Alcuni giorni fa, Domenico
Scilipoti, parlamentare già dell’IdV e noto inizialmente per aver formato il
Movimento di Responsabilità Nazionale a sostegno dell’ultima fase di un
Governo Berlusconi colpito da “scandali” e “tradimenti”, è stato invitato ad una trasmissione de “La7” nella quale,
in studio, sono ospiti fissi giornalisti della “autorevole” stampa
estera.
Scilipoti, da un po’ di
tempo, s’è fatto portavoce d’istanze sovraniste monetarie, culminate in
un recente convegno presso la Camera
dei Deputati, assieme
al prof. Claudio Moffa, dedicato alla discussione di alcune proposte mirate alla
restituzione della proprietà della moneta al popolo italiano.
Ma prima di procedere, invito
a seguire con attenzione lo spezzone video della trasmissione in oggetto:
http://www.youtube.com/watch?v=i3E2yxbW0Dg&feature=em-share_video_user
Ora, se uno non è
completamente plagiato dai “media” e dalla mentalità che inducono, e se la sua
capacità di discernimento non s’è ottenebrata del tutto, non faticherà a
scorgere in quel che ha visto e ascoltato quanto segue.
Ma per prima cosa, una
questione di “metodo”. Accettare l’invito in queste trasmissioni, sia “leggere”,
sia “impegnate”, per parlare di questioni molto serie è completamente tempo
perso. Gli autori, i conduttori e gli ospiti fissi di questi programmi – ammesso
che lavorino “in autonomia” - preparano una situazione perfetta per screditare,
di fronte ad un pubblico che conoscono bene come i proverbiali “polli”,
l’invitato “scomodo” di turno. Ci sono mille sistemi: s’interrompe l’ospite
mentre parla (meglio se sul più bello), si sminuisce, si travisa (“ma vuole
tornare alla lira?”), si ridicolizza, si spaccia per assurda una cosa
ragionevole (“ma come, un condono fiscale?”), si crea un clima non consono
all’argomento trattato eccetera eccetera.
Molto meglio, quindi, se si
ha qualcosa d’importante da dire, andare in mezzo alla gente, parlare faccia a
faccia, ovunque si renda possibile, uscendo da quella parvenza di realtà che è
la televisione: Grillo, questo, l’ha capito bene, proibendo ai suoi di
partecipare a questi “salotti televisivi” e prediligendo le piazze. Molto più
efficace il passa parola e il contatto reale che farsi infilare nel “panino”
confezionato dagli ideatori di una trasmissione televisiva, destinata ad un
pubblico per sua natura distratto e condizionabile al massimo grado.
Che cosa sono, altrimenti,
situazioni come quella che avete potuto osservare e giudicare in quel breve
filmato?
Si consideri l’atteggiamento
di tutti i presenti in studio. Si studino bene le espressioni, le smorfie, le
mosse, le battute, i toni… Dall’inizio alla fine è come se l’ospite fosse lì per
esser messo alla berlina, esposto al pubblico ludibrio, per il semplice fatto di
essere “strano” perché afferma cose “strane”. Sì, perché è proprio così grazie
all’indottrinamento di massa: come per magia, agli occhi della massa inebetita e
più o meno “acculturata”, tutti quelli che sollevano una questione che esula
dall’ordinario tergiversare mediatico appaiono come degli individui “strani”,
come dei “pazzi” che vengono a sovvertire il magnifico ordine
costituito.
Cosa c’è di strano, mi
chiedo, nel parlare della sovranità monetaria? Nel tentare d’introdurre presso
un pubblico che non sia quello degli specialisti e di coloro che sono già
informati una questione di così cruciale importanza per tutti? Anche se
la massa non se ne rende conto (ma di cosa mai s’è resa conto?), dalla sovranità
monetaria discende, né più né meno come afferma ad un certo punto Scilipoti, la
soluzione di almeno l’80% dei problemi degli italiani (e di ogni altra nazione
che affrontasse una volta per tutte tale questione).
Naturalmente stiamo parlando
di “problemi materiali”, ma chi l’ha detto – e qui mi rivolgo a chi pensa che o
si mette mano ai massimi sistemi o niente da fare - che quelli non contano?
