Questo assioma è il risultato del mio percorso, ad oggi,
fatto di lavoro, studio e azioni concrete.
Nel 1995 ho deciso, dal punto di vista fiscale, per una azione
di grande impatto che mirava a salvare per lo meno la mia Dignità e quella
della mia azienda e contestualmente sperava di mettere in evidenza la reale
situazione del sistema fiscale Italiano sensibilizzando la gente di buona
volontà e fare da apripista per azioni che sono sicuramente l’ultima nostra
possibilità rimasta.
La Dignità è l’unica cosa che può assicurarci un futuro: se
ce la prendono, ci prendono il futuro. Se a qualcuno interessa, propongo un
articolo con analisi un pochino più profonda che riguarda la Dignità.
Nel 1989 fondai dal nulla una piccola azienda che nel giro
di cinque anni dava lavoro a circa 25 persone e andava a gonfie vele. Sin dai
primi anni mi accorsi che v’era qualche cosa di veramente serio e grave nel
sistema fiscale Italiano che non andava. Nonostante che il necessario
avviamento dell’attività registrasse i primi bilanci fisiologicamente in
passivo, l’azienda ha dovuto sempre pagar tasse.
Decisi, anche per capirne di più oltre che per lottare, di
accettare la carica di Presidente della sezione di Modena per la gloriosa
associazione L.I.F.E., i Liberi Imprenditori Federalisti Europei.
A questa associazione, tra altri, si deve questo merito: lo
Stato fu costretto ad abolire la famigerata “Bolla di accompagnamento” ridotta
poi al più europeo DdT.
Il risultato fu raggiunto grazie ad una coraggiosa,
brillante e apertamente dichiarata in anticipo, azione di disubbidienza civile.
Nel 1995, appunto con la mia azienda, dopo un anno di furore
fatto di consistenti fatturati e guadagni a causa della prima Tremonti, si
preparava, come in tante altre aziende, un periodo di passione a causa della
conseguente necessità di pagare le altrettanto consistenti tasse ma con una crescente
carenza di liquidità generale.
Negli ultimi 30 anni, in maniera progressiva, si è
evidenziato il fatto che al momento del pagamento delle tasse a circa fine
primavera, le aziende, da un iniziale grave azzeramento della loro liquidità
che avveniva all’inizio degli anni ’90, dopo le cosiddette “Leggi Tremonti”,
furono costrette a chiedere mutui per pagare quanto richiesto indebitandosi
sempre di più. Ora, a causa dell’indebitamento e con la faccenda del rating, è
il sistema bancario a decidere quale azienda deve vivere e quale deve morire.
Capitò nella mia azienda in quel periodo, ciliegina sulla
torta, anche la visita della finanza che, dopo 20 giorni di torture, trovò una
piccola infrazione che mi sarebbe costata lacrime e sangue: non avevo inserito
in appositi registri una somma di circa 250.000 lire (lire e non euro!!!), somma
regolarmente versata e accumulata in quattro anni.
Dopo il verbale, i funzionari, con cui ho poi stretto
amicizia, mi dissero che la, multa oscillava dai 4.400.000 di lire agli
88.000.000 e me la sarei cavata con circa 15.000.000 più 3-4.000.000 per un
buon avvocato. Assurdo!! Non avevo commesso praticamente nulla e mi sembrava tutto
una allucinazione.
Nei giorni seguenti il commercialista, finendo i conteggi
relativi alla dichiarazione fiscale, mi comunicò infine che avrei dovuto pagare
circa 200.000.000 di lire di tasse e, per poterlo fare, avrei dovuto aggiungere
ai miei depositi in banca, un 20% preso con un mutuo: mi rifiutai.
Le banche, a fronte del brillante bilancio, mi avrebbero
elargito centinaia di milioni e quindi questo non sarebbe stato il problema.
Grazie alla attività della L.I.F.E., mi misi a studiare la
nostra Costituzione, un po di diritto e la sua origine. Iniziai anche ad aver
contatto con il gruppo di ricercatori che stavano cercando di capire bene la
faccenda dell’emissione monetaria e la questione del Signoraggio.
