L'analisi di
Nicola Bizzi circa il M5S è oggettivamente, e nei suoi termini, piuttosto
verosimile. Continuo a sperare che gli intendimenti enunciati dal M5S siano non
solo sinceri, ma pure realizzabili, anche se – per le ragioni che esporrò sotto
– essi sono irrealizzabili, e presumo che
anche i titolari del M5S sappiano che sono irrealizzabili. Quindi
presumo anche che i loro veri intendimenti siano diversi da quelli enunciati.
Cosa che è la regola, in politica, dove si tratta di raccogliere consenso come
strumento per aggiungere un fine, e per raccoglierlo si propongono programmi
diversi da quel fine, ma studiati per raccogliere il consenso. Per il resto,
Beppe Grillo è un tipico leader carismatico, quindi non democraticamente contendibile, né tollerante verso dissensi interni: egli
del M5S è dominus e incarnazione, non rappresentante eletto. Forse è un
dominus, un proprietario, interposto, un prestanome di proprietari effettivi,
retrostanti: una filiera che, secondo la traccia ricostruita da Nicola, risale
da Casaleggio fino al gruppo Rothschild. Ma, ripeto, niente so di tali
possibili rapporti, e posso sperare che egli e ciò che fa sia tutto genuino, e
che Grillo, anche se non potrà attuare la vision che propone, dia battaglia al
sistema, offrendo perlomeno un bello spettacolo. Certo, se sono veridiche le
fonti di Nicola, con la loro imponente mole di indizi, e se Beppe fu davvero
partecipe del famigerato Britannia Party del 2 giugno 1992, allora la speranza
sfuma.
Passo ad
esporre le ragioni per le quali il programma dichiarato dai capi del M5S è
irrealizzabile.
Prima ragione:
Eliminare la casta politica senza ricorrere alla violenza, senza una
rivoluzione violenta, e senza sopprimere fisicamente i suoi uomini come si fece
nella rivoluzione francese con la nobiltà parassitaria, sarebbe impossibile,
perché la partitocrazia italiana è una rete trasversale, radicata in tutte le
istituzioni, comprese polizia e forze armate e chiesa cattolica. Anche quando
bruciati da scandali e processi, i politici si sono sempre riciclati (pensate
ai piduisti), e la partitocrazia, dalla P2
e da Mani Pulite, è uscita più forte e vorace. Figuriamoci se si
cercasse di estrometterli in blocco! Farebbero fronte comune e in breve
risarebbero al potere, approfittando anche dell'inesperienza del M5S, e
sostenuti dagli interessi del capitalismo finanziario europeo e dell'egemonismo
germanico. Ma anche la soppressione fisica non sarebbe risolutiva, perché non
si tratta di singoli individui, per quanto numerosi, bensì della mentalità
politica e delle consuetudini politiche della popolazione, che concepisce e
pratica il rapporto politico proprio così. La casta non è separata dal popolo,
ma è sua espressione.
Seconda
ragione: Instaurare un regime democratico non è possibile semplicemente perché
non ne è mai esistito uno: tutte le società, senza eccezione, sono
oligarchiche, i mezzi forti di potere sono nelle mani di pochi, e scarsa è la
quantità di potere messa in gioco nelle elezioni popolari. La democrazia è un mito
contrario alla realtà oggettiva, come pure lo sono il libero mercato e
l'eguaglianza naturale degli uomini e la loro libertà decisionale, e la stessa
differenza oggettiva tra potere di diritto, legittimo, e potere della forza.
Questi miti, seppur smentiti da fatti comunemente noti e ancor meglio dalla
ricerca scientifica, sono nondimeno molto popolari e come canonizzati dalle
leggi. Servono a giustificare il potere politico e molte sue imposizioni,
innanzitutto quelle più utili agli interessi oligarchici e più nocive per
quelli collettivi, come l'abolizione del
divieto per le banche di credito e risparmio di usare i soldi dei depositanti
per gli azzardi speculativi e le privatizzazioni di funzioni pubbliche, politiche
e sovrane, quali la creazione di valuta legale a corso forzoso. Pertanto,
Nicola Bizzi non mi sorprende né offende affatto quando spiega che il modello
democratico non è il suo modello favorito né di riferimento. Nicola è
semplicemente un coerente realista.
Terza ragione:
Risanare l'Italia, eliminando parassitismo, corruzione, peculato, abusi,
clientelismi, illegalità è impossibile, ma non solo perché vi sono troppi e
troppo forti interessi legati all'attuale andazzo, bensì e soprattutto per il
fattore entropico. Ossia: illegalità e inefficienza si radicano nell'altissima
sfiducia sociale, cioè nell'aspettativa reciproca tra cittadini, imprese
istituzioni, che ciascuno cerchi di fregare gli altri, e che anche le regole
vengano emanate a tal fine - l'aspettativa
che sopravviva o emerga solo chi frega meglio, di più e prima.