Pensano di campare d’aria? Anzi, siccome alla fin fine non esistono nella vita
compartimenti stagni, sarà bene cominciare ad entrare nell’ordine d’idee che
anche le faccende cosiddette “materiali” hanno delle ripercussioni sui piani
“morale” e “spirituale”, sempre che tali “piani” esistano come realtà separate e
distinte. La differenza, infatti, non è data dalle cose in sé, ma
dall’atteggiamento, dall’attitudine con cui le si affronta. I soldi, perciò, non
sono necessariamente “lo sterco del demonio”, ma possono trasformarsi, se solo
ci sforzassimo di essere uomini e non le dantesche “pecore matte”, in uno
strumento di “liberazione” di tutta una serie di potenzialità, affrancandoci,
grazie ad una loro sana e naturale gestione (moneta popolare non gravata da
debito), da una perenne rincorsa per procurarceli per poi ridarli indietro
ai loro veri proprietari (di qualcuno pur saranno, no?) sotto forma di
balzelli d’ogni tipo (come l’assurda ed inconcepibile IMU), mentre i più – poveri fessi - s’illudono che
i “loro soldi” siano effettivamente di “loro proprietà”!
Invece no, non può essere
così in un regime in cui la moneta, anziché essere dei cittadini, è delle banche
private (che la massa ritiene “pubbliche”), le quali per di più non vengono
sottoposte, grazie a “leggi” ad hoc, alla medesima tassazione asfissiante che tocca a tutte le altre
imprese e ai privati
cittadini, col pretesto del “debito pubblico” e del rischio che “i servizi” non
possano più essere erogati (cosa del tutto falsa, perché se la moneta è di
proprietà del popolo lo Stato può erogare tutti i servizi che vuole, ma adesso
non può farlo perché deve indebitarsi, come fanno d’altra parte tutti gli enti
pubblici, che infatti per non “fallire” s’indebitano sempre più, “tagliano” e
svendono beni concreti ai privatissimi prestatori di danaro).
Intendiamoci, per affrontare
con la famosa “gente” un tema così importante come quello della moneta e della
relativa sovranità bisogna: 1) essere estremamente preparati, specialmente se ci
si trova incalzati, in pubblico, da personaggi incaricati di ridicolizzare,
spargere illazioni, intorbidire le acque, sviare il discorso ecc.; 2) parlare il
più chiaro possibile e puntare dritti al cuore del problema, evitando di
atteggiarsi a “professore”, ovviamente senza banalizzare fino al punto di
stravolgere le cose. La famosa “gente” non aspetta altro che qualcuno parli un
linguaggio comprensibile, ma i cosiddetti “esperti” ufficiali complicano
appositamente ogni cosa per rivestire d’una nebbia ciò che è molto più semplice
di quanto lo fanno sembrare.
Quindi, le fonti primarie per
comprendere come funziona la “truffa monetaria” sono: quelle di autori che 1)
sono fuori dalla “accademia”, poiché essa è incaricata di riprodurre il consenso
verso l’attuale sistema finanziario, sia presso gli addetti ai lavori, sia
presso chi crede di sapere tutto perché ascolta gli “esperti” delle “pagine
economiche”; 2) non ricercano una visibilità, una celebrità a tutti i costi, e
nemmeno una “cattedra”, ma sono mossi da un’insopprimibile tensione morale, che
non può che derivare da un afflato religioso, più o meno cosciente.
Non a caso, Giacinto Auriti, che in Italia è stato il pioniere
della lotta contro l’usurocrazia e il potere assoluto dei “signori del
denaro”, era un cattolico, non di quelli “modernisti” tutto fumo e poco arrosto
o “riformati” che, nella migliore tradizione americana, elevano preghiere
affinché il loro conto in banca si rimpinzi sempre più. E, soprattutto, lui che
era un “professore”, non disdegnava di parlare con nessuno, fino al più umile
lavoratore; non come fanno gli “intellettuali” e la quasi totalità dei suoi
colleghi, ben rinserrati nei loro fortilizi e schifati alla sola idea
d’incontrare un “plebeo”. Inoltre Auriti aveva capito che l’unico modo per
comparire in televisione e non farsi infinocchiare era quello di tenere dei veri
e propri monologhi, come quelli andati in onda su un canale locale
abruzzese, alla
faccia dei benpensanti che ritengono indispensabile sempre un “confronto”: ma
tra chi, tra un uomo preparato, cristallino e disinteressato, e un prezzolato,
disonesto preoccupato solo di farsi una “posizione” e di compiacere il suo
padrone? Ma di quale “confronto” parlano questi ipocriti? Un uomo può
confrontarsi solo con un suo pari e non con una marionetta o un servo del
potere. Se poi si seguono queste pionieristiche trasmissioni del compianto
Auriti, si noterà che da casa giungevano telefonate in studio: quale
trasmissione di qualsiasi canale nazionale in cui si trattano argomenti politici
ed economici ammette l’intervento, senza filtri, del pubblico a casa? Un’altra
dimostrazione che quest’uomo non temeva “l’imprevisto”, l’eventuale reazione
ostile, perché alla fine il “nemico”, se davvero non è mosso da perfidia
inguaribile o perché ha un qualche tornaconto nel tenere in piedi un sistema
iniquo, è solo uno che non sa, e la cui avversità è dettata perciò da una pura e
semplice ignoranza.
