Caro Stato,
C’era una volta un re… si
proprio un re, che diceva: “Lo Stato? Sono io!”: questo re passò poi alla
storia col nome di re Sole. Per ben 57 anni lavorava otto ore al giorno, da solo
pianificando, arricchendo e facendo prosperare il suo popolo. Il suo principio Colbertiano
era “L’arte della tassazione sta nello strappare a un’anatra quante più penne
possibili con il minimo di sibili”. Tu, o Stato, quanti impiegati hai che non
riescono a fare un decimo di quello che fece quel Re?
C’erano anche, una
volta, diritti e doveri, e tutti sapevano, e bene, che a non ottemperare un
dovere si perdeva il diritto corrispondente.
Quando tu, Stato nella
tua incarnazione sabauda, “facesti” l’Italia, questo schema, già allora, traballava,
però bene o male resse attraverso le tue incarnazioni successive e cioè quella fascista
prima e quella democratica dopo.
Oggi il sistema è
visibilmente rotto, è visibilmente allo sfascio. Non è che diritti e doveri
siano spariti, ma si omettono, si trascurano, si “dimenticano” e chi lavora
paga lo scotto dell’omissione, della “dimenticanza”, con una pressione fiscale che
va dal 66 al 77%. Lascia quindi che paragoni, caro Stato, le cose come vanno a
come dovrebbero andare.
L’unica, ripeto unica
ragione che obbligherebbe chi paga le tasse a farlo in coscienza, è che il
gettito fiscale, ovvero il totale delle tasse, copra le spese di governo, cioè del tuo dovere primario. Governare secondo una
relazione di diritti e doveri non è un capriccio: tu stato, infatti, a fronte
del diritto di tassare hai il dovere di espletare, vale a dire di
compiere, le seguenti cinque funzioni
inalienabili, irrinunciabili:
Uno: Amministrare la giustizia, cioè premiare chi rispetta la legge e punire chi
la trasgredisce;
Due: Mantenere l’ordine pubblico;
Tre: Difendere il territorio sul quale tu, Stato, rivendichi sovranità, dalle
aggressione esterne;
Quattro: Emettere il mezzo di pagamento che consenta ai contribuenti
di pagare il dovuto; tu, e non il sistema bancario, hai il dovere di stampare ed emettere il contante, così non indebitandoti
e garantendo ai cittadini la libertà di non indebitarsi;
Cinque: Proteggere gli interessi dei cittadini stranieri residenti
in Italia a cambio della protezione di cittadini italiani residenti all’estero.
Ulteriori funzioni,
sussidiarie e alienabili, non verranno trattate qui.
Orbene, caro Stato,
vediamo come tu espleti, come tu porti avanti, codesti doveri.
Giustizia: ecco cosa accadde
a un avvocato che un paio d’anni fa ebbe a recarsi a Caltanissetta per una
causa. Arrivato, chiese a un paio di passanti dove fosse il Palazzo di
Giustizia.
Il primo rispose: “Vuol
dire dell’ingiustizia”? E il secondo: “Guardi, il Palazzo è dietro
quell’angolo, ma se cerca la giustizia, è da un pezzo che non vi abita più… e
nessuno sa dov’è”.
Non è detto che il
successo in quel di Caltanissetta si ripeta nel resto d’Italia, ma se è
difficile oggi reperire un giudice che applichi la giustizia secondo equità e
non secondo istruzioni ricevute in qualche loggia massonica, allora vuol dire
che tu, caro Stato, imponi ai cittadini di pagare emolumenti, stipendi, a gente
che non solo non apporta benefici, ma che addirittura danneggia.
Ordine pubblico: Da
lungo tempo tu, Stato, affermi categoricamente di aver abolito la pena
capitale. Davvero? Hai abolito i fronzoli che un tempo la adornavano: l’istruttoria,
il processo, la sentenza e l’esecuzione della medesima. Ma la pena, caro stato,
non è affatto sparita: la Mafia, la
Massoneria, gli elementi –deviati si spera- delle Forze cosiddette dell’Ordine,
la applicano senza ambagi, quindi in modo chiaro e diretto, per non parlare di
giustizieri freelance, meglio sarebbe chiamarli sicari, al servizio di potenze straniere. Quanti
mandanti ed esecutori delle stragi degli “anni di piombo” hai punito? Zero,
caro Stato, zero. E chi lavora paga, per vedersi un giorno saltare in aria da una bomba ad alto esplosivo
di dotazione militare, tra l’altro. E non solo: Hai firmato un trattato che
affida l’ordine pubblico ad agenti stranieri, abdicando così, con premeditazione,
la sovranità sulle forze dell’ordine che era, e rimane, un tuo dovere
incedibile!