Quest'aspettativa è basata sull'esperienza, è realistica e razionale, quindi
non è vincibile mediante un'opera di informazione, persuasione o
moralizzazione. Ma il punto principale è che essa produce un continuo calo dell'applicazione
delle regole dell'ordine, del funzionamento organico, dell'efficienza – un
continuo aumento del disordine, cioè dell'entropia del sistema, in un circuito
che si autoalimenta: più illegalità produce più aspettativa di illegalità, che
produce di nuovo più illegalità... Ed è impossibile, per un sistema complesso,
invertire questo processo, aumentare il proprio ordine interno. Questo
risultato può invece essere ottenuto da un sistema esterno efficiente, che
assuma il dominio del sistema inefficiente e da riordinare; ma ovviamente esso
lo riordinerà nell'interesse proprio, per sfruttarlo. Ed è questo che, appunto,
sta avvenendo sull'Italia da oltre 30 anni: qualcosa che io ritengo
inevitabile, fatidico, come descritto nei miei recenti saggi Cimit€uro e
Traditori al Governo?. E l'interpretazione oggettivamente più verosimile
del M5S è che esso sia funzionale a delegittimare la classe politica nazionale
per facilitarne la sostituzione con una predisposta dall'estero, forse
attraverso un passaggio di caos e paura generali, che creino le condizioni
politiche per un siffatto ricambio, cioè l'accettazione-invocazione popolare di
esso, della rotazione delle sub-élites dominanti – dominanti sì, ma per conto
di terzi, cioè di un potere straniero rispetto
al quale, dal 1945 se non dalle sue stesse origini, lo Stato italiano è
a sovranità limitata. Un potere essenzialmente anglo-americano, che,
dichiaratamente, mira all'instaurazione di un nuovo ordinamento globale, a
guida finanziaria; ma che ultimamente e sempre più trova concorrenza nelle
nuove potenze emergenti, le quali, diversamente dai paesi dell'Eurozona, hanno
tutte evitato di cedere ai mercati finanziari e ai loro manipolatori la propria
sovranità monetaria.
Non posso
quindi che concordare con Nicola Bizzi sulla sua raccomandazione di un recupero
della sovranità monetaria da parte, soprattutto, dei paesi euro-deboli. Spero
solo che egli erri quando afferma che M5S abbia lo scopo di assorbire e
inertizzare la protesta popolare che spinge o spingerebbe in tal senso.
Spero cioè che Grillo & soci
vogliano e riescano a fare ciò che dicono di voler fare; e che, se in realtà
sono lo strumento del suddetto piano di riformattazione e sfruttamento
dell'Italia da parte di capitali stranieri, lo strumento sfugga loro di mano e
prenda vie impreviste e opposte, come non di rado avviene quando si tenta di
usare come strumenti le persone, e quando si vuole riformattare a propria
convenienza sistemi complessi quali sono i sistemi-paese.
Se il
parlamento uscito dalle urne non produrrà un governo stabile e forte, lo spread
tornerà a salire, mentre continuerà la già avanzata dissoluzione del tessuto
produttivo e occupazionale, con due possibili esiti: a)il nuovo governo chiede
il puntello del MES-BCE accettando un memorandum greco lacrime e sangue che
darà il colpo finale all'economia italiana e scatenerà ribellione popolare;
b)il nuovo governo uscirà dall'Euro per salvare l'economia nazionale, ma dovrà
appoggiarsi ai partiti, quindi lasciarli mangiare a quattro palmenti sulla
spesa pubblica. L'uno e l'altro esito spaccheranno il Paese.
Dato che, come
i fatti ci hanno dimostrato, nell'Europa reale, non impera la solidarietà ma il
contrasto dei rispettivi interessi e la legge del più forte, all'Italia
converrebbe adottare una politica nazionalista, di tutela dei propri interessi
nazionali. Ma non può farlo perché non è una nazione: è essa stessa un
assemblaggio di popoli, mentalità e interessi confliggenti, che non può
sviluppare una vision politica, quindi un'azione politica, unica e unificante.
Oggi è ancora
possibile a un leader politico proporre visions di forte successo popolare: lo
hanno fatto sia Obama che Berlusconi che Sarkozy. Però queste visions sono
irrealistiche perché sono sovrastate e travolte da processi e interessi
finanziari globali più potenti di qualsiasi forza politica: fanno i conti senza
l'oste. Presuppongono che lo Stato sia sovrano, mentre il potere è sopra di
esso. Quindi le visions restano al palo, mentre si avverano scenari ben
diversi, tormentosi, insicuri, bui. Se
mi trovassi io a proporre una vision, ne proporrei una minimalista, appoggiata
a un programma molto pragmatico: una vision mirante a mantenere un decente
livello di civiltà, cultura, diritti, produzione, sicurezza, in attesa che il
dominio del capitalismo finanziario e le sue logiche si estinguano, nel senso
“preluminato” nell'ultimo capitolo di Cimit€uro, e si schiudano nuovi orizzonti
di possibilità.
24.02.13 Marco
Della Luna