cultura”, dai
modelli familiari ai ritmi lavorativi, dall’incertezza sul futuro alla
mancanza di figure di riferimento eccetera), ma l’uomo è anche e
soprattutto un essere dotato di volontà, che può scegliere di darsi una
regolata e svegliarsi, ritornando in sé e piantandola col piagnisteo
d’ordinanza che ormai lo contraddistingue.
Non
c’è lavoro? In famiglia non ci sono più i “modelli” di una volta? Le
donne sono così e cosà, e gli uomini idem? Chi se ne frega! Ad un certo
punto, se uno non vuole diventare un fallito esistenziale senza un
carattere, è un imperativo categorico quello di rimboccarsi le maniche e
metter su famiglia, possibilmente numerosa.
Lì c’è la vita, altrove c’è la morte, così evidente anche se provano a confondere le idee con le sbandierate arcobaleno.
A
questo punto mi sembra già di sentire l’obiezione: “eh, ma se non ci
sono i soldi”… E perché, al di là del fatto che in troppi sono
praticamente assistiti (ma qui il discorso si allargherebbe agli
indicibili “accordi” tra lo Stato italiano e quelli di provenienza degli
immigrati), vi sembra forse che la maggior parte degli immigrati
navighi nell’oro? Nient’affatto! E cos’è che li sorregge allora?
Un
sociologo o un antropologo possono dire cosa vogliono, con tutte le
loro pubblicazioni “scientifiche”, ma quel che è certo è che gli
immigrati, e specialmente quelli di religione islamica che terrorizzano
gli “identitari” (senza dimenticare i romeni, sia cattolici che
ortodossi), fanno tanti figli, anche in mezzo a difficoltà che noialtri
manco c’immaginiamo, per il semplice ma basilare fatto che hanno fede in
Dio.
Quella
che probabilmente non ha chi sceglie per un “bel gesto”, per un’azione
esemplare da rispettare in sé quanto si vuole, una cattedrale, “la casa
di Dio”, dove spararsi in bocca e con questo dare adito più che altro
(mi sbaglierò?) al solito chiacchiericcio internettaro.
La
questione, dunque, non è quella di criticare, o peggio dileggiare la
scelta di Dominque Venner da un punto di vista “ideologico” (“destra”
contro “sinistra”, “omofobi” contro “omofili”, “razzisti” contro
“antirazzisti”), ché si tratta in un modo o nell’altro di falsi opposti,
di dicotomie che traggono vita solo dal fondamentale distacco dei
moderni dall’unica posizione in grado di trascenderle, che è quella
tradizionale, ovvero quella che è sempre stata patrimonio di tutti i
popoli prima che, proprio in Francia, con la “Rivoluzione Francese”,
attecchisse il morbo della “democrazia” e perciò della “politica”, per
cui tutti hanno (o credono di avere) delle “idee politiche” (o
semplicemente delle idee!).
Il
problema, ripeto, è quello di un ritorno alla normalità, che lungi
dall’essere la sovraesposizione di tutto ciò che è omosessuale o
l’esaltazione del “multiculturalismo” (il cui esito è un’indistinta
macedonia, com’è dimostrato ovunque si è imposto), non può però essere
una posizione “di destra” o “conservatrice”, bensì quella fede in Dio,
quella scintilla che mette in moto tutto il resto, senza la quale “i
nostri avi” non avrebbero tra l’altro edificato quei magnifici inni alla
vita che sono le cattedrali.
Enrico Galoppini
Capisco il gesto disperato, se non eroico, di Venner. Non è facile assistere alla completa rovina del proprio mondo.
RispondiEliminaIn un Europa già piagata dalla scarsa natalità, l'incoraggiamento dell'omosessualità ha una sola ovvia spiegazione: il genocidio.