sabato 23 novembre 2013

IL CREDO DEI MODERATI: DA BAGNAI A BERLUSCONI


Un professore di economia, Alberto Bagnai, si fa notare perché da anni spiega come l’Euro, essendo un blocco degli aggiustamenti dei cambi, automaticamente crea crescenti squilibri delle bilance commerciali e causa la deindustrializzazione e la decapitalizzazione dei paesi meno forti a vantaggio di quelli più efficienti – cioè dell’Italia a vantaggio della Germania.  Bagnai giorni fa alla radio raccontava che, dopo avergli sentito spiegare questo meccanismo economico, una sua collega, docente di diritto, si congratulò con lui per l’originalità delle sue idee. Bagnai replicò che non si trattava di sue idee o scoperte, ma di una cosa risaputa tra chi ha una formazione anche elementare di economia, perché insegnata nei manuali di economia internazionali del terzo anno di economia e commercio (e, facoltativamente, almeno ai miei tempi, al secondo anno di giurisprudenza). La  sua collega pensava che si trattasse di una scoperta originale. Lo pensava solo perché non aveva nozioni di economia e perché è una conoscenza accuratamente oscurata al pubblico e  in totale contrasto col Credo e Pensiero Unico inculcato alla popolazione generale dai mass media e delle istituzioni – che sistematicamente mentono e ingannano e nascondono. E tassano. E guidano il paese alla rovina a vantaggio di altri. Ovviamente anche molti altri economisti sanno del predetto meccanismo, ma quasi nessuno di loro ne parla, lo nascondono, per ovvio opportunismo carrieristico.
Ma altri illustri economisti già dagli anni ’70 avevano predetto che il blocco dei cambi in Europa, l’Euro insomma, avrebbe cagionato quello che ha cagionato. Quindi i governanti di allora e di dopo e anche di oggi già sapevano e volevano questo. Lo pianificavano, costruendo pezzo dopo pezzo questo sistema monetario, e difendendolo.  E allora che cosa direbbe una popolazione privata del lavoro, del benessere, dei servizi sociali, della dignità, del futuro, della speranza, se non ci fosse la censura a nascondere la verità e se scoprisse che quegli illustri personaggi la hanno deliberatamente e lucidamente ridotta in questo stato, e ora continuano a governare a Roma, Francoforte, Bruxelles? Forse, non percependo che questa casta è espressione della mentalità etico-politica nazionale, direbbe: “A morte, traditori!” E forse Enrico Letta, che ha scritto un saggio dal titolo Euro sì: Morire per Maastricht, dovrebbe fuggire in Germania per non vedere applicato a sè questo stesso titolo.
Nel suo ampio e agguerrito discorso del 17.11.13, Berlusconi ha sostanzialmente attaccato parti del Credo Moderatista (un tempo si sarebbe detto “benpensante”), cioè quell’insieme di assiomi mainstream che bisogna dichiarare di condividere per essere omologati e legittimati politicamente come democratici, responsabili, politicamente corretti, non estremisti. Il detto insieme forma una visione complessiva della realtà, delle possibilità, perfino del bene e del male.
Il Credo Moderatista recita: il mercato è libero e buono, tutela la democrazia e previene o risana le crisi ed efficientizza imprese e governi; se funziona male è perché è ancora regolato troppo o troppo poco, come preferite; le nazioni europee possono e devono integrarsi; l’apparato UE è l’Europa, quindi è buono e legittimo; la sua parola è fonte di doveri per i popoli dell’Unione; la costruzione europea garantisce benessere e crescita; la cessione di sovranità nazionale alla Commissione, al Consiglio dei Ministri e alla BCE è un dovere democratico e non ha violato la Costituzione; l’Euro fa bene e uscirne sarebbe una rovina; l’austerità ha risanato e ora consente sviluppo; i democratici devono essere europeisti; l’integrazione fiscale, finanziaria, giudiziaria, bancaria è utile; Napolitano è molto saggio, non sbaglia mai, non abusa dei suoi poteri, difende la Costituzione il bene della nazione; la sua rielezione è costituzionalmente legittima; la sospensione della democrazia è a difesa della democrazia; Monti e Letta sono grandi economisti, non lavorano per la Germania, ma salvano l’Italia, la rilanciano, la rappresentano con autorevolezza e standing internazionale; tra i paesi comunitari regna la solidarietà e nessuno approfitta della sua forza per arricchirsi a danno di altri; le riforme sono doverose e benefiche, e se non lo sono è perché sono ancora insufficienti; il mercato fa bene, e se fa male è perché mancano le liberalizzazioni; l’Italia nel complesso è retta dalla legalità; la sua giustizia è credibile, giusta e legittima (anche se a livello di Africa Nera); i suoi magistrati sono indipendenti, al di sopra delle parti e ligi alle norme; le sentenze si rispettano e non si discutono; chi nega uno o più di questi assiomi è un estremista, un populista, un antidemocratico.
Ora Silvio sfida una parte estesa di questo Credo, preparandosi alla campagna elettorale per le elezioni europee, e aspettando la caduta del governo Letta sui suoi fallimenti economici o sulle lotte interne del PD. Quindi parla anche della struttura vera del potere in Italia, incentrata su una nomenklatura consolidata, blocca ogni tentativo di riforma e innovazione, grazie anche all’appoggio di certa magistratura.
