lunedì 23 dicembre 2013

ALCUNE FIFLESSIONI SUL DEFICIT E IL SUO RAPPORTO CON IL DEBITO DELLO STATO



Nel marzo del 1976, quando mi avvicinai al "VARSITY" in relazione al fatto che stavano facendo una recensione del mio libro "Il problema babilonese", dopo averlo letto e studiato un po', la decisione dell'editore fu che avrebbero davvero recensito il mio libro (aiutandomi a venderne qualche copia), e inoltre che mi avrebbero richiesto una serie di articoli sulla questione monetaria, il primo dei quali sarebbe stato sull'"Inflazione".

Allo stesso tempo li avvisai che secondo me ci sarebbe stato un gran clamore da una parte o dall'altra, in quanto pubblicavano il mio articolo sull'"Inflazione" invece di uno dei molti professori di economia politica connessi all'Università di Toronto. La loro risposta fu "Non ci importa. Abbiamo chiesto questi articoli a dodici dei maggiori professori di economia politica, e loro li hanno scritti; e il sorprendente risultato è che ogni articolo diceva qualcosa di completamente diverso." Lo staff editoriale aggiunse: "Quello che afferma Lei ha senso, e noi lo pubblicheremo."

Ieri, il 23 febbraio, leggendo i due articoli del "TORONTO STAR", che presentavano due opinioni separate di due eminenti professori di economia politica all'Università di Toronto, intitolati "Dovremmo indebitarci ancora di più?", tornai con la mente a quell'episodio negli uffici del "VARSITY", ormai un 16 anni fa.

L'articolo di Mel Watkins, seppur abbia un po' di senso secondo le opinioni dell'economia politica ortodossa, a me sembra più il lavoro di un uomo che sa la verità ma molto tempo fa (durante questi ultimi 16 anni!) ha capito che la verità in questo campo non paga, e ha (convenientemente) rinunciato a difendere quella che sembra una battaglia persa. Ovvero, sembra riconoscere saggezza alla frase fatta circolare tra gli uomini leali, senza dubbo per indebolire la loro determinazione: "Se non puoi vincerli, unisciti a loro!"

E qui ricorderei Mr. Watkins della poesia di A.H. Clough:

"Non dire che la lotta non serve a niente,
che la fatica e le ferite sono vane..."

Per quanto riguarda l'altro signore, Mr. John Crispo, mentre si professa keynesiano, il che presumibilmente significa uno che supporta deficit illimitati (il cui significato è che il processo con il quale nei paesi anglosassoni si crea nuovo denaro, in ultima analisi dipende dall'esistenza di tali deficit), allo stesso tempo, qualsiasi sia il problema del Canada, dice che si opporrebbe a qualsiasi ulteriore incremento del nostro deficit (e quindi del nostro debito statale).

Credo che nessuna delle due posizioni porterà alcuna soluzione permanente alla situazione esistente, perché la causa alla radice del malessere che fa marcire l'essenza vitale di questo paese è il fallimento del governo di esercitare la sua giusta prerogativa, la creazione dell'Unità di Scambio, cioè la creazione del denaro.

Su Keynes, che così tanti uomini meritevoli nel campo dell'economia tirano in ballo come un assoluto, si potrebbe dire che un po' di commenti non saranno qui fuori luogo. Egli era decisamente un dio dai piedi d'argilla. L'articolo pubblicato su di lui qualche anno fa nell'"Observer" di Londra, non lasciava dubbi sul fatto che avesse la stessa debolezza di tanti di coloro che stanno oggi morendo di Aids, e fosse quindi malleabile come così tanti che vivono in quel mondo crepuscolare, sebbene, come uomo di considerevole abilità, dovesse conoscere le vere questioni senza tempo... Quindi quale fu davvero la sua importanza? ...Egli scrisse l'imponente "TEORIA GENERALE DELL'IMPIEGO, INTERESSE E DENARO" (Londra, 1936) del quale, come "IL CAPITALE" di Marx, molti parlano, ma relativamente pochi hanno mai letto da cima a fondo; sebbene il suo libro "COME PAGARE PER LA GUERRA" (New York, 1940) avesse senso nel contesto esistente, e senza dubbio condusse alla quasi accettazione del suo piano postbellico per una Unione Borsistica Internazionale controllata congiuntamente dalla Gran Bretagna e gli USA, quando i demoni si incontrarono a Bretton Woods il primo luglio 1944 per bere i fiumi di sangue che sgorgavano dalle lotte di un impero che moriva combattendo sulle spiagge della Normandia.

