venerdì 18 gennaio 2013

L'INUTILITÀ DEL VOTO...




"Più che politici, sono politicanti, dediti alla micropolitica. Gente che va a caccia di voti con qualsiasi mezzo. Non hanno nessun programma. Il loro scopo è rimanere al potere o tornarci, e per raggiungerlo sono capaci di tutto. La società capitalistica è una società che corre verso l'abisso, da ogni punto di vista"... (Cornelius Castoriadis, appello del 1997, dal gusto terribilmente attuale). 

Qui a Parigi ci adattiamo così. 

Un appello di Cornelius Castoriadis.


Il mondo contemporaneo è caratterizzato dalle crisi, dalle contraddizioni, dalle contrapposizioni e dalle fratture; ma ciò che soprattutto mi colpisce è l'insignificanza. Prendiamo per esempio il conflitto tra destra e sinistra: ha perduto ogni senso. Gli uni e gli altri dicono le stesse cose. 

Dal 1983, i socialisti francesi hanno fatto una politica; poi Balladur ha fatto la stessa politica. Dopodiché i socialisti sono tornati al governo, e hanno rifatto la stessa politica. 

Quindi Edouard Balladur è ritornato e ha ripreso a fare la stessa politica. Nel 1995 Jacques Chirac ha vinto le elezioni dicendo: «Farò un'altra politica» , e invece ha proseguito con la stessa. 

I responsabili politici sono impotenti. La sola cosa che possono fare è seguire la corrente, o in altri termini, applicare la politica ultraliberale oggi di moda. I socialisti non hanno fatto nient'altro che questo, da quando sono tornati al potere. 

Più che politici, sono politicanti, dediti alla micropolitica. 

Gente che va a caccia di voti con qualsiasi mezzo. Non hanno nessun programma. Il loro scopo è rimanere al potere o tornarci, e per raggiungerlo sono capaci di tutto. 

Esiste un legame intriseco tra questa specie di nullità della politica, questo divenire nullo dalla politica, e l'inconsistenza negli altri campi, nelle arti, nella filosofia o nella letteratura. E questo lo spirito del tempo. Tutto cospira a estendere l'insignificanza. 

La politica è uno strano mestiere, perché presuppone due capacità che non hanno tra loro nessun rapporto intrinseco. La prima è la capacità di accedere al potere. Se non si accede al potere, le migliori idee del mondo non servono a nulla; perciò è necessaria l'arte dell'accesso al potere. La seconda capacità è quella di saper governare, una volta conquistato il potere. 

Nulla garantisce che chi è in grado di governare sappia anche accedere al potere. Nella monarchia assoluta, per accedere al potere bisognava adulare il re, o essere nelle grazie di Madame Pompadour. Oggi, nella nostra «pseudodemocrazia», quello che serve è invece essere telegenici e avere fiuto per l'opinione pubblica. 

Se dico «pseudodemocrazia» è perchè ho sempre pensato che la cosiddetta democrazia rappresentativa non sia una vera e propria democrazia. 

Lo aveva detto anche Rousseau: gli inglesi si credono liberi perché eleggono i loro rappresentanti ogni cinque anni. Ma sono liberi solo un giorno in cinque anni, il giorno delle elezioni: tutto qui. Non che le elezioni siano truccate, che vi sia qualche imbroglio nelle urne; sono truccate perché le opzioni sono predefinite, «Votate in favore di Maastricht o contro» . Ma chi ha fatto il trattato di Maastricht? Non certo il popolo! C'è una meravigliosa frase di Aristotele: «Chi è il cittadino? E' cittadino colui che è capace di governare e di essere governato» . 

Ci sono sessanta milioni di cittadini in Francia. Perché non dovrebbero essere capaci di governare? Perché tutta la vita politica mira precisamente a farglielo disimparare, a convincerli che i problemi debbano essere affidati agli esperti. Esiste dunque una controeducazione politica. Mentre ciascuno dovrebbe abituarsi a seguire, o a votare opzioni presentate da altri. E qual è il risultato a seguire, o a votare opzioni presentate da altri? E qual è il risultato? Dato che la gente non è affatto idiota, è sempre meno disposta a credere, e diventa sempre più cinica. 

«Riposarsi o essere liberi»: nelle società moderne, dalla rivoluzoione americana (1776) e da quella francese (1789) fino alla Seconda guerra mondiale (1945) circa, esisteva un conflitto sociale e politico vivo. La gente si impegnava nell'opposizione e manifestava per cause politiche. Gli operai organizzavano scioperi, e non sempre per piccoli interessi corporativi. Si dibattevano i grandi temi che riguardavano i lavoratori. Queste lotte hanno lasciato il segno su questi ultimi due secoli. Oggi osserviamo un calo di attività. E' un circolo vizioso. 

