Esistono chiari segnali che ci
informano che la ristrutturazione del debito pubblico italiano, non è affatto
una ipotesi impossibile. Anzi, a dirla tutta, le probabilità che ciò avvenga
aumentano di giorno in giorno con l'aggravarsi della crisi economica, che tende
a rendere sempre meno sostenibile il debito pubblico. Debito, che ha sforato il
tetto dei 2000 miliardi, con un trend in notevole ascesa soprattutto
nell'ultimo anno, dove il debito pubblico, nonostante la spremitura di tasse
operata da parte del governo Monti, è cresciuto di oltre 100 miliardi di euro.
E' evidente che, al netto di
quanto viene rappresentato dai media e dai nostri governanti a proposito della
sostenibilità del nostro debito pubblico, esiste certamente un buon numero di
ragioni per essere abbastanza preoccupati sulla possibilità che possa
verificarsi un evento creditizio. E tale preoccupazione nasce da una semplice
consapevolezza: il debito pubblico italiano, nella sua connotazione attuale,
è difficilmente ripagabile. Questa consapevolezza, aumenta con il protrarsi
di questa crisi che sembra inasprirsi sempre più.
Il timore di un evento creditizio sul debito sovrano italiano, è confermato proprio leggendo un comunicato stampa del Ministero dell'Economia e delle Finanze, il n. 186 del 19/12/2012, nel quale si legge espressamente: "E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 18 dicembre 2012 il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7 dicembre 2012, con il quale è stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2013, le nuove emissioni di titoli di Stato aventi scadenza superiore ad un anno saranno soggette alle clausole di azione collettiva (CACs). Il decreto precisa che per nuove emissioni si intendono quelle la cui prima tranche è emessa a partire dal 1° gennaio 2013. L’introduzione delle CACs nei titoli di Stato, obbligatoria ai sensi del Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità segue lo schema approvato dal Comitato Economico e Finanziario dell’Unione Europea. Fanno parte integrante del decreto due allegati, il primo dei quali (allegato A) riporta le clausole per tutti i tipi esistenti di Buoni del Tesoro Poliennali, inclusi quelli indicizzati all’inflazione (BTP€i e BTP Italia), e di Certificati di Credito del Tesoro, inclusi quelli zero-coupon (CTZ). L’allegato B, invece, riguarda eventuali emissioni di titoli aventi caratteristiche differenti o di diversa tipologia rispetto a quelli citati,. Le CACs saranno introdotte anche per le emissioni sui mercati internazionali. Le CACs hanno impatto anche sull’attività di stripping così come prevista nel nuovo decreto ministeriale, anch’esso del 7 dicembre 2012, in quanto non vi sarà fungibilità tra componenti separate di titoli soggetti alle CACs e componenti separate di titoli non soggetti alle dette clausole."
Il significato
di questo comunicato, lo spiega un ottimo articolo di Pasquale Marinelli,
pubblicato sul suo Blog: "Ebbene,
eccovi un’interessante notizia. Da quest’anno, come stabilito nel trattato che
istituisce il fondo salva stati (ESM),
tutti i paesi europei sono obbligati ad applicare le Clausole di Azione
Collettiva (CAC) sui propri titoli di debito pubblico di nuova emissione.