Invero questo potere è detenuto ed esercitato dai vertici della burocrazia, capi della magistratura (soprattutto di MD), della polizia, delle forze armate – personaggi pagati centinaia di migliaia di euro l’anno;  direttori generali delle Camere; nelle elezioni popolari solo una piccola fetta di potere viene messa in gioco: a parlamentari e governo, ossia agli organi elettivi, resta poco potere effettivo, soprattutto per riformare il sistema; sostanzialmente devono eseguire direttive dall’alto, e in cambio possono farsi “i razzi loro”, cioè rubare; se qualcuno si ribella, interviene la giustizia.
Per questo è illusorio dire che bisogna andare al voto per cambiare, o che per cambiare bisogna fare una diversa legge elettorale. Per questo Renzi è un solo un costrutto di marketing, un prodotto calato dall’alto, e che obbedisce agli ordini dall’alto quando gli dicono di rientrare nei ranghi, come nel caso Cancellieri. Per questo la riforma della legge elettorale conta poco o nulla. Per questo i cambi di maggioranza parlamentare non hanno avuto effetto sulla realtà, sulla decadenza ventennale del paese. E questi sono fatti verificabili.
Questo realtà della struttura del potere in Italia corrisponde a quella dell’Unione Europea, dove il potere è esercitato da soggetti non eletti e non responsabili: superburocrati, dalla commissione, dal consiglio dei ministri, dalla BCE, domani anche dal MES; il parlamento eletto dai popoli ha poteri limitati sulla carta e nessuna autonomia nella realtà – si pensi che, pur potendo esigere dalla Commissione il rendiconto, non lo ha mai fatto.
E’ chiaro che questo modello di potere è il destino, quello che gradualmente viene imposto e implementato, ovviamente dall’alto, per il futuro, nel progressivo svuotamento delle rappresentanze popolari e del principio che il potere sottostà alla legge e al controllo di giudici indipendenti. I referendum popolari che hanno detto “no” in Francia, Irlanda, Olanda, sono stati superati agevolmente, su questa rotta. E anche questi sono fatti constatabili. Le leve coercitive su popoli e parlamenti sono quelle del cartello globale della finanza e della moneta. Irresistibili, completamente superiori ad ogni controllo dal basso.
Silvio dice che rilancia Forza Italia per rompere questo schema, a quanto capisco. Mi chiedo come  un siffatto progetto possa riuscire, dato che il detto schema di potere non solo è forte in sé, ma è anche sostenuto dalla Germania tramite le istituzioni europee, in quanto la Germania ha interesse a mantenere l’Italia in condizioni di sottomissione, inefficienza e non competitività sui mercati europeo e globale, e metodicamente lavora in questo senso dagli anni ’60, condizionando la corrotta classe dirigente di questo paese, come conclusivamente dimostra nei suoi recenti saggi Nino Galloni, soprattutto in Chi ha tradito l’economia italiana?, giunto in breve tempo alla terza edizione. Quindi Berlino non allenterà la morsa e non riformerà l’Eurosistema se non sotto minaccia dura e concreta.
E’ irrealistico, pertanto, pensare di poter riformare questo Paese se non in uno scenario di drastica trasformazione in ambito comunitario, che Berlusconi ha in effetti detto di volere. Per avere qualche chance di successo, per riformare l’Italia, per liberarsi da questo Euro o per correggerlo strutturalmente (trasformando, per cominciare, la BCE in una vera banca centrale, garante del debito pubblico, come la Fed o la BoE o la BoJ), servirebbe una rottura dell’attuale equilibrio di potenza in Europa, rottura che potrebbe venire da una combinazione di disastri economici e sommosse sociali nei paesi più danneggiati o più delusi (Francia) da questa UE a guida tedesca, che è probabile maturino presto, in primavera, in concomitanza con le elezioni europee che vedranno, finalmente,  la pubblica discussione sui reali risultati della gestione comunitaria e dell’Euro, e che vedranno pure e sicuramente uscire rafforzati e forse federati tra loro i partiti euroscettici ed eurocontrari di parecchi paesi comunitari.
Gli euroscettici italiani, francesi, spagnoli etc. saranno aiutati dalla continua pagliacciata dei “nostri” statisti che vanno a Berlino o “in Europa” a battere i pugni per avere sviluppo anziché solo rigore, ma ci vanno senza un piano B, senza minacciare contromisure in caso di rifiuto. Reclamare qualcosa dalla Germania (o da altri) senza minacciare una contromisura (stampare Euro in proprio, uscire dall’Euro, uscire dal patto di stabilità), equivale a parlare a vuoto. E a prendere per i fondelli gli elettori italiani. Mi viene in mente Casini, il moderato per antonomasia, quello che mentre Monti segava l’economia italiana, gli diceva “Bravo, prof. Monti, vada avanti!”. Ebbene, giorni fa alla radio l’ho sentito dire qualcosa come  ”La Germania deve capire che se non allenta la austerità per consentire la ripresa in paesi come l’Italia, alla fine si troverà forte e ricca in mezzo a un’Europa fatta di molti paesi ridotti in rovina.” Ma è proprio quello che la Germania vuole, nei suoi sempre storicamente ricorrenti disegni di conquista. Dalla spirale della rovina imposta da Berlino non c’è uscita se non contrattaccando.
22.11.13  Marco Della Luna





1 commento:

  1. Tra lui e fassino e un gatto nero che ti attraversi la strada non si sa chi porti più jella.

    RispondiElimina

Scrivi un tuo commento: