Nel marzo del 1976,
quando mi avvicinai al "VARSITY" in relazione al fatto che stavano
facendo una recensione del mio libro "Il problema babilonese", dopo
averlo letto e studiato un po', la decisione dell'editore fu che avrebbero davvero
recensito il mio libro (aiutandomi a venderne qualche copia), e inoltre che mi
avrebbero richiesto una serie di articoli sulla questione monetaria, il primo
dei quali sarebbe stato sull'"Inflazione".
Allo stesso tempo li
avvisai che secondo me ci sarebbe stato un gran clamore da una parte o
dall'altra, in quanto pubblicavano il mio articolo sull'"Inflazione"
invece di uno dei molti professori di economia politica connessi all'Università
di Toronto. La loro risposta fu "Non ci importa. Abbiamo chiesto questi
articoli a dodici dei maggiori professori di economia politica, e loro li hanno
scritti; e il sorprendente risultato è che ogni articolo diceva qualcosa di
completamente diverso." Lo staff editoriale aggiunse: "Quello che
afferma Lei ha senso, e noi lo pubblicheremo."
Ieri, il 23 febbraio,
leggendo i due articoli del "TORONTO STAR", che presentavano due
opinioni separate di due eminenti professori di economia politica
all'Università di Toronto, intitolati "Dovremmo indebitarci ancora di
più?", tornai con la mente a quell'episodio negli uffici del
"VARSITY", ormai un 16 anni fa.
L'articolo di Mel
Watkins, seppur abbia un po' di senso secondo le opinioni dell'economia
politica ortodossa, a me sembra più il lavoro di un uomo che sa la verità ma
molto tempo fa (durante questi ultimi 16 anni!) ha capito che la verità in
questo campo non paga, e ha (convenientemente) rinunciato a difendere quella
che sembra una battaglia persa. Ovvero, sembra riconoscere saggezza alla frase
fatta circolare tra gli uomini leali, senza dubbo per indebolire la loro
determinazione: "Se non puoi vincerli, unisciti a loro!"
E qui ricorderei Mr.
Watkins della poesia di A.H. Clough:
"Non dire che la
lotta non serve a niente,
che la fatica e le
ferite sono vane..."
Per quanto riguarda
l'altro signore, Mr. John Crispo, mentre si professa keynesiano, il che
presumibilmente significa uno che supporta deficit illimitati (il cui
significato è che il processo con il quale nei paesi anglosassoni si crea nuovo
denaro, in ultima analisi dipende dall'esistenza di tali deficit), allo stesso
tempo, qualsiasi sia il problema del Canada, dice che si opporrebbe a qualsiasi
ulteriore incremento del nostro deficit (e quindi del nostro debito statale).
Credo che nessuna
delle due posizioni porterà alcuna soluzione permanente alla situazione
esistente, perché la causa alla radice del malessere che fa marcire l'essenza
vitale di questo paese è il fallimento del governo di esercitare la sua giusta
prerogativa, la creazione dell'Unità di Scambio, cioè la creazione del denaro.
Su Keynes, che così
tanti uomini meritevoli nel campo dell'economia tirano in ballo come un
assoluto, si potrebbe dire che un po' di commenti non saranno qui fuori luogo.
Egli era decisamente un dio dai piedi d'argilla. L'articolo pubblicato su di
lui qualche anno fa nell'"Observer" di Londra, non lasciava dubbi sul
fatto che avesse la stessa debolezza di tanti di coloro che stanno oggi morendo
di Aids, e fosse quindi malleabile come così tanti che vivono in quel mondo
crepuscolare, sebbene, come uomo di considerevole abilità, dovesse conoscere le
vere questioni senza tempo... Quindi quale fu davvero la sua importanza?
...Egli scrisse l'imponente "TEORIA GENERALE DELL'IMPIEGO, INTERESSE E
DENARO" (Londra, 1936) del quale, come "IL CAPITALE" di Marx,
molti parlano, ma relativamente pochi hanno mai letto da cima a fondo; sebbene
il suo libro "COME PAGARE PER LA GUERRA" (New York, 1940) avesse
senso nel contesto esistente, e senza dubbio condusse alla quasi accettazione
del suo piano postbellico per una Unione Borsistica Internazionale controllata
congiuntamente dalla Gran Bretagna e gli USA, quando i demoni si incontrarono a
Bretton Woods il primo luglio 1944 per bere i fiumi di sangue che sgorgavano
dalle lotte di un impero che moriva combattendo sulle spiagge della Normandia.