Perciò di questi due meritevoli professori ho poco altro da dire... Che significato può mai avere il fatto che due cosiddetti eruditi professori di una cosiddetta scienza, hanno opinioni così radicalmente diverse? Che cosa insegneranno?

Tuttavia, ammetto che, mentre non è necessario essere un economista politico per capire le cause delle fluttuazioni nella spinta delle imprese umane, non c'è dubbio che tale qualifica potrebbe essere utile... Ma sicuramente niente potrebbe meritare di più l'attenzione di questi uomini, dell'analisi imparziale di quei processi con i quali le istituzioni conosciute come "banche", protette dalla legge perfino nella loro auto-descrizione pensata per ottenere la fiducia dello stato e del suo popolo, come conseguenza di ciò che è essenzialmente la loro licenza di battere moneta, forzano al rialzo o spingono in basso l'impulso delle imprese umane e frustrano o meno le più importanti operazioni del governo.

In tutto questo, però, una cosa è chiara: nessuna "legge", "equazione", o "grafico" può circoscrivere il carattere capriccioso e variabile dei bisogni e dell'avidità umani.

La questione che tutte le persone leali di buona volontà dovrebbero discutere non è qualcosa di nascosto nelle sciocchezze del lessico prolisso, ma è chiara e diretta; è il significato del deficit in rapporto al debito statale, ed è la domanda: il governo è lo strumento di qualche ristretto, anonimo, occulto organismo internazionale, o è la rappresentazione dell'anima e delle aspirazioni di un popolo? Come di fatto erano i re dei tempi antichi, sempre pronti a guidare i loro piccoli eserciti di uomini valorosi in battaglia.

L'ovvia risposta è la seconda. E proprio come il primo caso è diventato possibile attraverso il totale controllo della creazione del denaro e la sua messa in circolazione contro garanzie collaterali, tramite le attività di agenti di tale occulto e apparentemente onnipotente organismo internazionale, così il secondo caso diventerebbe di nuovo possibile se lo stato si facesse coraggio e si restituisse la sua prerogativa sovrana, la creazione e assegnazione dell'Unità di Scambio...

Il signor Mel Watkins, nell'articolo che ho prima menzionato, parlava di un debito statale giapponese... Potrebbe esistere questo debito. Ma nel breve studio che feci sulla Banca Centrale Giapponese nel 1964, non trovai alcuna prova che i giapponesi si recassero da qualche forza esterna per un prestito sul loro stesso credito (o "Denaro", per meglio dire). Sembrava esserci qualche piccolo debito statale per l'acquisto annuale del raccolto di riso (senza dubbio per proteggere gli agricoltori dagli speculatori, interni o esterni). Tuttavia, ciò che appariva più chiaro di  tutto era che la Banca Centrale, secondo la legge giapponese, era posseduta al 51% dall'imperatore stesso, che così manteneva, quale re-dio, la parola e decisione finale in tutte le cose. Così i giapponesi erano sopravvissuti ai disastri dell'ultima guerra! L'industria e il governo giapponese prenderanno pure a prestito, ma i loro prestiti, in quanto prestiti dell'emissione originale, rappresentano senza il minimo dubbio la forza di volontà del loro re-dio. Sono prestiti tra loro stessi, come in effetti viene messa in modo fuorviante, sebbene forse senza l'intenzione di fuorviare, a pagina 291 de "L'economia" di McConnell e Pope, a proposito del debito statale canadese: "Lo dobbiamo solo a noi stessi". Fuorviante in quanto il 90% è prevalentemente dovuto alle Banche di Azioni (?), e queste, sebbene apparentemente canadesi, potrebbero rappresentare, tramite il controllo delle riunioni degli azionisti da parte di un detentore di appena il 7% delle azioni, chiunque, ovunque al mondo, che sia Threadneedle Street, Berlino, la Svizzera, Israele, l'Arabia Saudita, Tahiti, ovunque.