Leggete qui il comunicato del ministero del'economia e delle finanze.Cosa sono
le CAC? Esse sono postille (vere e proprie clausole vessatorie) previste
sui nuovi titoli di stato di durata superiore a 12 mesi, emessi da ogni paese
europeo aderente all’ESM (leggi qui il trattato),
con la prima cedola scadente a partire dalla data del 1 gennaio 2013. Le CAC
regolano la possibilità, per uno stato che versa in una condizione di crisi del
debito sovrano, di ricontrattare interessi, scadenze e di proporre agli
investitori lo scambio con obbligazioni di diversa tipologia. Gli accordi
europei prevedono espressamente che l’emissione di titoli di debito pubblico
con le CAC non deve superare il 45% del totale emesso in un anno (leggi
qui le linee guida del dipartimento del tesoro, sulla gestione del debito
pubblico del 2013).In pratica, “grazie” al trattato che istituisce il fondo
salva stati (a cui anche l’Italia ha aderito), BOT e BTP non saranno più
garantiti dallo Stato. Ogni paese europeo, infatti, potrà
legittimamente rinegoziare la propria esposizione debitoria con gli
investitori, facendo saltare all’aria gli accordi originari divenuti per esso
insostenibili (un po’ come già accade in Italia con la previdenza sociale; passano
gli anni e lo stato modifica continuamente le condizioni per andare in pensione,
facendo subire un danno al contribuente il quale vede sempre di più
allontanarsi il giorno in cui poter accedere alla pensione e sempre più
diminuire la sua entità).Il limite di emissione del 45% è sicuramente una
tutela affinché la maggior parte dei titoli di debito pubblico di nuova
emissione resti garantito così come lo sono sempre stati. Ma io non ci conterei
troppo; quanto tempo passerà affinché tale limite venga modificato e
aumentato, fino ad avvicinarsi al 100%? Che grado di affidabilità avrebbero questi titoli nei confronti
degli investitori, di cui lo stato emittente può cambiare le condizioni
iniziali di sottoscrizione, quando e come più conviene ad esso?
Certo, il rendimento di questa nuova tipologia di titoli pubblici sarebbe più
alto rispetto a quelli tradizionali, proprio perché in essi sarebbe insito il rischio
di ricontrattazione in negativo da parte dello stato, in caso di default.
Ma se ciò è espressamente previsto in queste CAC le quali, per legge, possono
essere aggiunte ai titoli di debito pubblico di nuova emissione, allora questo
trattato sfaterebbe il secolare mito, secondo il quale investire in titoli di
stato sarebbe un investimento sicuro. In definitiva, dal 2013 il
fallimento di uno stato è previsto per legge.Noi, umili blogger studiosi
dei fenomeni economici, sono anni che mettiamo in allerta le famiglie
risparmiatrici circa il fatto che i titoli pubblici non sono sicuri come ci
hanno sempre insegnato, che gli stati come l’Italia sono a rischio di
fallimento. Ci è stato sempre replicato (soprattutto dagli economisti, quelli
sapientoni) che un soggetto statale è un’entità troppo grande per fallire e
non garantire il proprio debito. Ma allora, se così fosse, perché
prendere l’iniziativa di adottare queste clausole che, di fatto, pongono gli
stati in una posizione privilegiata rispetto all’investitore, in caso di
rischio? A quale rischio lo stato si cautelerebbe, grazie all’adozione
di queste clausole, se non a quello di finire con le gambe all’aria?
Visto che la legge è la legge, da oggi è certo, lo possiamo dire tutti (anche
quegli economisti sapientoni) che i titoli di debito pubblico non sono
titoli da investimento sicuro e che uno stato può fallire.
Adesso lo dice anche la legge!"
Quindi, in buona sostanza, con l'adozione di tali clausole (CAC), diventa legge la possibilità di ristrutturare il debito sovrano (default).
La Clausola di azione
collettiva e’ stata finora inserita e attivata retroattivamente nella prima
ristrutturazione del debito pubblico della Grecia in mano ai privati. Allora, marzo
2012, le adesioni degli investitori avevano toccato l’85% dei titoli oggetto
della ristrutturazione contro una soglia minima del 95%, che fu raggiunta
proprio attivando la Cac che, fissando un quorum di maggioranza tra i
possessori dei bond ellenici oggetto della ristrutturazione, estendeva
l’obbligo di adesione, e di perdite, anche a coloro che non avevano aderito alla
proposta.
Secondo alcuni analisti, è
ancora presto per determinare gli effetti dell’introduzione della Cac sul
mercato del debito pubblico. La presenza di questa clausola, potrebbe
determinare una modesta segmentazione nei rendimenti dei titoli di stato
collocati da uno stato dell’Eurozona.
Quelli emessi fino al 31
dicembre 2012, dovrebbero, almeno sul piano teorico, offrire rendimenti
leggermente inferiori a quelli di nuova emissione, in quanto questi ultimi
incorporano un elemento coercitivo di rischio nel caso di ristrutturazione del
debito.
Paolo Cardenà
24 Gen 2013
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