Ad un certo punto, però, uno
potrebbe obiettare che se Scilipoti - così come l’avv. Marra, ospite di un’altra
trasmissione in cui gli viene riservato analogo ‘trattamento di
riguardo’ - viene
chiamato in tv a parlare di faccende così “scomode”, ciò è la dimostrazione che
in “democrazia” esiste un vero “pluralismo” delle opinioni ammesse e portate a
conoscenza del pubblico. Ragioniamo un attimo, però. Quante volte, in
proporzione a quelle in cui si discute di “casta”, cronaca nera, politica
politicante (tipo le “primarie”) ed altre mille stupidaggini di
nessun interesse collettivo (anche quando sembrano “importanti”), i
telespettatori possono venire anche solo lambiti da temi d’importanza così
cruciale per le loro vite come quello della proprietà della moneta? Si contano
sulla punta delle dita. Quindi, il sospetto è che siccome Lorsignori (le tv sono
di proprietà degli stessi “signori del denaro”) sanno benissimo che sempre più
persone stanno accorgendosi della loro truffa, giochino d’anticipo (come stanno
facendo con le “scie chimiche”), imbastendo queste finte occasioni
di “confronto” e di “informazione” per cercare di tamponare la falla che s’è
aperta nella loro barca.
Ma non ce la possono fare,
anche se cantano vittoria. Ormai la loro barca fa acqua da tutte le parti. Per
un semplice motivo: disconoscono la natura umana, che intendono piegare tramite
i loro giochi di prestigio, ma che alla fine riemerge e pretende i suoi diritti.
L’uomo, infatti, può raccontarsi tutte le favole che vuole, ma queste possono
inebriarlo fintanto che le cose gli vanno bene, fornendogli una “giustificazione
ideologica” e una “descrizione razionale” della realtà concreta che si trova a
vivere. Detto in altri termini, gli uomini finché hanno la pancia piena e stanno
al caldo non si lamentano, e sono pertanto disposti ad adottare qualsiasi
“favola” per dire a se stessi di aver “compreso” il mondo in cui vivono.
L’uomo
è fatto così: ha anche bisogno di una “narrazione coerente” della realtà in cui
vive. Da cui, il “bisogno” delle “ideologie”. Ma quando si rende conto che non
c’è più trippa per gatti, che l’inverno lo passerà all’addiaccio e che, insomma,
anziché la chimerica “luce alla fine del tunnel della crisi” vista per certa dai
soliti camerieri dell’usura, là in fondo c’è solo un enorme buco nero che
inghiottirà i suoi beni e anche la sua vita, ebbene, a quel punto non è più
disposto ad ascoltare le “favole”. Vuole la trippa e tanti saluti ai bei
discorsi e alle “teorie”.
Lorsignori e i loro
lustrascarpe hanno ben poco da ridere. Si stanno incartocciando in una logica
inesorabile che li condurrà alla disfatta, anche se si presentano sicuri di sé,
imbattibili e con la verità in tasca. È la tipica sbruffoneria di chi si
considera superiore per ‘diritto divino’, di chi, a forza di disprezzare lo
schiavo non si rende conto che quello non ha più l’anello al naso.
Quando si sentono troppo
sicuri, commettono poi degli errori imperdonabili. Cosa può pensare in effetti
un italiano che si sente dare del “disonesto” da uno straniero che per giunta
viene qua a fare la bella vita impartendoci la “moralina”? Lo sappiamo bene come
funziona tra italiani: è tutto un lamentarsi, ci diamo continuamente le
martellate sui… ma se qualcun altro ci viene ad insultare, allora facciamo
quadrato e mostriamo i pugni. È così, punto e basta, ed è un istinto sano,
checché ne dicano pedagoghi, sociologi ed antropologi da strapazzo imbevuti
d’una ideologia fallimentare destinata al pattume assieme alla teoria e alla
pratica monetaria vigente.
Se siamo dei “ladri” lo
stabiliamo noi, e soprattutto saremo noi italiani a chiarire chi è il vero ladro
e chi, invece, schiacciato dai camerieri dell’usura, che “italiani” non sono più perché per
loro l’idea di “patria” è solo un “patetico residuo del passato”, tenta solo di stare a galla e di
dare da mangiare alla propria famiglia, mentre voi vi rimpinzate alla faccia
nostra.