Perciò di questi due
meritevoli professori ho poco altro da dire... Che significato può mai avere il
fatto che due cosiddetti eruditi professori di una cosiddetta scienza, hanno
opinioni così radicalmente diverse? Che cosa insegneranno?
Tuttavia, ammetto
che, mentre non è necessario essere un economista politico per capire le cause
delle fluttuazioni nella spinta delle imprese umane, non c'è dubbio che tale
qualifica potrebbe essere utile... Ma sicuramente niente potrebbe meritare di
più l'attenzione di questi uomini, dell'analisi imparziale di quei processi con
i quali le istituzioni conosciute come "banche", protette dalla legge
perfino nella loro auto-descrizione pensata per ottenere la fiducia dello stato
e del suo popolo, come conseguenza di ciò che è essenzialmente la loro licenza
di battere moneta, forzano al rialzo o spingono in basso l'impulso delle
imprese umane e frustrano o meno le più importanti operazioni del governo.
In tutto questo,
però, una cosa è chiara: nessuna "legge", "equazione", o
"grafico" può circoscrivere il carattere capriccioso e variabile dei
bisogni e dell'avidità umani.
La questione che
tutte le persone leali di buona volontà dovrebbero discutere non è qualcosa di
nascosto nelle sciocchezze del lessico prolisso, ma è chiara e diretta; è il
significato del deficit in rapporto al debito statale, ed è la domanda: il
governo è lo strumento di qualche ristretto, anonimo, occulto organismo
internazionale, o è la rappresentazione dell'anima e delle aspirazioni di un
popolo? Come di fatto erano i re dei tempi antichi, sempre pronti a guidare i
loro piccoli eserciti di uomini valorosi in battaglia.
L'ovvia risposta è la
seconda. E proprio come il primo caso è diventato possibile attraverso il
totale controllo della creazione del denaro e la sua messa in circolazione
contro garanzie collaterali, tramite le attività di agenti di tale occulto e
apparentemente onnipotente organismo internazionale, così il secondo caso
diventerebbe di nuovo possibile se lo stato si facesse coraggio e si
restituisse la sua prerogativa sovrana, la creazione e assegnazione dell'Unità
di Scambio...
Il signor Mel
Watkins, nell'articolo che ho prima menzionato, parlava di un debito statale
giapponese... Potrebbe esistere questo debito. Ma nel breve studio che feci
sulla Banca Centrale Giapponese nel 1964, non trovai alcuna prova che i
giapponesi si recassero da qualche forza esterna per un prestito sul loro
stesso credito (o "Denaro", per meglio dire). Sembrava esserci
qualche piccolo debito statale per l'acquisto annuale del raccolto di riso
(senza dubbio per proteggere gli agricoltori dagli speculatori, interni o
esterni). Tuttavia, ciò che appariva più chiaro di tutto era che la Banca Centrale, secondo la
legge giapponese, era posseduta al 51% dall'imperatore stesso, che così
manteneva, quale re-dio, la parola e decisione finale in tutte le cose. Così i
giapponesi erano sopravvissuti ai disastri dell'ultima guerra! L'industria e il
governo giapponese prenderanno pure a prestito, ma i loro prestiti, in quanto
prestiti dell'emissione originale, rappresentano senza il minimo dubbio la
forza di volontà del loro re-dio. Sono prestiti tra loro stessi, come in
effetti viene messa in modo fuorviante, sebbene forse senza l'intenzione di
fuorviare, a pagina 291 de "L'economia" di McConnell e Pope, a
proposito del debito statale canadese: "Lo dobbiamo solo a noi
stessi". Fuorviante in quanto il 90% è prevalentemente dovuto alle Banche
di Azioni (?), e queste, sebbene apparentemente canadesi, potrebbero rappresentare,
tramite il controllo delle riunioni degli azionisti da parte di un detentore di
appena il 7% delle azioni, chiunque, ovunque al mondo, che sia Threadneedle
Street, Berlino, la Svizzera, Israele, l'Arabia Saudita, Tahiti, ovunque.
