domenica 3 novembre 2013

CHI NON SI OPPONE CONCRETAMENTE A QUESTO SISTEMA, E’ A TUTTI GLI EFFETTI CON LUI COLLUSO.


Questo assioma è il risultato del mio percorso, ad oggi, fatto di lavoro, studio e azioni concrete.

Nel 1995 ho deciso, dal punto di vista fiscale, per una azione di grande impatto che mirava a salvare per lo meno la mia Dignità e quella della mia azienda e contestualmente sperava di mettere in evidenza la reale situazione del sistema fiscale Italiano sensibilizzando la gente di buona volontà e fare da apripista per azioni che sono sicuramente l’ultima nostra possibilità rimasta.
La Dignità è l’unica cosa che può assicurarci un futuro: se ce la prendono, ci prendono il futuro. Se a qualcuno interessa, propongo un articolo con analisi un pochino più profonda che riguarda la Dignità.

Nel 1989 fondai dal nulla una piccola azienda che nel giro di cinque anni dava lavoro a circa 25 persone e andava a gonfie vele. Sin dai primi anni mi accorsi che v’era qualche cosa di veramente serio e grave nel sistema fiscale Italiano che non andava. Nonostante che il necessario avviamento dell’attività registrasse i primi bilanci fisiologicamente in passivo, l’azienda ha dovuto sempre pagar tasse.
Decisi, anche per capirne di più oltre che per lottare, di accettare la carica di Presidente della sezione di Modena per la gloriosa associazione L.I.F.E., i Liberi Imprenditori Federalisti Europei.
A questa associazione, tra altri, si deve questo merito: lo Stato fu costretto ad abolire la famigerata “Bolla di accompagnamento” ridotta poi al più europeo DdT.
Il risultato fu raggiunto grazie ad una coraggiosa, brillante e apertamente dichiarata in anticipo, azione di disubbidienza civile.

Nel 1995, appunto con la mia azienda, dopo un anno di furore fatto di consistenti fatturati e guadagni a causa della prima Tremonti, si preparava, come in tante altre aziende, un periodo di passione a causa della conseguente necessità di pagare le altrettanto consistenti tasse ma con una crescente carenza di liquidità generale.
Negli ultimi 30 anni, in maniera progressiva, si è evidenziato il fatto che al momento del pagamento delle tasse a circa fine primavera, le aziende, da un iniziale grave azzeramento della loro liquidità che avveniva all’inizio degli anni ’90, dopo le cosiddette “Leggi Tremonti”, furono costrette a chiedere mutui per pagare quanto richiesto indebitandosi sempre di più. Ora, a causa dell’indebitamento e con la faccenda del rating, è il sistema bancario a decidere quale azienda deve vivere e quale deve morire.

Capitò nella mia azienda in quel periodo, ciliegina sulla torta, anche la visita della finanza che, dopo 20 giorni di torture, trovò una piccola infrazione che mi sarebbe costata lacrime e sangue: non avevo inserito in appositi registri una somma di circa 250.000 lire (lire e non euro!!!), somma regolarmente versata e accumulata in quattro anni.
Dopo il verbale, i funzionari, con cui ho poi stretto amicizia, mi dissero che la, multa oscillava dai 4.400.000 di lire agli 88.000.000 e me la sarei cavata con circa 15.000.000 più 3-4.000.000 per un buon avvocato. Assurdo!! Non avevo commesso praticamente nulla e mi sembrava tutto una allucinazione.

Nei giorni seguenti il commercialista, finendo i conteggi relativi alla dichiarazione fiscale, mi comunicò infine che avrei dovuto pagare circa 200.000.000 di lire di tasse e, per poterlo fare, avrei dovuto aggiungere ai miei depositi in banca, un 20% preso con un mutuo: mi rifiutai.
Le banche, a fronte del brillante bilancio, mi avrebbero elargito centinaia di milioni e quindi questo non sarebbe stato il problema.
Grazie alla attività della L.I.F.E., mi misi a studiare la nostra Costituzione, un po di diritto e la sua origine. Iniziai anche ad aver contatto con il gruppo di ricercatori che stavano cercando di capire bene la faccenda dell’emissione monetaria e la questione del Signoraggio.
Nei mesi precedenti amici e consulenti mi dicevano di fare qualche operazione elusiva, anche a filo della legalità, per ridurre la cifra da pagare, ma questo non faceva e non fa parte del mio modo di essere.
Rispondevo che non avevo nessuna intenzione, spinto da estorsori, ladri e criminali, di diventare un ladro anche io.

Chiesi quindi al mio Commercialista di andare avanti facendo tutte le dichiarazioni in perfetta regola, presentarle, e poi, se ci fossero stati tutti i soldi per farlo, pagare quanto richiesto dallo Stato.
Se non avessimo disposto della cifra intera, senza dover andare a prender mutui per questo, gli dissi che non avremmo pagato. Una impresa sana può indebitarsi se vuole crescere, non per pagare tasse.
Così fu: non pagai e denunciai tutto anche a mezzo stampa su un quotidiano a diffusione nazionale con articoli che sono a disposizione di chi vuole approfondire.
Il commercialista mi disse, preoccupatissimo, di prepararmi in quanto, al massimo nel giro di tre mesi, lo Stato mi avrebbe massacrato.
A me non interessava altro che lo scontro frontale onde poter finalmente iniziare a mettere in chiaro le ragioni e gli autori di questo lento e indignitoso stillicidio portato avanti dall’ombra.

Meraviglia delle meraviglie: non successe proprio un bel nulla!

Passato un anno, con guadagni un pochino più bassi dell’anno prima, il commercialista mi chiese: “e questa volta cosa facciamo?”. Io gli confermai la linea dell’anno precedente denunciando di nuovo attraverso lo stesso quotidiano sia la nuova operazione che lo sconcerto.
In sintesi dichiarai: “ma che razza di paese è questo: uno non paga le tasse, lo scrive pure sul giornale, e non si fa vivo nessuno?”.
Così fu anche la seconda volta, e per me fu finalmente chiaro quanta malafede c’era, e c’è, in tutto il malaffare gestito da Stato e Banche sulla pelle dei cittadini, malaffare che gli artefici vogliono continuare a tener nell’ombra.

Dopo circa sette anni, durante i quali non successe assolutamente nulla tranne il fatto che io smisi di pagare proprio qualsiasi tipo di balzello, arrivò una piccola cartella per un importo di circa 12.000,00€ ma che non aveva assolutamente nulla a che vedere con gli anni ’95 e ’96.

Decisi, grazie a questa, di mettere sotto assedio l’ufficio delle Entrate di Modena proprio per cercar di capire meglio come stavano le cose.
Dopo aver trattato circa per mezz’ora con una impiegata al piano terra, fui invitato a sottoporre il dilemma direttamente al Direttore nel suo ufficio al terzo piano.
Mi son trovato di fronte ad una persona gentile, un pochino reticente e timida, ma che alla fine mi ha aiutato a capire.
Il dilemma da me denunciato, era che il problema della cartella, che dichiarai di non aver pagato a causa di mancanza di soldi, lo imputavo a loro proprio in quanto chiedevano un pagamento ad un contribuente senza soldi. Spettava quindi a loro risolvere il problema.
Alla proposta di rateizzare la cartella, risposi che se uno non ha i soldi, non li ha neppure a rate.
Non pareva esistere soluzione.
Dopo circa due ore di assedio e blocco della trattativa, il Direttore sbottò in uno sfogo quasi violento dicendomi testuali parole: “Ma cosa volete voi, noi qui siamo tra l’incudine e il martello!! Da sopra ci dicono di spremervi e noi vediamo arrivare qui anche tanta gente che non ha nemmeno un soldo per piangere e a cui dobbiamo chiedere a volta migliaia di euro….!!!”.