Della Difesa rimane solo
il nome, di quel Ministero che un giorno si faceva chiamare, con più onestà, della
Guerra. Già, perché oggi i soldati italiani uccidono e muoiono in paesi
stranieri in barba alla Costituzione “più bella del mondo” secondo alcuni
entusiasti. E chi protegge (si fa per dire) il territorio italiano? 103 basi militari
di quegli stessi “liberatori” che a suon di bombe ci portarono la democrazia. E
con i nostri militari fuori e gli stranieri dentro, hai abdicato la sovranità
militare tout court. Che cavallone di
Troia ci hai messo dentro!
Il quarto dovere lo espletasti l’ultima volta nel
1974, con il “Biglietto di Stato” da 500 lire che sostituì quella bellissima
moneta capolavoro di incisione sparita dalla circolazione. Da allora ti
indebiti con terzi, cioè abdichi la sovranità monetaria, e spendi gli introiti
erariali, cioè le tasse che noi italiani ti paghiamo, per coprire un
illegittimo, mostruoso, innecessario e truffaldino “debito pubblico”. Pochi se
ne accorsero allora, ma internet sta mostrando a tutti cosa bolle in pentola e
quale cruda verità si nasconda dietro il cosiddetto debito pubblico che tu Stato
ci sbatti quotidianamente in faccia per colpevolizzarci.
Sul quinto c’è solo da
dire che l’immigrazione selvaggia di gente estranea alla nostra cultura ti
viene chiaramente imposta da chi detta le tue politiche (perchè è chiaro che
codeste politiche non si originano nel Bel Paese, non sono farina del tuo sacco).
Per cui, caro Stato,
l’unico destino delle entrate erariali è l’impinguamento di una casta di parassiti riscalda-sedie negli uffici
pubblici. E, come diceva George Bernard Shaw, “chi promette di rubare a Pietro
per pagare Paolo avrà sempre il sostegno di Paolo.”
Non ho finito, caro
Stato. Colbert raccomandava di non far sibilare l’anatra, non di ucciderla. Ma
è proprio quello che stai facendo: vediamo infatti quali imponibili colpiscono
le tasse:
·
La tassa sul reddito colpisce la produzione;
·
Le tasse indirette, il consumo;
·
L’IVA colpisce le transazioni domestiche, cioè tutti gli
acquisti della gente comune;
·
La dogana colpisce importazioni ed esportazioni.
Detto altrimenti,
l’economia va a rotoli, e quindi l’Italia va a rotoli, perché tu prelevi più di
quanto non permetta a chi lavora di produrre. Le tue 70mila e passa leggi e leggine
dal 1945 ad oggi rendono la vita di chi vuol lavorare insostenibile, e la
povertà certa. Non solo, ma causano un numero di suicidi che dimostra
chiaramente la tua spietatezza e la tua mostruosità.
E c’è di più. L’IVA, che con un modesto 10%
fece perdere i Paesi Bassi alla Spagna di Filippo II, è una imposta le cui
spese di gestione eccedono le entrate. E
tu, cos’hai fatto? Hai obbligato imprenditori, artigiani, commercianti,
professionisti, ecc… ad accollarsele, quelle spese, senza pagarli. Così ottenendo il doppio scopo di: 1. distoglierli
dalle loro occupazioni, cioè impoverirli; 2. far rientrare la schiavitù dalla
finestra dopo che, con le conquiste del secondo millennio, era stata messa, o
così sembrava, alla porta.
Le conclusioni, caro
Stato, si impongono da sé:
Prima: Le tasse non si
possono pagare, data la scarsezza di produzione e di mezzo di scambio. Non
si possono pagare, proprio non è possibile.
Seconda: Le tasse non
vanno pagate a uno Stato che si è delegittimato da sè, impotente,
irrilevante e pertanto da non prendere nemmeno in considerazione.
Chi le evade, quindi, le
tasse, non ruba e non delinque, cioè non manca al proprio dovere.
Pratica unicamente la legittima difesa da estorsione
aggravata e continuata.
Silvano Borruso
Bellissima lettura del nostro Stato, sul fatto dell'impossibilità del pagare la tasse allo stato attuale mi ricorda il COMITATO di LIBERAZIONE NAZIONALE presentato due settimane fa da PAOLO BARNARD alla Gabbia
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