Quanto più la gente si ritrae dall'impegno politico, tanto più alcuni burocrati, politicanti o sedicenti responsabili prendono piede. Hanno una buona giustificazione: «Mi assumo l'iniziativa perché nessuno fa niente». E quanto più impongono il loro dominio, tanto più la gente si dice: «Non vale la pena di immischiarsi; sono già in tanti ad avere le mani in pasta, e in ogni modo non ci si può nulla». 

La seconda ragione, legata alla prima, è la dissoluzione delle grandi ideologie politiche, sia rivoluzionarie sia riformiste, che volevano veramente cambiare qualcosa nella società. Per mille e una ragioni, queste ideologie sono state accantonate, hanno cessato di corrispondere alle aspirazioni,alla situazione della società, all'esperienza storica. Nel 1991 si è verificato l'enorme evento del crollo dell'URSS e del comunismo. C'è stata forse una sola persona tra i politici per non dire politicanti della sinistra, che abbia veramente riflettuto su quanto è accaduto? Perchè è avvenuto tutto questo, e chi, come volgarmente si dice, ne ha tratto lezione? Eppure, un'evoluzione di questo tipo la prima fase con le mostruosità del totalitarismo, i Gulag ecc.., e infine questo tracollo meritava una riflessione molto approfondita e una conclusione su ciò che è un movimento impegnato a cambiare la società può e deve fare,e su quello che non deve e non può fare. E invece niente! E cosa fanno molti intellettuali? Hanno spolverato il liberismo puro e duro dell'inizio del Diciannovesimo secolo. 

Si è parlato di una sorta di terrorismo del pensiero unico, cioè di un non pensiero. E' unico nel senso che è il primo caso di non pensiero integrale. 

Oggi domina la rassegnazione; anche tra gli esponenti del liberismo. Qual è il grande argomento in questo momento? «Forse questo sistema va male, ma l'alternativa era peggiore.» E bisogna ammettere che molti sono stati raggelati, tanto da pensare: «Attenzione a non muoversi troppo, c'è pericolo di andare verso un nuovo Gulag» . Ecco cosa c'è dietro questo esaurimento ideologico. E non so se ne uscirà se non risorgerà una vera, vigorosa critica del sistema. E se non vi sarà una rinascita dell'impegno, della partecipazione della gente. 

Qua è là, si incomincia tuttavia a comprendere che la crisi non è una fatalità della modernità alla quale bisogna sottomettersi, «adattarsi» per non cadere nell'arcaismo. Si sente il fremito di una ripresa dell'attività civica. Allora si pone il problema del ruolo dei cittadini e della competenza di ciascuno a esercitare i diritti e i doveri democratici nell'intento dolce e bella utopia di uscire dal conformismo generalizzato. 

Possiamo, per uscirne, trarre ispirazione dalla democrazia ateniese? Chi veniva eletto ad Atene? Non i magistrati, che venivano designati per sorteggio, o a rotazione. Per Aristotele, ricordiamolo, il cittadino è colui che è capace di governare e di essere governato. Tutti sono capaci di governare, perciò si estraggono i nomi a sorte. La politica non è materia di specialisti. Non esiste una scienza della politica. Esiste un'opinione, la doxa dei greci, ma non un epistème, una scienza. 

L'idea che non vi siano specialisti della politica e che le opinioni si equivalgano è la sola giustificazione ragionevole del principio maggioritario. Dunque, presso i greci, il popolo decide, e i magistrati sono sorteggiati o designati a rotazione. Quanto alle attività specializzate, costruzione di cantieri navali o di templi, operazioni belliche, c'è bisogno di specialisti; i quali vengono eletti. Sono queste le elezioni. Elezione vuol dire «scelta dei migliori» . E' qui che interviene l'educazione del popolo. Si procede a una prima elezione, ci si sbaglia, si constata per esempio, che Pericle è un pessimo stratega e non lo si rielegge, lo si revoca. Ma bisogna che sia coltivata la doxa. E come può essere coltivata una doxa che riguardi il governo? governando. 

Dunque la democrazia, questo è importante, è una questione di educazione dei cittadini, che oggi non esiste affatto. Recentemente, da una statistica pubblicata su una rivista è emerso che il 60 per cento dei deputati francesi confessano di non comprendere nulla di economia. E si tratta di deputati, di gente che viene chiamata continuamente a decidere! In verità anche loro, come i ministri, sono asserviti ai loro tecnici. 

Dispongono dei loro esperti, ma hanno anche pregiudizi o preferenze. Se si segue da vicino il funzionamento di un governo, di una grande burocrazia, si nota che i dirigenti non si fidano degli esperti, ma scelgono tra questi coloro che condividono le loro opinioni. E'un gioco completamente stupido, ma è in questo modo che siamo governati. 

Le attuali istituzioni respingono la gente, l'allontanano, la dissuadono dal partecipare alla politica. Mentre la migliore educazione alla politica è la partecipazione attiva. Questo però implicherebbe una trasformazione delle istituzioni per consentire e incentivare questa partecipazione. 

L'educazione dovrebbe essere molto più imperniata sulla cosa comune. 

Occorrerebbe comprendere i meccanismi dell'economia, della società, della politica eccetera. I bambini trovano noioso l'insegnamento della storia, che pure è appassionante. 

Bisognerebbe insegnare insegnare una vera e propria anatomia della società contemporanea così com'è, e come funziona. Imparare a difendersi dalle credenze, dalle ideologie. 

Aristotele ha detto: «L'uomo è un animale che desidera il sapere». Ma non è così. L'uomo è un animale che desidera credere, desidera la certezza di una fede. Si spiega così l'impatto delle religioni, delle ideologie politiche. Nel movimento operaio, all'inizio l'atteggiamento era molto critico. Prendiamo la seconda strofa dell'Internazionale, il canto della Comune che rifiuta il Salvatore supremo, via la religione! Così come anche i Cesari e i tribuni e quindi via anche Lenin! 

Oggi, benché ci sia sempre una frangia che cerca la fede, la gente è molto più critica. E questo è importantissimo. 

Scientology, le sette o il fondamentalismo prendono piede in altri paesi, ma molto meno da noi. La gente oggi è molto più scettica, ma è anche più inibita quando si tratta di agire. Nel suo discorso agli ateniesi, Pericle disse: «Solo noi siamo capaci di riflessione senza esserne inibiti nell'azione» . E' ammirevole! E aggiunge poi: «Gli altri, o non riflettono, e allora sono temerari e commettono assurdità, oppure riflettendo, finiscono per non far nulla, perchè pensano che se esiste un discorso esiste anche il suo opposto». Attualmente siamo in una fase di inibizione questo è certo. 

Chi si è scottato l'acqua calda ha paura anche di quella fredda. Non servono grandi discorsi, servono discorsi veri. 

In ogni modo, esiste un desiderio irriducibile. Se guardiamo alle società arcaiche, alle società tradizionali, non c'è un desiderio, irriducibile, tale da essere trasformato dalla socializzazione. 

In queste società, che sono ripetitive, si dice per esempio: «Prenderai moglie nel clan o nella famiglia tale. Avrai una donna nella tua vita. Se ne avrai due, o se avrai due uomini, sarà una trasgressione, e lo farai di nascosto. Avrai uno status sociale,quello e nessun altro» . Oggi c'è una liberazione in tutti i significati del termine rispetto ai vincoli della socializzazione degli individui. Siamo entrati in un'epoca di aperture illimitate in tutti i campi, ed è in questo che abbiamo il desiderio di infinito. Questa liberazione, in un certo senso, è una grande conquista. Non si tratta quindi di ritornare alle società ripetitive. 

Ma bisogna anche, e questo è un tema importantissimo, imparare ad autolimitarsi, individualmente e collettivamente. La società capitalistica è una società che corre verso l'abisso, da ogni punto di vista, perché non sa autolimitarsi. Mentre una società veramente libera, una società autonoma, deve essere capace di autolimitarsi, sapere che esistono cose che non si possono fare e che non si deve neppure cercare di fare, o che non si devono desiderare. 

Viviamo su questo pianeta che stiamo distruggendo, e mentre pronuncio questa frase penso alle meraviglie penso al Mar Egeo, penso alle montagne innevate, alla visione del Pacifico da un angolo dell'Australia, a Bali, all'India, alla campagna francese che si sta desertificando. Tutte meraviglie in via di demolizione. Penso che dovremmo essere i giardinieri di questo pianeta. Bisogna coltivarlo, coltivarlo, così com'è e per quello che è. E trovare la nostra vita, il nostro posto relativamente a questo. Ecco un compito immenso. E ciò potrebbe assorbire gran parte del tempo liberato da lavori stupidi, ripetitivi. Ora, tutto questo è lontanissimo non solo dal sistema attuale, ma anche dall'attuale immaginazione dominante. L'immaginario della nostra epoca è quello dell'espansione illimitata, è l'accumulazione della paccottiglia, un televisore in ogni stanza, un computer in ogni stanza ed è questo che bisogna distruggere. E su questo immaginario che si fonda il sistema. La libertà è molto difficile. Perchè è facilissimo lasciarsi andare. 

L'uomo è un animale pigro. C'è una frase meravigliosa di Tucidide: «Bisogna scegliere: Riposarsi o essere liberi». E Pericle dice agli ateniesi: «Se volete essere liberi, dovete lavorare». Non potete riposarvi. Non potete sedervi davanti alla tv. Non siete liberi quando state davanti la tv! 

Credete di essere liberi facendo zapping come imbecilli, ma non lo siete. E' una falsa libertà. La libertà è attività grave. Ma è anche un'attività che al tempo stesso si autolimita, nel senso che sa di poter fare tutto ma di non dover far tutto. E' questo il grande problema della democrazia e dell'individualismo. 


FONTE: http://www.falkorossodapulia.com


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