Sembrava disperato e provai a calmarlo dicendogli anche che, secondo me, visto che erano costretti ad applicare tasse altamente incostituzionali, portando come esempio l’enorme anticipo che le aziende son costrette a versare a novembre per l’anno successivo, loro si potrebbero rifiutare di farlo.
Sbottò ancor più veementemente urlando: “””Non esistono leggi incostituzionali!!!! La corte non le farebbe passare!!! Siete voi e i vostri commercialisti ad essere ignoranti. Nel caso dell’anticipo menzionato, ad esempio, è vero che lo Stato cerca di nascondervi la seconda metà della legge. Quella legge è stata formulata come una richiesta di aiuto in quanto, presa integralmente,  dice di anticipare se uno può. E’ la seconda parte che vi nascondono….
E così, non è incostituzionale…”””

Esterrefatto ma soddisfatto, lo ringraziai della preziosa spiegazione.

Questo mosse forse in lui un qualche cosa e, tornando alla nostra cartella, mi disse, molto più calmo, che una soluzione ci sarebbe stata ma mi pregò contestualemte di non chiedergliela.
Un po’ confuso, gli detti la mia parola che, se me l’avesse spiegata, non l’avrei pretesa.
Sue testuali parole: “”La soluzione si chiama Sospensiva….ma non me la chieda!!!! A Roma ne usufruiscono il 90% dei contribuenti. La procedura prevede che dopo la richiesta di sospensione della cartella da parte del contribuente, noi dobbiamo istituire una commissione che andrà a certificare il suo bilancio.
Durante questa operazione, la commissione andrà a cercare una qualche spesa ricorrente mensilmente, come un mutuo o un leasing, che certifica intrinsecamente la capacità di pagare almeno quella somma. A quel punto, la cartella viene sospesa fino alla fine del pagamento di quella incombenza per poter essere poi pagata a rate con un importo mensile uguale o simile a quella somma.”””
Ringraziandolo con quasi le lacrime agli occhi, lo salutai dopo che mi disse di che avrebbe sospeso d’ufficio per sei mesi la mia cartella, leggi “insabbiare”, e poi rateizzarla in 60 rate.
Le mie lacrime non erano per la cartella, ma erano per lo sciogliersi di una tensione durata sette anni: le dichiarazioni fatte dal Direttore, fugavano gli ultimi dubbi sul mio modo di vedere le cose e legittimava in pieno le mie azioni di sette anni prima.

Quando decisi di mettermi di traverso al sistema, persi quasi tutti gli amici che mi vedevano come un animale strano, forse un fallito o per lo meno un fallente.
La metà di costoro, intanto, è fallita veramente e l’altra vi è molto vicina.
Io no, non sono fallito e ho anche recuperato la dignità che mi fu estorta fino a quel momento.

Sono anni che esorto la gente a studiare queste cose e portare avanti azioni di questo tipo.
Allora io ero solo, ma a quasi venti anni di distanza, sento oggi una maggior consapevolezza tra la gente sicuramente spinta dal bisogno.
Per trovar dentro di noi la forza e la legittimazione ad azioni del genere, e trovare anche la legittimazione del titolo di questo scritto, basta tener presenti anche solo quattro degli articoli della nostra Costituzione sotto riportati e ancor più in basso sinteticamente commentati:

Art. 1
“””L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”””

Art. 3 (seconda parte)
“”””È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.””””

Art. 23
“””Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.”””
Art. 53
“””Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”””
I commenti:
Art. 1
Chi si interessa di sistemi monetari, sa che i nostri governi hanno infranto criminosamente questo articolo già intorno al 1985 cedendo, omertosamente, i resti della nostra sovranità monetaria a lobby internazionali. Il popolo che non possiede la propria moneta, non è un Popolo. Hanno fatto tutto di nascosto e anche chi non ha fatto ma sapeva e sa, magistratura compresa, è palesemente un criminale.
Art. 3
Visto il drastico peggioramento della qualità dell’economia Italiana, della liquidità disponibile,
della deindustrializzazione, dell’impoverimento dilagante delle famiglie e via dicendo, non affrontando comunque in questo contesto né le cause ne le prove di eventuale azione criminosa pianificata, è lampante che l’operato del Governo Italiano degli ultimi decenni, ha sortito esattamente l’effetto contrario imposto da questo articolo.
Non dimentichiamoci tutte le assurde leggi e norme indecifrabili in contrasto tra di loro proliferate in questo periodo che vanno pesantemente a ledere non solo la libertà del cittadino, ma anche il suo equilibrio psichico e spirituale.
Una delle tante ultime palesi assurdità criminose, è quella di fare una ulteriore legge per pagare le aziende creditrici dello Stato per forniture fatte, pagamento che non sarebbe altro che un atto dovuto e un dovere da rispettare assolutamente.