L'autore di un libro pubblicato a Cincinnati nel 1889 dimostra adeguatamente che praticamente tutti i cosiddetti Grandi Industriali Americani, specialmente dalla Guerra Civile in poi, passati in un batter d'occhio dal vendere per strada aghi, filo, e nastro in una piccola località a Broadway, come nel caso di A.T. Stewart, erano "posseduti" in un modo o nell'altro da ciò che egli chiama "il Potere Finanziario di Londra"... Ovviamente avrebbe potuto essere anche "il Potere Finanziario di Berlino"! ecc. E questo studio sembra anche includere l'originale John D. Rockefeller. Perciò, perché le gigantesche banche canadesi dovrebbero essere libere da questo controllo esterno? E' probabile?

L'Onorevole Reginald McKenna scrisse: "Coloro che controllano il credito di una nazione dirigono la politica del suo governo e tengono nelle loro mani il destino del suo popolo."

Ogni anno il deficit dà alle banche di azioni (?), che sono quelle che traggono profitto da tale deficit, il potere monetario per influenzare, tramite le molte agenzie che ovviamente controllano, la nomina del cosiddetto leader del popolo, e di conseguenza il controllo delle sue politiche. I servitori che gestiscono queste gigantesche organizzazioni conoscono e useranno ogni strumento per mantenere quello che sembra essere il loro potere, sebbene in realtà potrebbe essere il potere dei loro padroni, e che ha fatto un completo parodia di ciò che era l'anima e l'ispirazione di questa terra prima delle ultime cosiddette "grandi" guerre.

Se non c'è deficit, allora le banche, conformemente a leggi che senza dubbio hanno ispirato esse stesse, devono molto probabilmente fronteggiare una continua diminuzione delle loro "riserve" alla Banca Centrale, il che significa una continua diminuzione nei loro depositi al ritmo di 15,38 volte l'ammontare della riduzione delle loro "riserve" (nel 1976), essendo 15,38 il fattore noto come il "moltiplicatore"; a meno che in effetti non chiedano prestito alla Banca Centrale, come la maggior parte della gente crede che facciano, o vendano titoli, ecc... Ovviamente questa non è una situazione desiderabile per l'industria che deve pagare prestiti, ecc. che vengono "richiamati" in conseguenza di questa contrazione della disponibilità di denaro. Se però c'è un deficit, allora le banche, credeteci o no, possono estendere i loro prestiti fino all'ammontare di quella parte del deficit che è la loro quota di quella che senza dubbio considerano "la torta", moltiplicata per lo stesso 15,38 (1976), il che chiaramente è una situazione più desiderabile per chi controlla tali banche, e in effetti per le care signore anziane che potrebbero avere un po' di azioni? (Per questo paragrafo vedi E.P. Neufeld: "Il sistema finanziario del Canada", pag 106).

Mentre la Banca Centrale, esercitando la propria volontà o quella che sia, può esercitare quella che è nota come "persuasione morale"; tale persuasione morale suggerendo che essi non vogliono che le banche interessate spendano questi bei soldi tutti in una volta; nondimeno, gli enormi prestiti delle banche al Brasile, all'Argentina, Timbukty, ecc., per finanziare aspiranti golpisti, sono indicativi del fatto che molto di questo è speso, e ovviamente senza garanzia assoluta che sarà mai ripagato, eccetto forse in caso di minaccia di guerra dello stato canadese, caratteristica imperialista che lo stato canadese non ha ancora assunto!