Nei mesi precedenti amici e consulenti mi dicevano di fare
qualche operazione elusiva, anche a filo della legalità, per ridurre la cifra
da pagare, ma questo non faceva e non fa parte del mio modo di essere.
Rispondevo che non avevo nessuna intenzione, spinto da
estorsori, ladri e criminali, di diventare un ladro anche io.
Chiesi quindi al mio Commercialista di andare avanti facendo
tutte le dichiarazioni in perfetta regola, presentarle, e poi, se ci fossero
stati tutti i soldi per farlo, pagare quanto richiesto dallo Stato.
Se non avessimo disposto della cifra intera, senza dover
andare a prender mutui per questo, gli dissi che non avremmo pagato. Una
impresa sana può indebitarsi se vuole crescere, non per pagare tasse.
Così fu: non pagai e denunciai tutto anche a mezzo stampa su
un quotidiano a diffusione nazionale con articoli che sono a disposizione di
chi vuole approfondire.
Il commercialista mi disse, preoccupatissimo, di prepararmi in
quanto, al massimo nel giro di tre mesi, lo Stato mi avrebbe massacrato.
A me non interessava altro che lo scontro frontale onde
poter finalmente iniziare a mettere in chiaro le ragioni e gli autori di questo
lento e indignitoso stillicidio portato avanti dall’ombra.
Meraviglia delle meraviglie: non successe proprio un bel
nulla!
Passato un anno, con guadagni un pochino più bassi dell’anno
prima, il commercialista mi chiese: “e questa volta cosa facciamo?”. Io gli
confermai la linea dell’anno precedente denunciando di nuovo attraverso lo
stesso quotidiano sia la nuova operazione che lo sconcerto.
In sintesi dichiarai: “ma che razza di paese è questo: uno
non paga le tasse, lo scrive pure sul giornale, e non si fa vivo nessuno?”.
Così fu anche la seconda volta, e per me fu finalmente
chiaro quanta malafede c’era, e c’è, in tutto il malaffare gestito da Stato e
Banche sulla pelle dei cittadini, malaffare che gli artefici vogliono
continuare a tener nell’ombra.
Dopo circa sette anni, durante i quali non successe
assolutamente nulla tranne il fatto che io smisi di pagare proprio qualsiasi
tipo di balzello, arrivò una piccola cartella per un importo di circa
12.000,00€ ma che non aveva assolutamente nulla a che vedere con gli anni ’95 e
’96.
Decisi, grazie a questa, di mettere sotto assedio l’ufficio
delle Entrate di Modena proprio per cercar di capire meglio come stavano le
cose.
Dopo aver trattato circa per mezz’ora con una impiegata al
piano terra, fui invitato a sottoporre il dilemma direttamente al Direttore nel
suo ufficio al terzo piano.
Mi son trovato di fronte ad una persona gentile, un pochino
reticente e timida, ma che alla fine mi ha aiutato a capire.
Il dilemma da me denunciato, era che il problema della
cartella, che dichiarai di non aver pagato a causa di mancanza di soldi, lo imputavo
a loro proprio in quanto chiedevano un pagamento ad un contribuente senza
soldi. Spettava quindi a loro risolvere il problema.
Alla proposta di rateizzare la cartella, risposi che se uno
non ha i soldi, non li ha neppure a rate.
Non pareva esistere soluzione.
Dopo circa due ore di assedio e blocco della trattativa, il
Direttore sbottò in uno sfogo quasi violento dicendomi testuali parole: “Ma
cosa volete voi, noi qui siamo tra l’incudine e il martello!! Da sopra ci
dicono di spremervi e noi vediamo arrivare qui anche tanta gente che non ha
nemmeno un soldo per piangere e a cui dobbiamo chiedere a volta migliaia di
euro….!!!”.
Sembrava disperato e provai a calmarlo dicendogli anche che,
secondo me, visto che erano costretti ad applicare tasse altamente
incostituzionali, portando come esempio l’enorme anticipo che le aziende son
costrette a versare a novembre per l’anno successivo, loro si potrebbero
rifiutare di farlo.