L'autore di un libro
pubblicato a Cincinnati nel 1889 dimostra adeguatamente che praticamente tutti
i cosiddetti Grandi Industriali Americani, specialmente dalla Guerra Civile in
poi, passati in un batter d'occhio dal vendere per strada aghi, filo, e nastro
in una piccola località a Broadway, come nel caso di A.T. Stewart, erano
"posseduti" in un modo o nell'altro da ciò che egli chiama "il
Potere Finanziario di Londra"... Ovviamente avrebbe potuto essere anche
"il Potere Finanziario di Berlino"! ecc. E questo studio sembra anche
includere l'originale John D. Rockefeller. Perciò, perché le gigantesche banche
canadesi dovrebbero essere libere da questo controllo esterno? E' probabile?
L'Onorevole Reginald
McKenna scrisse: "Coloro che controllano il credito di una nazione
dirigono la politica del suo governo e tengono nelle loro mani il destino del
suo popolo."
Ogni anno il deficit
dà alle banche di azioni (?), che sono quelle che traggono profitto da tale
deficit, il potere monetario per influenzare, tramite le molte agenzie che
ovviamente controllano, la nomina del cosiddetto leader del popolo, e di
conseguenza il controllo delle sue politiche. I servitori che gestiscono queste
gigantesche organizzazioni conoscono e useranno ogni strumento per mantenere
quello che sembra essere il loro potere, sebbene in realtà potrebbe essere il
potere dei loro padroni, e che ha fatto un completo parodia di ciò che era
l'anima e l'ispirazione di questa terra prima delle ultime cosiddette
"grandi" guerre.
Se non c'è deficit,
allora le banche, conformemente a leggi che senza dubbio hanno ispirato esse
stesse, devono molto probabilmente fronteggiare una continua diminuzione delle
loro "riserve" alla Banca Centrale, il che significa una continua
diminuzione nei loro depositi al ritmo di 15,38 volte l'ammontare della
riduzione delle loro "riserve" (nel 1976), essendo 15,38 il fattore
noto come il "moltiplicatore"; a meno che in effetti non chiedano
prestito alla Banca Centrale, come la maggior parte della gente crede che
facciano, o vendano titoli, ecc... Ovviamente questa non è una situazione
desiderabile per l'industria che deve pagare prestiti, ecc. che vengono
"richiamati" in conseguenza di questa contrazione della disponibilità
di denaro. Se però c'è un deficit, allora le banche, credeteci o no, possono
estendere i loro prestiti fino all'ammontare di quella parte del deficit che è
la loro quota di quella che senza dubbio considerano "la torta",
moltiplicata per lo stesso 15,38 (1976), il che chiaramente è una situazione
più desiderabile per chi controlla tali banche, e in effetti per le care
signore anziane che potrebbero avere un po' di azioni? (Per questo paragrafo
vedi E.P. Neufeld: "Il sistema finanziario del Canada", pag 106).
Mentre la Banca
Centrale, esercitando la propria volontà o quella che sia, può esercitare
quella che è nota come "persuasione morale"; tale persuasione morale
suggerendo che essi non vogliono che le banche interessate spendano questi bei
soldi tutti in una volta; nondimeno, gli enormi prestiti delle banche al Brasile,
all'Argentina, Timbukty, ecc., per finanziare aspiranti golpisti, sono
indicativi del fatto che molto di questo è speso, e ovviamente senza garanzia
assoluta che sarà mai ripagato, eccetto forse in caso di minaccia di guerra
dello stato canadese, caratteristica imperialista che lo stato canadese non ha
ancora assunto!
Un ulteriore commento
sul deficit da parte di uomini che devo considerare economisti istruiti e
altamente professionali, è sotto il titolo: "La creazione del denaro"
("L'economia" di Pope e MacConnell, pag 281):
"Se la spesa a
deficit è finanziata con l'emissione di nuova moneta, l'effetto sfollamento può
essere evitato. La spesa governativa può aumentare senza alcun effetto avverso
sugli investimenti. La nostra conclusione è che la creazione di nuovo denaro è
un modo più espansionistico di finanziare la spesa a deficit, rispetto al
prestito."
