Ormai è evidente che le banche italiane, nel complesso, per
diverse ragioni, stanno lasciando il settore del prestito all’economia reale,
per dedicare i loro fondi al settore speculativo (l’economia reale è in stabile
contrazione, richiede meno credito, le sue garanzie immobiliari sono state
svalutate dall’IMU, e, causa la depressione, diviene sempre meno solvibile). Si
impegnano nella raccolta di risparmio da destinare agli investimenti finanziari
loro. Prendono denaro a prestito dalla BCE allo 0,5% e lo usano per comprare
btp che rendono il 4% di interesse, pagato dallo Stato con i soldi delle tasse.
E ai clienti, alle imprese, alle famiglie prestano, quando prestano, a tassi
che superano anche il 10% annuo.
Ai risparmiatori rifilano polizze contenenti commissioni
implicite (nascoste) per le banche che non sono più del 3,5 come in passato, ma
raggiungono l’8,8%. Mentre ve ne sono anche di buone, con un paniere ben
differenziato e commissioni eque dello 0,25 – 0,30% l’anno, le direzioni
costringono gli impiegati a spingere quelle che rendono alla banca di più e
subito. E allora tu investi 100.000 euro e il giorno dopo il tuo investimento
vale 91.200, perché il resto lo incamera la banca. Certo, se prima esigi che ti
dichiarino se vi sono commissioni implicite, te lo devono dire. Non
accontentarti che ti dicano che l’investimento non ha commissioni di ingresso.
Questa rapida ristrutturazione industriale nel senso di
restringere il settore credito e di spostarsi nelle attività finanziarie,
consente di licenziare molto personale precedentemente addetto ai rapporti
diretti con la clientela, e di ridurre gli oneri per il personale rimasto, sia
in termini stipendiali (riduzioni o soppressioni di stipendi e premi di
produttività, di benefits, di promozioni) che di formazione professionale, che
di sicurezza. Il personale non è più il principale asset della banca. E’
sacrificabile.
Infatti, la ristrutturazione industriale comprende anche, in
ossequio a una moda di apparire aperti al pubblico, la
soppressione di protezioni contro le rapine (porte, inferriate, cancelli,
bussole, guardie giurate). Addirittura, in diverse filiali si è fatto in modo
che i clienti (quindi anche i rapinatori) possano accedere direttamente ai
cassieri, senza che questi debbano aprire una porta di sicurezza. Non vi
ingannino le bussole con lettore di impronta digitale: i rapinatori entrano
ovviamente a viso scoperto, ed, essendo già tutti schedati per precedenti
reati, non hanno remore a farsi prendere l’impronta digitale. In quest’epoca in
cui lo stabile deterioramento economico fa crescere i crimini contro il
patrimonio, con prospettive di durevole peggioramento, tali scelte
appaiono assurde.
La mia ipotesi è più rapine servano a un’operazione di immagine,
ossia a costruire un’immagine mediatica e popolare delle banche come vittime,
come oggetto di aggressioni, con i loro cassieri minacciati o uccisi, allo
scopo che questa immagine cruenta copra l’immagine delle banche usuraie, speculatrici,
imbroglione e, ancor peggio, ormai inutili all’economia reale.
Infine circolano voci – e anche qui prego chi sa di riferirmi –
che alcune importanti banche abbiano usato i c.d. Zainetti, cioè i fondi
previdenziali e i tfr dei loro dipendenti (almeno 7 miliardi) costituendoli
come pegno o come collaterale per ottenere i prestiti di liquidità di cui
avevano urgentemente bisogno, mettendo così a rischio le pensioni integrative.
Indizi in tal senso possono essere ritardi o sospensioni nelle informative di
aggiornamento ai dipendenti sulla valorizzazione dei loro rispettivi fondi,
ritardi o rifiuti nell’erogazione di anticipi sui detti fondi, ritardi o
rifiuti o divieti di modifica del profilo di rischio del proprio fondo (ad es.,
passaggio da obbligazionario a bilanciato).
Gli interessati che leggono questo articolo, vogliano eseguire
verifiche presso le proprie direzioni e anche per il tramite di qualche
sindacalista fidato, con la debita discrezione e senza preconcetti, perché,
appunto, solo di voci si tratta.
Marco Della Luna
16.05.13
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