Sbottò ancor più veementemente urlando: “””Non esistono
leggi incostituzionali!!!! La corte non le farebbe passare!!! Siete voi e i
vostri commercialisti ad essere ignoranti. Nel caso dell’anticipo menzionato,
ad esempio, è vero che lo Stato cerca di nascondervi la seconda metà della
legge. Quella legge è stata formulata come una richiesta di aiuto in quanto,
presa integralmente, dice di anticipare
se uno può. E’ la seconda parte che vi nascondono….
E così, non è incostituzionale…”””
Esterrefatto ma soddisfatto, lo ringraziai della preziosa
spiegazione.
Questo mosse forse in lui un qualche cosa e, tornando alla
nostra cartella, mi disse, molto più calmo, che una soluzione ci sarebbe stata
ma mi pregò contestualemte di non chiedergliela.
Un po’ confuso, gli detti la mia parola che, se me l’avesse
spiegata, non l’avrei pretesa.
Sue testuali parole: “”La soluzione si chiama Sospensiva….ma
non me la chieda!!!! A Roma ne usufruiscono il 90% dei contribuenti. La
procedura prevede che dopo la richiesta di sospensione della cartella da parte
del contribuente, noi dobbiamo istituire una commissione che andrà a
certificare il suo bilancio.
Durante questa operazione, la commissione andrà a cercare
una qualche spesa ricorrente mensilmente, come un mutuo o un leasing, che
certifica intrinsecamente la capacità di pagare almeno quella somma. A quel
punto, la cartella viene sospesa fino alla fine del pagamento di quella
incombenza per poter essere poi pagata a rate con un importo mensile uguale o
simile a quella somma.”””
Ringraziandolo con quasi le lacrime agli occhi, lo salutai
dopo che mi disse di che avrebbe sospeso d’ufficio per sei mesi la mia cartella,
leggi “insabbiare”, e poi rateizzarla in 60 rate.
Le mie lacrime non erano per la cartella, ma erano per lo
sciogliersi di una tensione durata sette anni: le dichiarazioni fatte dal
Direttore, fugavano gli ultimi dubbi sul mio modo di vedere le cose e
legittimava in pieno le mie azioni di sette anni prima.
Quando decisi di mettermi di traverso al sistema, persi
quasi tutti gli amici che mi vedevano come un animale strano, forse un fallito
o per lo meno un fallente.
La metà di costoro, intanto, è fallita veramente e l’altra
vi è molto vicina.
Io no, non sono fallito e ho anche recuperato la dignità che
mi fu estorta fino a quel momento.
Sono anni che esorto la gente a studiare queste cose e
portare avanti azioni di questo tipo.
Allora io ero solo, ma a quasi venti anni di distanza, sento
oggi una maggior consapevolezza tra la gente sicuramente spinta dal bisogno.
Per trovar dentro di noi la forza e la legittimazione ad
azioni del genere, e trovare anche la legittimazione del titolo di questo
scritto, basta tener presenti anche solo quattro degli articoli della nostra Costituzione
sotto riportati e ancor più in basso sinteticamente commentati:
Art. 1
“””L'Italia è una Repubblica
democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo,
che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”””
Art. 3 (seconda parte)
“”””È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.””””
Art. 23
“””Nessuna prestazione personale o
patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.”””
Art. 53
“””Tutti sono tenuti a concorrere
alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema
tributario è informato a criteri di progressività.”””
I
commenti:
Art. 1
Chi
si interessa di sistemi monetari, sa che i nostri governi hanno infranto
criminosamente questo articolo già intorno al 1985 cedendo, omertosamente, i
resti della nostra sovranità monetaria a lobby internazionali. Il popolo che
non possiede la propria moneta, non è un Popolo. Hanno fatto tutto di nascosto
e anche chi non ha fatto ma sapeva e sa, magistratura compresa, è palesemente
un criminale.
Art. 3
Visto
il drastico peggioramento della qualità dell’economia Italiana, della liquidità
disponibile,
della
deindustrializzazione, dell’impoverimento dilagante delle famiglie e via
dicendo, non affrontando comunque in questo contesto né le cause ne le prove di
eventuale azione criminosa pianificata, è lampante che l’operato del Governo
Italiano degli ultimi decenni, ha sortito esattamente l’effetto contrario
imposto da questo articolo.