Tale prestito
significa prestito dalle banche, di conseguenza dando ad esse il potere che
deriva dall'applicazione del "moltiplicatore".
Diventa perciò chiaro
che nel cosiddetto finanziamento a decifit c'è qualche vantaggio superficiale
per lo stato, le cui azioni creano tale deficit e la conseguente deliziosa
"torta" per le banche. Ma con esso lo stato perde definitivamente ogni
volontà e potere, e scivola lentamente dalla sella per diventare solo il
fantoccio delle banche e di quelli dietro ad esse. Perde la volontà di esistere
e la sua supremazia totale, e tutto, dal welfare alle numerose
"concessioni", gli "aiuti internazionali, le spese militari,
sarà influenzato dal desiderio delle banche per quei nuovi bei fondi che ogni
anno di deficit porta con sè.
A questo punto penso
sia appropriato includere un po' di citazioni da importanti personaggi
relativamente recenti, per dimostrare che non sono il solo a pensarla in questo
modo.
1. Dal momento in cui
assunsi la carica di cancelliere, cominciai ad imparare che lo stato deteneva
rispetto alla Banca e alla City (istituzioni bancarie e finanziarie) una
posizione finanziaria essenzialmente falsa. Il perno dell'intera questione era
questo: il governo in sè non doveva avere un potere reale nelle materie
finanziarie, ma doveva lasciare il Potere Monetario supremo e incontrastato.
Ero riluttante ad accettare quella situazione, e cominciai fin da subito a
contrastarla con l'imposizione finanziaria. Venivo opposto tenacemente dal
governatore e dal vice governatore della Banca d'Inghilterra, che sedevano al
parlamento. Le istituzioni bancarie e finanziarie mi erano antagoniste in quasi
ogni occasione." -William Gladstone.
2. "Permettetemi
di controllare il credito di un popolo e non m'importa chi fa le sue
leggi." 1792, Mayer Rothschild.
3. Domanda: "Mi
dite perché un governo con il potere di creare denaro dovrebbe cederlo a un
monopolio privato, per poi chiedere in prestito a interesse ciò che il
parlamento può creare da solo, fino a diventare fallito?"
Mr. Graham Towers:
"Se il parlamento vuole cambiare il modo di procedere del sistema
bancario, ha certamente il potere di farlo." -Comitato Parlamentare per
Banche e Commercio, 1939, pag 394.
4. "Il denaro è
creatura del diritto, e la creazione dell'emissione originaria del denaro
dovrebbe essere mantenuta monopolio esclusivo del governo nazionale... La
circolazione di un mezzo di scambio può essere opportunamente regolata. Il
governo ha il potere di regolare la valuta e il credito di una nazione.
Il privilegio di
creare ed emettere moneta è non solo la prerogativa suprema del governo, ma
anche la sua più grande opportunità..." -Presidente Abramo Lincoln;
Documento del Senato 23, pag 91; Biblioteca del Congresso.
5. "Chiunque
controlla il volume di denaro in ogni paese è il padrone assoluto
dell'industria e del commercio." -Presidente Garfield
6. Si dovrebbe
menzionare che è stato recentemente suggerito che il peccatuccio che era
costato al presidente Kennedy la sua fine disastrosa era questo: egli aveva
seriamente considerato l'istituzione di misure per restituire al popolo
americano la prerogativa della creazione ed emissione monetaria, diventata competenza
esclusiva dei banchieri con la fondazione della "Federal Reserve"
Bank nel 1913.