Un ulteriore commento sul deficit da parte di uomini che devo considerare economisti istruiti e altamente professionali, è sotto il titolo: "La creazione del denaro" ("L'economia" di Pope e MacConnell, pag 281):

"Se la spesa a deficit è finanziata con l'emissione di nuova moneta, l'effetto sfollamento può essere evitato. La spesa governativa può aumentare senza alcun effetto avverso sugli investimenti. La nostra conclusione è che la creazione di nuovo denaro è un modo più espansionistico di finanziare la spesa a deficit, rispetto al prestito."

Tale prestito significa prestito dalle banche, di conseguenza dando ad esse il potere che deriva dall'applicazione del "moltiplicatore".

Diventa perciò chiaro che nel cosiddetto finanziamento a decifit c'è qualche vantaggio superficiale per lo stato, le cui azioni creano tale deficit e la conseguente deliziosa "torta" per le banche. Ma con esso lo stato perde definitivamente ogni volontà e potere, e scivola lentamente dalla sella per diventare solo il fantoccio delle banche e di quelli dietro ad esse. Perde la volontà di esistere e la sua supremazia totale, e tutto, dal welfare alle numerose "concessioni", gli "aiuti internazionali, le spese militari, sarà influenzato dal desiderio delle banche per quei nuovi bei fondi che ogni anno di deficit porta con sè.

A questo punto penso sia appropriato includere un po' di citazioni da importanti personaggi relativamente recenti, per dimostrare che non sono il solo a pensarla in questo modo.

1. Dal momento in cui assunsi la carica di cancelliere, cominciai ad imparare che lo stato deteneva rispetto alla Banca e alla City (istituzioni bancarie e finanziarie) una posizione finanziaria essenzialmente falsa. Il perno dell'intera questione era questo: il governo in sè non doveva avere un potere reale nelle materie finanziarie, ma doveva lasciare il Potere Monetario supremo e incontrastato. Ero riluttante ad accettare quella situazione, e cominciai fin da subito a contrastarla con l'imposizione finanziaria. Venivo opposto tenacemente dal governatore e dal vice governatore della Banca d'Inghilterra, che sedevano al parlamento. Le istituzioni bancarie e finanziarie mi erano antagoniste in quasi ogni occasione." -William Gladstone.

2. "Permettetemi di controllare il credito di un popolo e non m'importa chi fa le sue leggi." 1792, Mayer Rothschild.

3. Domanda: "Mi dite perché un governo con il potere di creare denaro dovrebbe cederlo a un monopolio privato, per poi chiedere in prestito a interesse ciò che il parlamento può creare da solo, fino a diventare fallito?"
Mr. Graham Towers: "Se il parlamento vuole cambiare il modo di procedere del sistema bancario, ha certamente il potere di farlo." -Comitato Parlamentare per Banche e Commercio, 1939, pag 394.

4. "Il denaro è creatura del diritto, e la creazione dell'emissione originaria del denaro dovrebbe essere mantenuta monopolio esclusivo del governo nazionale... La circolazione di un mezzo di scambio può essere opportunamente regolata. Il governo ha il potere di regolare la valuta e il credito di una nazione.
Il privilegio di creare ed emettere moneta è non solo la prerogativa suprema del governo, ma anche la sua più grande opportunità..." -Presidente Abramo Lincoln; Documento del Senato 23, pag 91; Biblioteca del Congresso.

5. "Chiunque controlla il volume di denaro in ogni paese è il padrone assoluto dell'industria e del commercio." -Presidente Garfield

6. Si dovrebbe menzionare che è stato recentemente suggerito che il peccatuccio che era costato al presidente Kennedy la sua fine disastrosa era questo: egli aveva seriamente considerato l'istituzione di misure per restituire al popolo americano la prerogativa della creazione ed emissione monetaria, diventata competenza esclusiva dei banchieri con la fondazione della "Federal Reserve" Bank nel 1913.