Art. 23
Non mi risulta esserci nessuna legge che impone al cittadino di indebitarsi per qualsiasi motivo. L’indebitamento è una scelta di tipo prettamente personale. Quindi, se lo Stato non è in grado di garantire una liquidità necessaria per soddisfare tutte le esigenze, compresa quella descritta nell’Art. 3, abbia almeno la compiacenza di aspettare fino quando il cittadino può pagare. Questo concetto è preso in esame un po’ più nel dettaglio nel nostro codice civile.

Art. 53
Qui menziono solo il fatto che oramai risulta certificato che in giro ci siano giganteschi e intoccabili evasori che accumulano sempre maggior ricchezza a scapito della maggior parte della gente che sta sempre più impoverendo.
E’ pertanto evidente che lo Stato o non riesce o non vuole far rispettare anche questa norma e si macchia pertanto ancora di gravissima colpa.


Cosa fare?
Smettere, per legge, di pagare e uscire quindi dalla collusione con questi criminali che trovano tra l’altro sostentamento grazie a nostri pagamenti.

Qui non si parla di sciopero fiscale, ma di un dovere del cittadino necessario per il rispetto delle norme di base della Costituzione italiana e necessario anche per cercar di salvaguardare quello che rimane dell’esiguo patrimonio Nazionale.
Lo sciopero fiscale sarebbe la mossa successiva a questa, mossa che, come ultimo atto civile  rimastoci prima di azioni cruente altrimenti inevitabili, dovrebbe essere preannunciata comunicando, in forma di ultimatum, la lista delle azioni, con relativi termini, da imporre immediatamente al nostro Governo.

Per procedere, quindi, dopo aver rimesso un pò in sesto quello che rimane della nostra Dignità, dobbiamo assolutamente capire la differenza che c’è tra l’indebitarsi con il sistema bancario e l’indebitarsi, che in fondo in fondo non lo è, con lo Stato. Lo Stato siamo noi e ci sono leggi che regolano questo rapporto. Indebitarsi con lo Stato, sarebbe come indebitarsi con se stessi: una cosa che non esiste.
L’indebitamento verso il sistema bancario, è prevalentemente regolato da contratti fluttuanti formulati dallo stesso sistema e dal quale è quasi impossibile difendersi.

Occorre poi procedere con la massima trasparenza e onestà  nelle dichiarazioni da fare, ed infine, controllare se si ha la reale capacità di pagare quanto richiesto senza mettere a rischio l’ente che produce il reddito, azienda o privato che sia, e denunciare questa carenza di liquidità.
Il termine “reale” è fondamentale in quanto c’è una bella differenza tra denaro veramente nostro e denaro che ci presta il sistema bancario. Se lo Stato con le sue regole ci costringe a denunciare degli utili, deve anche fornire lo strumento, la liquidità, per poter pagare le relative tasse.
Occorre tener ben presente, come più sopra già ricordato, la ragione per la quale ci si indebita, cioè se è per far crescere l’azienda o la famiglia, o per pagare delle tasse.

Fondamentale è anche la massima onestà verso se stessi, indispensabile per ammettere che “non si hanno soldi” anche se le banche ce ne potrebbero prestare a fiumi: quelli non sono soldi nostri, bensì i loro.
Ed è su questa nostra ipocrisia che i criminali si arricchiscono.


Lorenzo de Curtis 

Modena 14 ottobre 2013


3 commenti:

  1. abbastanza complicato comunque grazie per la tua lucidità e coraggio.

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  2. la conclusione è semplice: se non ci si impunta non si ottiene una minchia.

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  3. alla fine tutto torna:

    http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=hluFPh_pT1g

    diversamente sovrani:

    https://www.youtube.com/watch?v=zL5mYb35zHU

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