Da che pulpito proviene poi
quest’ironia da quattro soldi, quest’abitudine a trattare da “pazzo” ogni
italiano che dimostra un minimo di coraggio e di amor proprio! Sarà bene
ricordare che le “oneste” Inghilterra, Francia, Olanda e Spagna, mettendo
assieme le loro rapine ai danni del mondo intero, orchestrate dai grandi finanzieri che oggi rapinano anche
noi, non sono nemmeno
lontanamente paragonabili all’Italia e ai suoi “crimini”, che al confronto fanno
la figura delle marachelle d’un mariuolo rispetto alla sistematica attività
delinquenziale d’una banda di tagliagole. L’Italia, però, stante la sua
sudditanza politica, militare, economica e, in specie, culturale, è costretta a
fare continua ammenda e solenne promessa di non provare mai più ad essere
“grande”. Figuriamoci riprendersi la sovranità monetaria per il bene di
tutti!
Ma a loro, alle “grandi
democrazie” di lungo corso, tutto è permesso: continuare a sfruttare intere
popolazioni africane, asiatiche e latino-americane, ed anche i loro stessi
“sudditi” (si pensi a che carne da macello è un “americano medio”), e poi venire
qua a ridacchiare sul nostro conto, a sbeffeggiarci in casa nostra, come se non
sapessero di trovarsi in una terra sotto occupazione e servaggio dal 1945.
Condizione che, piuttosto che alimentare comportamenti virtuosi, “civili” ed educare ad un “carattere”, incoraggia tutte le viltà e gli istinti più bassi. Lo possiamo
affermare con cognizione di causa, perché finché l’Italia è stata una nazione
libera e sovrana i lavori pubblici, tanto per fare solo un esempio d’attualità,
finivano in tempo (talvolta in anticipo), e alla fine è pure capitato che
risultasse un avanzo di cassa rispetto alla previsione di spesa!
Perciò, se gli italiani sono
“disonesti” (il che, allo stato attuale, non è solo un’illazione), lo sono a
causa del malcostume e del menefreghismo indotti dalla mancanza di libertà,
perché solo la condizione di uomini liberi a casa propria è di sprone ad
impegnarsi per traguardi che travalicano il mero tornaconto personale. Come fa
un italiano, in questa situazione di “morte della Patria”, ad agire
disinteressatamente? Non è possibile, anzi, è una corsa al magna magna più
esasperato, perché da un lato il “Badrone” manda avanti i più scaltri e servili
(e, diciamocelo, i più scemi), dall’altro la “liberal-democrazia” – la forma
politico-istituzionale impostaci – esprime solo individualità interessate al
proprio orticello, che raccontano a pappagallo la favoletta dell’interesse
generale risultante dalla sommatoria dei singoli interessi individuali
soddisfatti.
In uno stato di servitù, qual
è quello che a tutta vista non dev’esser chiaro a questi “autorevoli”
commentatori della stampa estera, ci si riduce esattamente come quelle
popolazioni delle “Repubbliche delle banane” del Centro America, o come quelle
del cosiddetto “Terzo mondo” in cui la corruzione e il malaffare sembrano una
malattia congenita, quando è risaputo che tutto dipende dall’esempio e dalla
guida che ricevono dall’alto (infatti appena va al potere un personaggio
imprevisto con le idee a posto, come Thomas Sankara in Burkina Faso, lo fanno subito
fuori).
Che ridano, che sbeffeggino,
che scatenino a ruota libera la loro funambolica parlantina e diano libero sfogo
alle loro arti incantatorie (c’è chi, ad un certo punto del filmato, dice che
l’aver cambiato gruppo parlamentare “non è democratico”: ma che significa???).
Vogliono farci credere di essere dei “ladri” per convincerci che siamo dei
falliti, ieri, oggi e domani, congenitamente incapaci di combinare qualcosa di
buono, ma in realtà hanno paura di noi e di quello che può rappresentare
un’Italia libera, sovrana e indipendente. Altrimenti non si prodigherebbero a
tal punto nell’inondarci di propaganda e spazzatura mentale, trattenendoci
nella morsa di oltre cento basi militari e nella camicia di forza della
moneta-debito.
Sanno bene che la “crisi” non
è una situazione passeggera, ma una condizione permanente preparataci
appositamente, per ridurci in schiavitù. Cosa ci sia da ridere, lo sanno solo
loro, quando si accorgeranno di aver passato la vita a tenere bordone ad un
sistema iniquo e, più che altro, realizzeranno che pure loro sono delle pedine
di un gioco che nemmeno immaginano, tanto sono felici, adesso, di sedere alla
mensa del “Badrone”.
Credono di poter
giochicchiare e cincischiare all’infinito confidando nelle loro capacità di
“illusionisti”, ma non si accorgono che stanno facendo dei passi falsi. In giro,
con la pancia vuota, monta rabbia ed insofferenza verso le “chiacchiere”, e,
soprattutto, aumenta la voglia di capire e di sapere davvero chi, come e perché
ci sta strangolando.
Ridete ancora per un po’…
Ci
sarà ben poco da ridere quando gli italiani esploderanno e si libereranno dalle
vostre catene.
di Enrico Galoppini
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