Tornando indietro più o meno di centotrent'anni, i verbali del Club degli Ingegneri di Toronto indicano che i signori di quel tempo possedevano un'ampia comprensione del significato del denaro creato ed emesso dallo stato come evidenziato dai cosiddetti Greenback del presidente Lincoln, e che i canadesi, al pari degli americani, cercavano avidamente questo denaro al di sopra di ogni altra forma di denaro, percependo, o sapendo, che era "reale". Ciò era l'espressione della loro volontà di essere un popolo, una dimostrazione del loro orgoglio e delle loro conquiste... Dove lo stato esercita la sua prerogativa sovrana, la creazione e messa in circolazione dell'originale emissione di denaro, il deficit non ha bisogno di esistere come non c'è bisogno di un debito statale che rende lo stato, preda di infelicità senza speranza, non meglio di:

"Mary Adams alla porta del banco dei pegni,
un bricco in mano,
e il suo bimbo per terra..."

A Benjamin Franklin, mentre era in visita in Gran Bretagna nel 1763, fu chiesto di spiegare la prosperità delle colonie. La sua risposta fu: "E' semplice. E' solo perché nelle colonie noi emettiamo il nostro denaro. Si chiama "Cartamoneta Coloniale" e la emettiamo in quantità appropriate alle richieste del commercio e dell'industria..."

Sono passati 230 anni, ma il principio resta lo stesso.

Di interesse relativo a quanto sopra, su come i cinesi delle grandi dinastie imperiali controllavano la creazione ed emissione di quella che era la loro Unità di Scambio, il "Chuen" di rame rappresentato da quello che era conosciuto come "Cash", si parla nel Registro Cinese (circa 1840, Vol II pag 68):

..."Secondo le regole sul conio, ci sono fonderie e zecche dove il metallo è preparato e fuso, e anche un magazzino dove la moneta è depositata finché richiesta per il servizio pubblico. La quantità di metallo forgiata dai primi, e i periodi di emissione dal secondo, sono fissati dal consiglio delle entrate in modo che le successive forniture di moneta per l'uso del popolo corrispondano ai suoi bisogni, e siano regolate in conformità al prezzo di mercato di oro, argento, grano, e altri articoli di uso e consumo generale.
In nessuna dimora privata di qualsiasi soldato o cittadino si possono usare utensili di rame, tranne specchi, campane, armi, e altri articoli consacrati appositamente a scopi religiosi. Ogni quantitativo che un individuo possegga in eccesso, lo può vendere al governo a un prezzo fisso. E chiunque compra o vende il rame clandestinamente, o lo nasconde nella sua casa, sarà punito con il bambù..."

Il sistema monetario cinese, rappresentato da questa Unità di Scambio creata e immessa in circolazione dallo stato, il "Cash" di cui sopra (dal sanscrito Karsàpàna), secondo Alexander Del Mar era sempre stato ciò che egli descrive come un sistema numerico, anche se a volte, tramite un aumento della richiesta di rame e una circolazione superiore alle necessità, il "Cash" raggiungeva o sfiorava un valore che potrebbe essere chiamato il suo valore di merce.

Le zecche governative per il conio del "Cash" furono fermate per 20 anni nella provincia di Fukhien, per 16 nella provincia di Chuhli, e per circa 10 in quella di Hupeh. In questo periodo non vennero coniati altri "Cash" in queste province. Lo scopo era di diminuire il numero di "Cash" circolanti, e quindi: o prevenire una loro perdita di valore, con conseguente perdita di valore dei risparmi della gente, o provocare un aumento di valore. L'una misura o l'altra, applicata correttamente, poteva solo fare il bene della gente. Se applicata scorrettamente, dall'esperienza europea di contrazione monetaria, questi periodi avrebbe potuto provocare una profonda depressione nelle aree coinvolte, ed esporre il popolo allo sfruttamento di quanti avrebbero potuto portare "Cash" da altre aree dove c'era stato un surplus.


Ovviamente non esisteva il debito statale nel senso in cui esiste oggi nei paesi anglosassoni, e naturalmente non esisteva alcun deficit. Contrariamente a quanto fu diffuso all'estero, al di fuori dei porti commerciali la venalità quasi non esisteva. La severità delle penalità per corruzione in un pubblico ufficiale, fra le quali 50 colpi di bambù non erano insoliti, e per di più in luogo pubblico, senza dubbio influenzava la questione...

di David Astle 1992
(Traduzione di Mandragola)

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