Tornando indietro più
o meno di centotrent'anni, i verbali del Club degli Ingegneri di Toronto
indicano che i signori di quel tempo possedevano un'ampia comprensione del
significato del denaro creato ed emesso dallo stato come evidenziato dai
cosiddetti Greenback del presidente Lincoln, e che i canadesi, al pari degli
americani, cercavano avidamente questo denaro al di sopra di ogni altra forma
di denaro, percependo, o sapendo, che era "reale". Ciò era
l'espressione della loro volontà di essere un popolo, una dimostrazione del
loro orgoglio e delle loro conquiste... Dove lo stato esercita la sua
prerogativa sovrana, la creazione e messa in circolazione dell'originale emissione
di denaro, il deficit non ha bisogno di esistere come non c'è bisogno di un
debito statale che rende lo stato, preda di infelicità senza speranza, non
meglio di:
"Mary Adams alla
porta del banco dei pegni,
un bricco in mano,
e il suo bimbo per
terra..."
A Benjamin Franklin,
mentre era in visita in Gran Bretagna nel 1763, fu chiesto di spiegare la
prosperità delle colonie. La sua risposta fu: "E' semplice. E' solo perché
nelle colonie noi emettiamo il nostro denaro. Si chiama "Cartamoneta Coloniale"
e la emettiamo in quantità appropriate alle richieste del commercio e
dell'industria..."
Sono passati 230
anni, ma il principio resta lo stesso.
Di interesse relativo
a quanto sopra, su come i cinesi delle grandi dinastie imperiali controllavano
la creazione ed emissione di quella che era la loro Unità di Scambio, il
"Chuen" di rame rappresentato da quello che era conosciuto come
"Cash", si parla nel Registro Cinese (circa 1840, Vol II pag 68):
..."Secondo le
regole sul conio, ci sono fonderie e zecche dove il metallo è preparato e fuso,
e anche un magazzino dove la moneta è depositata finché richiesta per il
servizio pubblico. La quantità di metallo forgiata dai primi, e i periodi di
emissione dal secondo, sono fissati dal consiglio delle entrate in modo che le
successive forniture di moneta per l'uso del popolo corrispondano ai suoi
bisogni, e siano regolate in conformità al prezzo di mercato di oro, argento,
grano, e altri articoli di uso e consumo generale.
In nessuna dimora
privata di qualsiasi soldato o cittadino si possono usare utensili di rame,
tranne specchi, campane, armi, e altri articoli consacrati appositamente a
scopi religiosi. Ogni quantitativo che un individuo possegga in eccesso, lo può
vendere al governo a un prezzo fisso. E chiunque compra o vende il rame
clandestinamente, o lo nasconde nella sua casa, sarà punito con il
bambù..."
Il sistema monetario
cinese, rappresentato da questa Unità di Scambio creata e immessa in
circolazione dallo stato, il "Cash" di cui sopra (dal sanscrito
Karsàpàna), secondo Alexander Del Mar era sempre stato ciò che egli descrive
come un sistema numerico, anche se a volte, tramite un aumento della richiesta
di rame e una circolazione superiore alle necessità, il "Cash"
raggiungeva o sfiorava un valore che potrebbe essere chiamato il suo valore di
merce.
Le zecche governative
per il conio del "Cash" furono fermate per 20 anni nella provincia di
Fukhien, per 16 nella provincia di Chuhli, e per circa 10 in quella di Hupeh.
In questo periodo non vennero coniati altri "Cash" in queste
province. Lo scopo era di diminuire il numero di "Cash" circolanti, e
quindi: o prevenire una loro perdita di valore, con conseguente perdita di
valore dei risparmi della gente, o provocare un aumento di valore. L'una misura
o l'altra, applicata correttamente, poteva solo fare il bene della gente. Se
applicata scorrettamente, dall'esperienza europea di contrazione monetaria, questi
periodi avrebbe potuto provocare una profonda depressione nelle aree coinvolte,
ed esporre il popolo allo sfruttamento di quanti avrebbero potuto portare
"Cash" da altre aree dove c'era stato un surplus.
Ovviamente non
esisteva il debito statale nel senso in cui esiste oggi nei paesi anglosassoni,
e naturalmente non esisteva alcun deficit. Contrariamente a quanto fu diffuso
all'estero, al di fuori dei porti commerciali la venalità quasi non esisteva.
La severità delle penalità per corruzione in un pubblico ufficiale, fra le
quali 50 colpi di bambù non erano insoliti, e per di più in luogo pubblico,
senza dubbio influenzava la questione...
di David Astle 1992
(Traduzione di Mandragola)
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