Non
dimentichiamoci tutte le assurde leggi e norme indecifrabili in contrasto tra
di loro proliferate in questo periodo che vanno pesantemente a ledere non solo
la libertà del cittadino, ma anche il suo equilibrio psichico e spirituale.
Una
delle tante ultime palesi assurdità criminose, è quella di fare una ulteriore
legge per pagare le aziende creditrici dello Stato per forniture fatte,
pagamento che non sarebbe altro che un atto dovuto e un dovere da rispettare
assolutamente.
Art. 23
Non mi
risulta esserci nessuna legge che impone al cittadino di indebitarsi per
qualsiasi motivo. L’indebitamento è una scelta di tipo prettamente personale.
Quindi, se lo Stato non è in grado di garantire una liquidità necessaria per
soddisfare tutte le esigenze, compresa quella descritta nell’Art. 3, abbia
almeno la compiacenza di aspettare fino quando il cittadino può pagare. Questo
concetto è preso in esame un po’ più nel dettaglio nel nostro codice civile.
Art. 53
Qui
menziono solo il fatto che oramai risulta certificato che in giro ci siano
giganteschi e intoccabili evasori che accumulano sempre maggior ricchezza a
scapito della maggior parte della gente che sta sempre più impoverendo.
E’
pertanto evidente che lo Stato o non riesce o non vuole far rispettare anche
questa norma e si macchia pertanto ancora di gravissima colpa.
Cosa
fare?
Smettere,
per legge, di pagare e uscire
quindi dalla collusione con questi criminali che trovano tra l’altro
sostentamento grazie a nostri pagamenti.
Qui non
si parla di sciopero fiscale, ma di un dovere del cittadino necessario per il
rispetto delle norme di base della Costituzione italiana e necessario anche per
cercar di salvaguardare quello che rimane dell’esiguo patrimonio Nazionale.
Lo
sciopero fiscale sarebbe la mossa successiva a questa, mossa che, come ultimo
atto civile rimastoci prima di azioni cruente
altrimenti inevitabili, dovrebbe essere preannunciata comunicando, in forma di ultimatum,
la lista delle azioni, con relativi termini, da imporre immediatamente al
nostro Governo.
Per
procedere, quindi, dopo aver rimesso un pò in sesto quello che rimane della
nostra Dignità, dobbiamo assolutamente capire la differenza che c’è tra
l’indebitarsi con il sistema bancario e l’indebitarsi, che in fondo in fondo
non lo è, con lo Stato. Lo Stato siamo noi e ci sono leggi che regolano questo
rapporto. Indebitarsi con lo Stato, sarebbe come indebitarsi con se stessi: una
cosa che non esiste.
L’indebitamento
verso il sistema bancario, è prevalentemente regolato da contratti fluttuanti
formulati dallo stesso sistema e dal quale è quasi impossibile difendersi.
Occorre
poi procedere con la massima trasparenza e onestà nelle dichiarazioni da fare, ed infine,
controllare se si ha la reale
capacità di pagare quanto richiesto senza mettere a rischio l’ente che produce
il reddito, azienda o privato che sia, e denunciare questa carenza di liquidità.
Il
termine “reale” è fondamentale in quanto c’è una bella differenza tra denaro
veramente nostro e denaro che ci presta il sistema bancario. Se lo Stato con le
sue regole ci costringe a denunciare degli utili, deve anche fornire lo
strumento, la liquidità, per poter pagare le relative tasse.
Occorre
tener ben presente, come più sopra già ricordato, la ragione per la quale ci si
indebita, cioè se è per far crescere l’azienda o la famiglia, o per pagare
delle tasse.
Fondamentale
è anche la massima onestà verso se stessi, indispensabile per ammettere che
“non si hanno soldi” anche se le banche ce ne potrebbero prestare a fiumi:
quelli non sono soldi nostri, bensì i loro.
Ed è su
questa nostra ipocrisia che i criminali si arricchiscono.
Lorenzo
de Curtis
Modena 14 ottobre 2013
abbastanza complicato comunque grazie per la tua lucidità e coraggio.
RispondiEliminala conclusione è semplice: se non ci si impunta non si ottiene una minchia.
RispondiEliminaalla fine tutto torna:
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=hluFPh_pT1g
diversamente sovrani:
https://www.youtube.com/watch?v=zL5mYb35zHU